Attualità Dieci sguardi sull’Europa | 3

Impariamo a invecchiare con dignità

L'Europa è in crisi di mezza età. Invece di ostinarsi a perseguire i suoi sogni di gioventù dovrebbe accettare la maturità, dosando le energie per mantenere le sue prerogative e raggiungere gli obiettivi essenziali.

Pubblicato il 26 Dicembre 2010 alle 09:23

L'Europa è in crisi, ma per fortuna stavolta nell'aria non c'è quell'odore di polvere da sparo che si respirava settant'anni fa. Il progetto europeo mantiene ancora un certo vigore, ottenuto grazie ad anni di paziente opera di costruzione, un balsamo che da sollievo alle tensioni e ai problemi nascosti.

Il momento, però, è critico. Non tanto perché l'economia è in difficoltà, ma perché l'idea di rimanere uniti ha perso il suo smalto. Anche se rimane l'opzione più razionale, la scintilla emotiva si è spenta. Il problema è sia psicologico che concreto. Psicologico perché l'Europa è in relativo declino e le sue politiche sono orientate verso l'amministrazione del regresso e la ricerca di un atterraggio morbido. Stiamo giocando in difesa, insomma.

Quando un uomo attraversa una crisi di mezza età ha due opzioni. Il primo: impara ad affrontare lo stress, lascia perdere l'alcol, inizia con lo yoga. Oppure: ammetti di non essere più giovane e vedila come un'opportunità di tirare le somme e forse cambiare il corso della tua vita, allargando i tuoi interessi, viaggiando, tornando a studiare, provando un nuovo sport o semplicemente osservando crescere i tuoi figli e nipoti.

Fino a oggi l'Europa ha sempre evitato queste opzioni, e continua a sottoporsi a terapie ringiovanenti e a voler recitare la parte dell'eterno ragazzo. Questa è la logica che sta dietro al trattato di Lisbona e all'agenda sul clima. Una volta che il vecchio continente avrà ricalibrato il suo sistema di governance macroeconomica in direzione di un più stretto coordinamento fiscale, dovrà affrontare problemi strutturali come il cambiamento demografico del continente.

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Anche se fare esercizio non è mai una cattiva idea, l'Europa dovrebbe darsi una calmata e rilassarsi. Non dovremmo farci troppe illusioni. Salvo disastri di proporzioni bibliche l'Europa dovrà far posto a Cina, India e ad altri paesi emergenti. Nel 1900 il vecchio continente ospitava il 25 per cento della popolazione mondiale. Oggi la percentuale continua a scendere e in proiezione scivolerà fino al 5 per cento nel 2050. Semplicemente, l'Europa non può più mantenere la stessa scala di influenza.

Sarebbe anche il caso di capire che possiamo imparare un'infinità di cose dal mondo esterno. In Europa sono tutti convinti che la crescita arriverà dall'innovazione e dall'imprenditoria. Parlando di migliorare le nostre "strutture di crescita" – in particolare l'università – e di progredire nella commercializzazione della conoscenza, paesi come Singapore, Australia e Stati Uniti hanno molto da insegnarci.

Questo non vuol dire che dobbiamo restare seduti a oziare osservando gli altri paesi fare balzi da gigante verso il futuro. Più che altro dobbiamo prepararci a una lunga marcia, in cui la forza e la resistenza del nostro modello politico, sociale ed economico dovranno aiutarlo a sopravvivere mentre gli altri si arenano. L'Europa possiede alcuni dei migliori modelli di governo per quanto riguarda l'assistenza sanitaria e le politiche sociali: saranno questi i nostri punti di forza, mentre altri nel mondo dovranno cominciare a confrontarsi con l'aumento delle aspettative da parte dell'elettorato e con l'evoluzione delle tendenze demografiche.

Tornare alla base

L'Europa dovrebbe tornare alla base. Affidarsi all'essenziale. Internamente questo significa prima di tutto ottenere tutto il vantaggio possibile dal mercato unico. Guardando indietro è evidente che si tratta di uno dei più grandi successi dell'Europa. E ciononostante è incredibile la quantità di ostacoli che gli impediscono di funzionare a pieno regime. Più della metà degli imprenditori europei lamenta grandi difficoltà nella vendita di beni negli altri stati membri, per non parlare dei servizi o dei flussi di capitale. È il momento di rimediare.

Tornare all'essenziale significa anche rimanere fedeli ai nostri valori e lavorare per migliorare i sistemi politici europei. In tempi di crisi lo stato della democrazia di solito è una delle ultime cose di cui la gente si preoccupa. E tuttavia ci sarebbe molto da fare per modernizzare la sfera della responsabilità pubblica in Europa. Tra i diversi modi che ha l'Europa di esercitare la sua influenza, essere un modello di governo attraente è uno dei più duraturi ed efficaci. Dovremmo deciderci a intraprendere questa strada.

In definitiva, tornare alla base significa focalizzarsi innanzitutto sui nostri vicini e sui candidati all'ingresso nell'Unione. L'impressionante sviluppo di paesi come la Turchia rappresenta per l'Unione un'opportunità di consolidamento dell'influenza nei confronti dei vicini. L'ingresso nell'Unione è ancora l'obiettivo principale di Ankara, anche se chiaramente non l'unico. Presto l'Ue non avrà altri capitoli da aprire nei colloqui con il paese musulmano. Il momento della verità sta arrivando, e se lo lasceremo sfuggire lo rimpiangeremo amaramente.

Non c'è niente di male nel vivere in un mondo in evoluzione. Avendo vissuto a Londra per diversi anni ho imparato la massima di Dean Acheston, secondo cui la perdita dell'impero ha lasciato la Gran Bretagna senza una funzione. Queste parole, che continuano a risuonare nel Regno Unito, si possono applicare anche all'Europa. E così come la Gran Bretagna se la sta cavando egregiamente anche senza un impero, così farà l'Europa senza un regno di grandi ideali.

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