Attualità Cambiamento climatico – Aspettando la COP21

La lunga battaglia di Cracovia contro lo smog

Da sempre i polacchi riscaldano le loro case con carbone e legna. Il divieto di utilizzare queste fonti di energia dal 2018 avrà ripercussioni senza precedenti per la salute e l’economia del paese, riferisce The Guardian. VoxEurop si unisce alla campagna di disinvestimento dai combustibili fossili lanciata dal quotidiano britannico in preparazione della conferenza sull’ambiente COP21 che si svolgerà a Parigi a dicembre.

Pubblicato il 7 Giugno 2015 alle 19:17
Grzegorz Bednarczyk/Flickr  | Cracovia. Il castello di Wawel.

Con i baffi accuratamente tagliati e il camice bianco, il dottor Krzysztof Czarnobilski, capo del reparto di medicina interna e geriatria dell’ospedale MSWiA di Cracovia, parla concitatamente, ma il suo messaggio non potrebbe essere più chiaro: l’aria inquinata della città più pittoresca della Polonia sta facendo ammalare gli anziani che ha in cura, ne accorcia la vita, ne aumenta l’isolamento. L’ospedale nel quale lavora Czarnobilski, specializzato nell’assistenza geriatrica, è un edificio giallo di cemento a poche fermate di tram dal centro medievale di Cracovia. Czarnobilski racconta che in inverno, quando le nuvole di fuliggine nera incombono sul cielo della città, le ambulanze “in questa strada si mettono in coda”. I medici all’interno dell’ospedale si affannano a tenere il passo con l’afflusso dei pazienti, con il doppio dei casi di polmonite rispetto al solito, con un brusco aumento di infarti e ictus, con l’arrivo di persone in difficoltà per problemi respiratori.

Al pari di altri medici intorno a Cracovia, nelle giornate così Czarnobilski si trova nella scomoda posizione di dover raccomandare ai suoi pazienti di evitare l’esercizio fisico e di stare all’aperto, consiglio che per i più anziani nel migliore dei casi porta a un maggiore isolamento. Nel peggiore, è letale.

Cracovia, elegante città disseminata di monumenti risalenti a quando era la capitale del regno di Polonia, è afflitta dall’aria più sporca in un paese colpito da un grave inquinamento. In buona parte ciò è dovuto all’abitudine di bruciare carbone da quattro soldi in vecchie stufe, che producono un fumo pieno di agenti cancerogeni come diossina e benzopirene. Ad aggravare la situazione contribuiscono le auto che intasano le strade di Cracovia e le centrali elettriche alimentate a carbone sparse nei dintorni.

I livelli di particolato che penetrano in profondità nel corpo umano a Cracovia superano di sei volte la soglia di sicurezza. Il benzopirene raggiunge talvolta otto volte il massimo consentito: lo afferma il gruppo di attivisti Kraków Smog Alarm.

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La città, però, sta cercando di cambiare le cose. Classificata dall’Unione europea come la città al terzo posto per l’aria più inquinata, superata soltanto da Pernik e Plovdiv in Bulgaria, Cracovia è diventata la prima città in Polonia ad approvare la messa al bando di combustibili solidi quali il carbone e la legna per il riscaldamento domestico.

La nuova legge, che dovrebbe entrare in vigore nel 2018, l’anno scorso è stata giudicata illegale da un tribunale regionale, ma resta in attesa di una decisione della corte d’appello. Nel frattempo, i politici polacchi, col sostegno del governo di destra, stanno cercando di aggirare la decisione con una legge che darebbe alle autorità regionali di tutto il paese il permesso di decidere a livello locale in merito all’uso di carbone, veicoli e altre fonti di inquinamento.

Con 100 milioni di euro ricevuti da Bruxelles, da Varsavia e dalla regione, le autorità di Cracovia stanno anche facendo pressioni con incentivi finanziari per convincere i residenti della città a rottamare le loro vecchie stufe a carbone e a comperarne di nuove a gas o elettricità o a collegarsi al sistema di riscaldamento municipale che invia acqua calda nelle case da grandi centrali.

