Foto di Hunolina

Le rive del Mediterraneo, sempre più lontane

L'Unione per il Mediterraneo (Upm), nata a Parigi il 13 luglio 2008, è in fin dei conti solo una rifrittura del processo di Barcellona, che la Spagna contribuì a mettere in piedi nel 1995. Ma le intenzioni di Nicolas Sarkozy erano altre.

Pubblicato il 13 Luglio 2009 alle 15:21
Foto di Hunolina

Nel febbraio 2007, quando era ancora solo un candidato alla presidenza francese, Sarkozy propose un'Unione limitata ai paesi mediterranei per rimpiazzare il processo di Barcellona che, in dodici anni, aveva conseguito pochissimi risultati. Sarkozy aveva in realtà in testa tre obiettivi; il primo, immediato, attirare i voti dei francesi di origine maghrebina o mediorientale, annunciando grandi progetti di sviluppo sulla sponda meridionale del Mediterraneo; nel più lungo termine sperava di ripristinare l'egemonia della Francia nella regione; infine, in modo più sottile, ambiva a trovare una via di uscita per la Turchia, alla quale la Francia continua a rifiutare la piena integrazione nell'Unione europea.

Italia e Spagna si sono subito opposte con forza a questo progetto che, pur completamente rimaneggiato, ha avuto solo la benedizione della Germania, paese non rivierasco del Mediterraneo ma molto coinvolto nella regione per i suoi interessi economici. L'Upm è così diventata un'istituzione a 27 nel prolungamento di un processo di Barcellona che, come dichiarato dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, “aveva bisogno semplicemente di essere rivitalizzato”. Quando la Spagna è riuscita a far sì che la sede del segretariato permanente dell'Upm fosse stabilita a Barcellona, Madrid ha finito per accettare questa ristrutturazione.

Si trattava in primo luogo di creare un segretariato generale e di cinque segretariati aggiunti, tra cui uno per Israele e un altro per la Palestina, cosa che non era possibile nel quadro del processo precedente, poiché i paesi arabi rifiutavano che Israele potesse occupare una posizione esecutiva. La prima missione dell'istituzione è favorire la cooperazione su progetti concreti, dandosi come priorità l'intervento per disinquinare il Mediterraneo, una regione che accoglie duecento milioni di turisti, indispensabili alla sua economia; definire politiche comuni in tema di protezione civile, per reagire alle grandi catastrofi, sia naturali sia dovute al fattore umano; sviluppare un piano per sfruttare l'energia solare e migliorare le comunicazioni terrestri e marittime.

Durante una riunione internazionale organizzata il 17 giugno a Berlino per tracciare il bilancio del primo anno di esistenza dell'Upm, Günter Gloser, il ministro tedesco per gli affari europei, ha esposto con chiarezza le esigenze tedesche: controllare l'immigrazione clandestina proveniente da una regione che conta sempre più giovani disoccupati, e promuovere l'energia solare, per produrne nel Maghreb e poi importarla in Germania.

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Inutile dire che i paesi della sponda sud vedono le cose in modo molto diverso, ritenendo che una vera cooperazione che contribuisca allo sviluppo della regione passi sia per una politica agricola europea che permetta di esportare prodotti agricoli verso il nord, sia per la creazione di una banca euromediterranea che faciliti il finanziamento di grandi progetti che finora sono solo dichiarazioni d'intenti, e sia per la rimozione delle restrizioni sui visti, per permettere ai giovani di questi paesi di venire a studiare in Europa.

Sarkozy aveva attribuito il fallimento del processo di Barcellona al fatto che l'Ue avesse concentrato i suoi sforzi verso l'est, trascurando il sud del Mediterraneo, giudicato d'interesse solo i paesi rivieraschi. Questo primo anno di esistenza dell'Upm ha mostrato che il conflitto israelo-palestinese, che aveva bloccato il processo di Barcellona, ha paralizzato anche la sua nuova incarnazione. Nessuna risposta è del resto stata fornita a chi chiede progetti concreti, senza attendere la fine di un conflitto dal quale non si vede ancora via d'uscita: lo sviluppo sociale ed economico sarebbe il migliore vettore di pace.

Accanto al conflitto arabo-israeliano, va tenuto conto anche di altre tensioni interne non meno trascurabili, come la vertenza che oppone il Marocco all'Algeria nel Sahara occidentale e che impedisce di realizzare il progetto di una grande autostrada che colleghi i paesi del Maghreb, o la posizione della Libia, che vede nella cooperazione con l'Europa un ritorno al colonialismo.

E non si capisce come nel breve termine si possa giungere a una forma efficace di cooperazione tra le due sponde del Mediterraneo, perché il rapporto nel livello delle entrate è di uno a dieci, forse il più importante al mondo, e questo non promette niente di buono su quello che ci attende.

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