Idee Referendum in Grecia

Il peggio dell’Europa

Non poteva andare peggio, afferma il politologo Piero Ignazi. Le più pessimistiche previsioni si sono avverate tutte. Anzi, hanno addirittura superato ogni limite. Perché al peggio, infatti, non c’è mai limite.

Pubblicato il 4 Luglio 2015 alle 14:57

L’(auto) affondamento della Grecia viene seguito con calma olimpica dai leader europei. Lasciando la parola ai ministri dell’Eurogruppo i vari primi ministri se ne stanno tranquilli come se ci trovassimo di fronte ad un piccolo incidente di percorso. Siamo invece entrati diritti e a capofitto nel precipizio, non ci siamo fermati sulla soglia del burrone. Abbiamo fatto un bel salto dentro.

Vedremo come ne usciremo sul piano delle procedure e delle norme ma non potremo più dire che l’Ue è la stessa di prima. Con questo epilogo della crisi greca l’Unione ha perso l’ultimo treno per riprendere la corsa di un progetto ideale, per alzare di nuovo il vessillo dell’idealità della costruzione europea.

Per scaldare cuori e menti insomma. Il ripiegamento sulle percentuali di questo o quella cifra che lo scolaro discolo di Atene doveva eseguire alla perfezione umilia la storia del progetto europeo.

Con una puntigliosità ottusa il nuovo motore dell’Ue a tradizione tedesca ha imposto il rispetto di impegni che intere legioni di economisti e practioners ed esperti delle stesse istituzioni internazionali, a incominciare dagli studi dello Fmi, considerano nefasti per risollevare l’economia, e quindi la solvibilità, di un paese. C’è del metodo in questa follia, e ricorda la cupio dissolvi di tante tragedie.

Il meglio del giornalismo europeo, ogni giovedì, nella tua casella di posta

Marciare verso la distruzione perché così si è deciso, come tante drammatiche ricorrenze storiche ci ricordano, appartiene ad una cultura politica nefasta, che tanti lutti addusse agli europei.

Mutatis mutandis la logica applicata in questi anni alla Grecia riflette quella pulsione autodistruttiva del passato. Il feticcio del rigore unito al piacere sottile di punire (Foucault insegna) travolge ogni razionalità.

Sogno dei fondatori

Di fronte a questa Europa arcigna e 'cattiva' non c’è da stupirsi se il distacco, la sfiducia, la disistima e financo il disprezzo siano aumentati esponenzialmente negli ultimi anni.

Certo, finché venivano distribuiti benefit economici in una fortunata condizione di win-win, i dissensi erano limitati fisiologicamente ai margini della Kerneuropa, tra i perplessi danesi e gli orgogliosi britannici.

E lo slancio di generosità dell’apertura ad Est per garantire pace, sicurezza e benessere ai fratelli perduti per mezzo secolo aveva ridato lustro all’idealità europea.

Il sogno dei fondatori di costruire l’Europa per impedire il risorgere dei nazionalismi e delle guerre passava mettendo in comune le risorse economiche strategiche al fine di sviluppare, insieme, sviluppo e mutua fiducia aveva trovato nuova linfa dieci anni fa. L’accoglienza nei confronti dei popoli liberati al di là del Muro rinverdiva il progetto europeo.

Tutto questo è stato bruciato in pochi anni. La cattiva gestione della crisi, il ritorno in forza degli egoismi nazionali espressi da politici di bassa statura, il perdurante deficit democratico nonostante qualche potere in più al parlamento di Strasburgo hanno sospinto le posizioni degli euroscettici.

Persino in Polonia, paese che più e meglio di ogni altro ha beneficiato dell’ingresso nell’Unione, vediamo alla presidenza un fiero nemico dell’Europa (contraltare dell’inutile presidente dell’Ue: inutile sia per l’inesperienza di Donald Tusk, sia per l’indeterminatezza delle funzioni di quella carica).

Che senso ha ora proporre nuove misure di più stretta integrazione economico-fiscale come quella, pur apprezzabile, dei 'Cinque Presidenti' quando si scalcia via dal consesso dell’Euro un paese piccolo e povero?

Egoismo da e dei banchieri

I governanti europei non hanno capito che la questione greca aveva un valore infinitamente superiore alla manciata di miliardi da elargire per non asfissiare un paese tornato indietro di trent’anni nel suo tenore di vita grazie alle cure sbagliate della Troika.

La posta in gioco riguardava la capacità o meno di far fronte alle difficoltà degli ultimi. Un tempo, un approccio di sapore cattolico di 'comprensione e perdono' ha risolto molte situazioni critiche, evitando l’approfondimento delle fratture. Ora un egoismo da – e dei – banchieri ha prevalso sulla capacità di mediazione dei leader politici.

