Forse il muro era meglio

In seguito alle critiche dall’estero, la Grecia ha ridimensionato il progetto di una barriera anti immigrati al confine con la Turchia. Ma una misura così vistosa avrebbe avuto un vantaggio: avrebbe reso impossibile per l’Europa continuare con la sua ipocrisia e indifferenza.

Pubblicato il 10 Gennaio 2011 alle 08:06

Peccato che la Grecia non abbia costruito il suo muro. Una recinzione di 206 chilometri, lungo tutto il confine con la Turchia, sarebbe stata meglio. Meglio per i greci, il cui paese, piccolo, indebitato e mal organizzato, è oberato dalla calca dei rifugiati. Meglio per i rifugiati stessi, che in Grecia ricevono un’accoglienza del tutto inumana. E forse meglio anche per noi europei, dal momento che ci costringerebbe ad affrontare la nostra ipocrisia.

Eppure Atene, intimidita dalle critiche, fa marcia indietro. Ora dovrebbe limitarsi a una recinzione lunga solo 12,5 chilometri e alta tre metri. La barriera seguirebbe il corso dell’Evros, un fiume facile da attraversare a nuoto attraverso cui nel 2010 la maggior parte degli immigrati illegali sono arrivati in Grecia. Non serve un veggente per pronosticare che i trafficanti troveranno presto il modo di eludere questo piccolo tratto recintato.

Quindi c’è dell’altro. Si cercherà di tenere gli ospiti indesiderati lontano dai confini greci con fari, lampeggianti, altoparlanti e persino colpi sparati in aria. Anche a rischio di far correre i migranti, presi dal panico, nei campi minati posati durante le ostilità tra Grecia e Turchia, come riferisce l’ong Pro Asyl. Inoltre, 175 agenti di frontiera inviati dagli altri stati Ue forniranno assistenza alla Grecia con cani da guardia, visori notturni ed elicotteri. L’agenzia competente della Ue, Frontex, ha prorogato le sue operazioni fino a marzo.

Malgrado ciò, secondo il governo ogni giorno circa duecento profughi attraversano illegamente la frontiera. L’80 per cento di tutti gli immigrati illegali in Europa passano per la Grecia. Si tratta soprattutto di iracheni, iraniani e afgani, ma anche africani e asiatici, che pagano diverse migliaia di euro ai traffcanti per raggiungere l’Ue. La maggioranza di loro non vuole fermarsi in Grecia e cerca di proseguire per i paesi più ricchi dell’Europa settentrionale e occidentale. Ma la legislazione europea è chiara: dopo il regolamento Dublino II, è responsabile di una richiesta di asilo politico il primo stato della Ue in cui arriva il migrante.

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Per cui i greci stipano i sempre più numerosi rifugiati in campi di accoglienza ormai sovraffollati. Gli spazi possono diventare talmente angusti da non permettere alle persone neppure di sdraiarsi per dormire. Anche i bagni non sono sufficienti: è già capitato che i poliziotti greci abbiano dovuto accompagnare i rifugiati fuori dai campi per fare i loro bisogni. Nei campi mancano interpreti e assistenza medica e legale. “Una crisi umanitaria che non dovrebbe esistere nell’Ue”, dichiara l’Alto commissariato per i rifugiati dell’Onu.

I ricchi non vedono

Nel 2010, le autorità greche hanno accettato solo undici delle trentamila richieste di asilo. La situazione è talmente critica che nel frattempo i tribunali in Gran Bretagna, Norvegia e Paesi Bassi hanno deciso di non rimandare più nessuno in Grecia. Anche la corte federale ha bloccato le espulsioni. I giudici mostrano più decenza dei politici. Insieme, i ministri dell’interno di Germania, Francia e Gran Bretagna hanno lasciato cadere i tentativi di riformare il regolamento di Dublino.

La commissione europea non ha ottenuto neanche una volta che, nel caso in cui uno stato membro avesse dovuto fronteggiare un afflusso notevole di profughi, i richiedenti asilo fossero accolti temporaneamente altrove. Questo perché le regole vigenti sono eccezionalmente vantaggiose per i paesi ricchi dell’Europa centro-occidentale. In Germania il numero dei richiedenti è sceso a meno di un decimo rispetto alla quota dei primi anni novanta.

Insomma, la Germania ha risolto il suo problema con le domande d’asilo. Chi nonostante gli ostacoli ce la fa ad arrivare viene trattato relativamente bene. Ma cosa succede a quelli che falliscono lontano dai nostri confini non vorremmo saperlo. Chiudiamo gli occhi per non vedere che cosa capita ai profughi ai quali la Libia, sotto le pressioni italiane, impedisce di attraversare il Mediterraneo.

Forse il muro greco avrebbe fatto cadere il nostro autocompiacimento. Questa recinzione, una lunga e grave devastazione del paesaggio lungo l’antica Tracia, non avrebbe potuto essere ignorata così facilmente neanche da noi. La fortezza Europa? Esiste già, e da diverso tempo. (traduzione di Anna Franchin)

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