Volti nuovi, ma non troppo

Alle prese con una forte riduzione del tasso di natalità, alcuni paesi dell'Europa centrale preferiscono offrire la cittadinanza ai connazionali che vivono all'estero che ricorrere all'immigrazione.

Pubblicato il 19 Gennaio 2011 alle 14:49

Dall'inizio dell'anno migliaia di ungheresi della Romania hanno avviato le procedure per acquisire la nazionalità ungherese. Fra i primi a farne domanda l'ex dissidente László Tőkés, il cui arresto nel 1989 era stato la scintilla che avrebbe portato alla destituzione di Nicolae Ceausescu.

Il suo esempio sarà molto probabilmente seguito dagli ungheresi della Slovacchia, da quelli della Voivodina e della Trancarpazia ucraina. L'operazione potrebbe dare a Budapest fino a due milioni e mezzo di nuovi cittadini.

Il lancio dell'operazione “passaporto”, il primo gennaio, è passato quasi inosservato a causa delle altre controverse misure adottate in questo periodo da Viktor Orbán. Ma in realtà si tratta di un vero e proprio saccheggio organizzato delle popolazioni dei paesi vicini, che ricorda più il Medioevo che le società post-industriali.

Il fattore umano è diventato un elemento prezioso a causa del crollo demografico dell'Europa. Ogni lavoratore che aumenta il pil e permette di superare le carenze di una popolazione in declino rappresenta un potenziale fattore di crescita. I paesi che conducono un'attiva politica di acquisizione di cittadini hanno di solito un tasso di fecondità inferiore alla media europea di 1,5 bambini per donna: in Ungheria e in Romania questo tasso è di 1,3, mentre in Spagna è di 1,4. Siamo comunque ben lontano dai 2,1 bambini per donna necessari a garantire il rinnovo generazionale.

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La voglia di non incorrere nelle brutte esperienze dei paesi dell'Europa occidentale, che fanno fatica a integrare i loro immigrati con origini culturali troppo diverse, ha modificato la politica migratoria. Non si tratta più di cercare solo della manodopera, ma di trovare nuovi cittadini fra i connazionali dispersi in altri paesi a causa di eventi storici, ma che rimangono vicini nei caratteri esteriori e nei costumi.

Caccia all'uomo

Così nel maggio 2010 il parlamento di Budapest ha adottato quasi all'unanimità una nuova legge sulla cittadinanza. Dal primo gennaio può avere la nazionalità ungherese chiunque, a eccezione dei pregiudicati, possa attestare le sue origini magiare attraverso i suoi genitori o nonni e sia in grado di parlare l'ungherese. Tuttavia, a meno di un loro trasferimento in Ungheria, i nuovi ungheresi saranno privi dei diritti di cittadinanza, compreso quello di voto.

Budapest non è la prima capitale che chiede ai suoi compatrioti di tornare. Questa politica è apprezzata anche in Romania. La legge in vigore dal 2009 offre il diritto alla nazionalità romena a tutti i discendenti dei cittadini della Romania precedente alla guerra. Dopo l'adesione della Romania all'Unione europea, più di un milione di cittadini moldavi (sono loro i principali destinatari della legge), cioè un quarto della popolazione del paese, ha presentato la domanda per avere un passaporto romeno.

In questo contesto torna il ricordo delle bande mercenarie al soldo dei signori ungheresi fino al diciottesimo secolo nel nord dei Carpazi, destinati soprattutto alla caccia all'uomo. Interi villaggi furono saccheggiati e le popolazioni condotte come bestiame verso sud, dove gli ungheresi li ammucchiavano sulle loro terre. Nel nord si procedeva allo stesso modo.

Durante la guerra fra la Russia e la Repubblica delle due nazioni [la federazione formata dal 1579 al 1795 dal Regno di Polonia e dal Granducato di Lituania], intorno al 1650, quasi tre quarti dei contadini lituani furono catturati dalle truppe russe e deportati in Russia per sviluppare il paese. A quanto pare lo stesso sta accadendo oggi, anche se fortunatamente con modalità differenti.

Voglia di riscatto

Le motivazioni degli ungheresi e dei romeni derivano prima di tutto dalla logica nazionalista. I primi usano la politica dei passaporti per cancellare il disonore del trattato di Trianon del 1920, che ha comportato la perdita di tre quarti del territorio. I romeni cercano invece di vendicare la perdita della Bessarabia (attuale Moldavia) nel 1940 in favore dell'Unione Sovietica.

Anche per la Spagna la caccia ai nuovi cittadini ha un carattere riparatore, ma in senso completamente diverso rispetto a quello che anima gli ungheresi e i romeni. Nel 2008 il governo socialista di José Luis Zapatero ha fatto votare una legge che offre la cittadinanza a tutti i discendenti degli spagnoli fuggiti dal paese durante la guerra civile o a causa della repressione della dittatura del generale Franco. Fino a oggi circa mezzo milione di persone ha ottenuto un passaporto spagnolo, per lo più discendenti di profughi provenienti da Cuba, Argentina e altri paesi dell'America latina.

Di fronte a questa tendenza la Polonia sembra piuttosto passiva. Eppure anche noi disponiamo di un serbatoio di polacchi a est e subiamo come gli altri paesi europei un crollo demografico. Il rimpatrio degli anni novanta o la Carta polacca [Karta Polaka – documento ufficiale stabilito da una legge votata nel 2007, che conferma l'appartenenza alla nazione polacca delle persone che non hanno né nazionalità polacca né un permesso di soggiorno] sono ben poca cosa rispetto alle misure prese dall'Ungheria, dalla Romania e dalla Spagna.

Ma se non vogliamo dei polacchi o degli slavi dell'est che ci assomigliano, probabilmente saremo costretti colmare il nostro deficit demografico con i vietnamiti. A noi la scelta. (traduzione di Andrea De Ritis)

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