Questi ultimi non possono limitarsi a dar corso ad algoritmi finanziari. Hanno una funzione ben diversa: quella di indicare obiettivi e prefigurare un futuro.

Ma quale futuro ci hanno proposto i dirigenti politici dei paesi membri in questi ultimi anni? Un futuro di rigidità e rigore senza finalità alte, senza visioni. Per far quadrare i bilanci (a profitto di qualcuno, ovviamente) e basta.

L’isterilimento della linfa vitale europeista discende direttamente dall’assenza di veri leader politici, di statisti.

Quando l’euro diventa fonte di tutti i mali agli occhi di gran parte delle opinioni pubbliche ciò significa che è mancato qualcosa in questa impresa. Solo nei primi tempi, e grazie a governanti di antica esperienza e vivida memoria, la moneta unica aveva avuto la forza simbolica di un elemento di coesione e di fratellanza.

Non solo e non tanto un fatto tecnico, bensì la materialità dell’esistenza di un destino condiviso. Ma quando alle prime difficoltà dovute ai profittatori del change-over (clamoroso il vantaggio economico offerto a tutti i non-salariati dal governo italiano di centro-destra dell’epoca) si sono aggiunte quelle oggettive, macroeconomiche, della grande crisi, l’Euro è diventato un figlio senza padri.

Ostilità crescente

Alle critiche aspre e spesso irrazionali se non grottesche di tanti populisti la componente eurofila non è stata in grado di alzare la voce, sia per rispondere a tono, sia per evidenziare la portata innovativa e di prospettiva della moneta unica. Si è lasciato correre confidando che la ripresa economica avrebbe archiviato quelle proteste.

Invece, con una crisi che non passa il sentimento di ostilità monta. Se poi al disagio diffuso si aggiunge l’arroganza dei ricchi che non sono capaci di ridare ossigeno ai parenti poveri, ecco che il fossato di fiducia nei confronti dell’Unione si allarga a dismisura.

Siamo sinceri: cosa andremmo a dire noi filo-europei e federalisti nelle piazze per contrastare il populismo euroscettico ed ormai puramente eurofobico? Quali argomenti non tecnici (e anche questi mostrano la corda) possiamo addurre per sostenere che la costruzione europea è una grande cosa, il futuro sognato da generazioni intere?

Nemmeno di fronte ad un mare di cadaveri come si sta trasformando il Mediterraneo ritorna la pietas. Anche un laico radicale non può non rimpiangere il benefit che la cultura cattolica e quella confessionale in genere aveva apportato ai primi passi della costruzione europea.

L’individualismo economicista, già figlio degenere del liberalismo, si tramuta ora in un egoismo nazionalista.

La pochezza dei dirigenti politici di questa Europa ci ha tradito perché ci sta negando il futuro: lasciar andare alla deriva la Grecia, così come si lasciano affondare i barconi dei disperati voltandosi dall’altra parte, mostra il volto cinico e indifferente dei ricchi. Sembra di vedere gli uomini in bombetta e marsina della Germania weimariana raffigurati dalla penna satirica di George Grosz.

E di fronte ad una raffigurazione caricaturale, ma in parte veritiera, della realtà dell’Unione, hanno buon gioco i nemici del progetto europeo. E noi europeisti e federalisti rimaniamo afoni perché non ci viene dato nessun appiglio dai governanti nazionali e dalle istituzioni comunitarie (con qualche eccezione, s’intende: e il riferimento a Mario Draghi non è casuale).

E d’ora in poi, con il fallimento della Grecia, tutto sarà più difficile. Non ci si illuda di tornare al business as usual. Lo stigma dell’egoismo e della chiusura rimarrà a lungo.

Ti è piaciuto questo articolo? Noi siamo molto felici. È a disposizione di tutti i nostri lettori, poiché riteniamo che il diritto a un’informazione libera e indipendente sia essenziale per la democrazia. Tuttavia, questo diritto non è garantito per sempre e l’indipendenza ha il suo prezzo. Abbiamo bisogno del tuo supporto per continuare a pubblicare le nostre notizie indipendenti e multilingue per tutti gli europei. Scopri le nostre offerte di abbonamento e i loro vantaggi esclusivi e diventa subito membro della nostra community!

Sei un media, un'azienda o un'organizzazione? Dai un'occhiata ai nostri servizi di traduzione ed editoriale multilingue.

Sostieni il giornalismo europeo indipendente

La democrazia europea ha bisogno di una stampa indipendente. Voxeurop ha bisogno di te. Abbònati!

Sullo stesso argomento