Idee Lavoratori distaccati

Il giro di vite danneggia l’Europa

I ministri del lavoro dell'Ue stanno preparando una revisione della direttiva del 1996 per limitare il social dumping, ma potrebbero favorire il lavoro nero e abolire la libertà di movimento.

Pubblicato il 9 Dicembre 2013 alle 16:16

La Polonia è stata messa con le spalle al muro sulla direttiva per l’applicazione della legge sui lavoratori distaccati. Una forte coalizione guidata da Francia e Belgio e sostenuta dalla Germania ha esercitato notevoli pressioni per introdurre alcuni cambiamenti, che colpiranno soprattutto i polacchi che lavorano all’estero. La Polonia è leader europeo nel settore, visto che ogni anno manda all’estero oltre 250mila lavoratori.

Il drastico irrigidimento delle norme sul lavoro distaccato ha uno scopo: ridurre l’afflusso di lavoratori dalla Polonia e da altri stati membri orientali nei paesi benestanti dell’Europa occidentale. La direttiva proposta da applicare è l’ennesimo provvedimento finalizzato a chiudere le porte dell’Europa ai poveri dell’est. Tra questi provvedimenti si ricordano la repressione del “turismo assistenziale” nel Regno Unito e in Germania, le espulsioni e i rimpatri forzati dei rom dalla Francia, la denuncia dei lavoratori polacchi nei Paesi Bassi, dove sono accusati non soltanto di sottrarre posti di lavoro agli olandesi, ma anche di essere incapaci di comportarsi educatamente in pubblico.

Non si tratta solo delle discutibili proposte di politici di secondo piano che cercano di sfruttare le tensioni nazionali per guadagnarci a livello di elezioni. Durante le trattative per l’entrata in vigore della direttiva, il Belgio ha accusato senza mezzi termini la Polonia di social dumping, come se avesse dimenticato che pochi lavoratori fiamminghi o valloni sono disposti a svolgere i mestieri affidati ai lavoratori polacchi, e non cambieranno idea una volta che si saranno chiuse le porte ai lavoratori polacchi. Questi ultimi e altri europei continueranno a svolgere i mestieri più pesanti e malpagati che i lavoratori francesi o tedeschi non intendono fare. Solo che questa volta si tratterà di lavoro nero, senza pagamento di tasse, quindi forse il salario orario scenderà ancora di più.

Gli unici a trarre un vantaggio reale dalle soluzioni di cui si discuterà a Bruxelles oggi saranno gli intermediari disonesti. A rimetterci saranno i lavoratori dell’est, che dovranno entrare nell’economia sommersa, e i bilanci nazionali, privati delle tasse pagate legalmente dai lavoratori distaccati. Ma a rimetterci sarà soprattutto l’Europa. Nel nome degli slogan populisti, essa farà un enorme passo indietro rispetto a uno dei suoi successi più grandi: il libero movimento di persone e servizi.

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Dal Belgio

Una questione simbolica

Il dibattito sulla mobilità dei lavoratori europei è “simbolico”, scrive La Libre Belgique:

Il nobile principio della libera circolazione delle persone costituisce una pietra fondamentale della costruzione europea, ma utilizzandola senza vergogna come strumento di dumping sociale alcune imprese senza scrupoli stanno contribuendo a trasformare l’Europa in una landa desolata. Questa vicenda è il simbolo di un progetto comunitario incompiuto, in cui il lasser-faire in nome della competitività ha spalancato la porta agli eccessi.

Secondo il quotidiano di Bruxelles

è arrivato il momento di aprire il capitolo dell’Europa sociale preparando un’armonizzazione dall’alto. Un numero crescente di cittadini ha la sensazione di essere soltanto una variabile e non il vero beneficiario di questo grande mercato. Se non affronteranno la situazione, i 28 apriranno un’autostrada per gli euroscettici alle prossime elezioni, complicando il cammino verso un’Europa più solidale e un futuro più prospero.

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