L’Europa come deterrente

Così come le flotte rimaste nel porto riescono, per il solo fatto di esistere, a costituire una minaccia per gli avversari, l’Unione, malgrado la profonda crisi che attraversa, continua ad esercitare un’influenza sia al suo interno che nei confronti dei suoi vicini, spiega un economista polacco.

Pubblicato il 30 Maggio 2014 alle 19:21

Anzitutto, l’Unione europea attraversa senza dubbio una grave crisi di identità. Al punto che ci si chiede a che cosa possa servire. Deve unire i paesi europei in modo che non si facciano più la guerra e che agiscano di concerto sulla scena mondiale (così come lo avevano immaginato i “padri fondatori”), o limitarsi a creare delle opportunità di sviluppo grazie alla cooperazione economica nell’ambito del mercato unico (come lo vogliono oggi i britannici)? Deve creare una superpotenza europea (come desiderano i federalisti), o limitarsi a fornire alcuni servizi agli stati membri, lasciando a questi ultimi il vero potere (come esigono quelli che vogliono che Bruxelles mantenga un ruolo limitato) ?

Inoltre, una discussione seria sul ruolo attuale e futuro dell’Unione sembra al momento sospeso. Al suo posto, l’agenda delle elezioni europee è stata fissata dagli “happening” organizzati dai partiti più radicali, per i quali le principali questioni che interessano l’Europa si limitano ai “posti di lavoro rubati dagli immigrati”, ai “miliardi sprecati da Bruxelles”, all’”euro-kolkhoz” o all’estensione dei diritti degli omosessuali (non sottostimo questi problemi, ma ce ne sono di più importanti da risolvere).

Infine (e più importante): il futuro dell’Unione sembra non interessare granché i paesi europei. Nessun vero “demos europeo” è emerso e la maggior parte degli europei sembra considerare che l’Ue è una specie di complemento dei loro propri stati nazione anziché un’istituzione essenziale per il loro benessere e la loro sicurezza futuri.

Malgrado ciò, e malgrado la crisi in corso, l’Europa non è scomparsa. Continua a esistere, influenza le nostre vite, ha un’impatto sul futuro del mondo. Mentre elaborava le strategie della Royal Navy, Lord Torrington, un ammiraglio britannico del XVII secolo, inventò il concetto di Fleet in being o flotta di dissuasione. Lo applicò a una situazione in cui una forza navale è troppo debole per attaccare e sconfiggere il nemico, ma, allo stesso tempo, non vuole perdere la propria influenza. Torrington raccomandava di evitare la battaglia e di coltivare la capacità a essere pronti a combattere quando le condizioni fossero state favorevoli. Così, una flotta più debole rimasta nel porto può far pesare una minaccia su un nemico più forte per il solo fatto di esistere.

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Chissà, forse stiamo assistendo alla nascita di un’”Europa di dissuasione”. L’Ue non ha una strategia comune dell’energia, ma il solo rischio che possa averne una fa sì che la Russia subirà perdite miliardarie accettando il prezzo fissato dalla Cina per acquistare il suo metano. I governi europei possono tollerare gli eccessi di razzismo, e possono anche essere all’origine di slogan molto duri, ma il diritto europeo non ammette che si violino i princìpi del mercato unico. I primi ministri possono convocare le imprese e intimargli di smettere di investire all’estero, ma queste società continueranno comunque a trarre profitto delle opportunità create dall’integrazione europea.

E verrà probabilmente il giorno in cui potremo di nuovo discutere del ruolo, del significato e del funzionamento dell’Unione europea.

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