Si calcola che le caldaie a carbone a Cracovia e nei dintorni siano circa 30mila e la transizione non sarà né facile né economica. Il carbone, chiamato da queste parti “oro polacco”, è profondamente radicato nella cultura e nella storia del paese e soddisfa il 90 per cento del suo fabbisogno di elettricità, oltre a dare ai polacchi la sensazione di non dover dipendere dal temuto vicino Vladimir Putin e dai suoi gasdotti. Per gli utenti, quanto meno, il carbone è di gran lunga meno costoso delle sue alternative.

Nello spaccio di carbone di Grzegorz Rumin, lungo una ferrovia all’estrema periferia sud di Cracovia, dei mucchi di carbone nero scuro sono ammassati all’aperto. L’aria è satura di polvere. Ogni dieci minuti circa, arriva un cliente a bordo di un’auto o di un furgone e Rumin o uno dei suoi dipendenti con una pala meccanica montata su un camion riversano il carbone sul pianale o riempiono i sacchi.

Rumin, di corporatura esile, indossa scarponi da lavoro e una logora felpa blu col cappuccio. Dice che le vendite sono notevolmente calate da quando ha iniziato questa attività nel 1998, quando scuole e altre istituzioni e moltissime case utilizzavano il carbone per il riscaldamento. A quei tempi, dice, vendeva fino a cento tonnellate di carbone al giorno, mentre oggi nella migliore delle giornate di lavoro arriva a venti o poco più.

In effetti, soltanto il 7 per cento degli abitanti di Cracovia utilizza il carbone da riscaldamento: ad affermarlo è l’Istituto di Cracovia per l’energia sostenibile. Il numero dei cittadini che usano il carbone nel corso degli anni è calato e adesso, in proporzione, è molto inferiore a quello di qualsiasi altra località polacca. Ma la densità della popolazione e il fatto che Cracovia è ubicata in una valle fanno sì che la sua aria, quanto meno ufficialmente, risulti la più inquinata del paese. Molti sospettano che nelle piccole città prive di accurati sistemi di rilevamento, il livello di inquinamento sia addirittura superiore

Quando si parla del divieto di usare carbone, Rumin passa dalla rabbia all’esasperazione. Se la legge entrerà in vigore, infatti, dovrà chiudere bottega. Secondo lui le autorità locali sbagliano a diagnosticare il problema e hanno frainteso completamente le loro priorità. “Pensiamo a Parigi”, dice. “Che cosa usano per il riscaldamento? Il carbone? Penso proprio di no, eppure anche loro hanno lo smog. Lo smog non ha niente a che vedere con il carbone”.

In un assolato ufficio nei pressi della piazza principale di Cracovia, Anna Dworakowska e un gruppetto di colleghi hanno preparato quella che alleati e avversari concordano essere stata la molla di tutto, quella che ha indotto i legislatori ad approvare il rivoluzionario divieto per la città. Il gruppo di Dworakowska, Kraków Smog Alarm, nel 2013 ha raccolto 17500 firme e ha riempito la città di cartelloni e poster con slogan come: “Ho già l’asma, non ho bisogno del tumore”.

La loro causa è diventata di tendenza nel volgere di poco tempo: perfino il governo polacco – favorevole all’uso del carbone – sta prendendo di mira l’uso domestico del carbone , forse perché è più facile che affrontare di petto le grandi aziende energetiche affinché smettano di inquinare con le emissioni delle loro centrali a carbone.

Prima della campagna, spiega Dworakowska, “la stampa arrivava a pubblicare non più di tre articoli su questo argomento all’inizio della stagione fredda. Invece, ormai siamo a quota mille: di carbone e di bando al carbone si parla ovunque, è diventato l’argomento principale. Penso che abbiamo cambiato qualcosa una volta per tutte”.

Per il dottor Czarnobilski all’ospedale MSWiA non è mai troppo presto per un cambiamento. I suoi pazienti, dice, spesso rispondono con irritazione quando lui li esorta a restare chiusi in casa. “La loro depressione si accentua e si acutizza. Se un anziano resta chiuso in casa, e non esce” dice prima di andarsene, “che dire? Non gli resta che rimanere a letto e alla fine morire”.

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