"La gioventù dice basta". Manifestazione di "Juventud sin futuro" a Madrid, 7 aprile 2011.

I giovani soffrono in silenzio

Disoccupazione, precariato, nessuna garanzia per il futuro: la gioventù spagnola è stata colpita in pieno dalla crisi economica, eppure non dà segni di protesta. In un paese privo di tradizione politica, l'apatia è l'unica risposta.

Pubblicato il 27 Aprile 2011 alle 15:16
Crisis Inmobiliaria  | "La gioventù dice basta". Manifestazione di "Juventud sin futuro" a Madrid, 7 aprile 2011.

"È solo l'inizio", promette il documento con cui l'organizzazione Juventud sin Futuro [Gioventù senza futuro] ringrazia i partecipanti alla manifestazione del 7 aprile a Madrid. In strada sono scese meno di duemila persone, ma l'organizzazione è soddisfatta e ripone grandi speranze nel prossimo appuntamento, previsto per metà maggio.

Una cosa è certa: almeno una parte dei ragazzi spagnoli - la "gioventù più istruita" della storia che "vivrà peggio dei propri genitori", come la definiscono i manifesti - è scesa in strada seguendo l'invito di Stéphane Hessel, novantatreenne attivista francese autore del libro Indignatevi!

Qualunque sia la reazione al movimento di protesta – paura, rifiuto, paternalismo, comprensione, adesione – è facile capire le ragioni del malcontento dei giovani spagnoli: un decennio di precarietà professionale (se non di disoccupazione galoppante), di sopravvivenza con soli mille euro al mese, di eccesso di laureati iperqualificati e di difficoltà (per non dire impossibilità) nel trovare un alloggio.

Oggi, dopo più di due anni di crisi economica, la disoccupazione tra i giovani spagnoli (oltre il 40 per cento) è due volte superiore alla media europea, e in Spagna la metà dei disoccupati ha meno di 34 anni.

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A questo punto viene rimessa in discussione la solidità di uno stato sociale di cui si cominciavano appena ad avvertire i benefici, e il sostengo rappresentato dalla famiglia è in bilico. Secondo José Félix Tezanos, sociologo dell'Università nazionale di educazione a distanza, "l'atmosfera non è esplosiva, ma è infiammabile; basterebbe una scintilla. Internet ha offerto un terreno di coltura".

In generale è sempre più evidente che a pagare le conseguenze della crisi economica sono quelli che non l'hanno causata, mentre le élite della finanza che ne sono responsabili sono uscite indenni dalla tempesta. La prefazione all'edizione spagnola del libro di Hessel è stata curata da José Luis Sampedro, cui Hessel ha ricambiato il favore firmando il prologo della raccolta di articoli intitolata Reacciona [Reagisci].

Sampedro, anche lui novantatreenne, si rivolge all'entità diffusa chiamata gioventù, e non solo affinché reagisca ai problemi di ogni giorno: "il sistema ha bisogno di un cambiamento profondo che sia compreso dai giovani, che dovranno fare meglio dei loro genitori, ancora inchiodati al passato. Anche se i capi dovessero restare al loro posto, anche se continuassero a impartire ordini anacronistici, i giovano possono cambiare la direzione della nave remando".

L'insoddisfazione dei giovani, esacerbata dalla crisi, è davanti agli occhi di tutti. Come lo è l'appello alla mobilitazione. Resta da capire se un movimento di protesta potrà canalizzarlo in una direzione precisa. Pablo Padilla è uno studente di 22 anni coinvolto nell'organizzazione. Quando gli facciamo notare la passività dei giovani si ribella: "e nel resto della società c'è forse una grande agitazione?"

Diversi esperti insistono sull'apatia dei giovani spagnoli. "La sfiducia nei confronti dei politici può manifestarsi attraverso un conflitto oppure con il disinteresse; in Spagna ha prevalso il secondo. L'assenza di una tradizione politica continua a pesare su un paese che non ha l'abitudine a mobilitarsi, sprovvisto di associazioni forti e di una nuova generazione di sindacalisti", assicura Marta Gutiérrez Sastre, docente all'Università di Salamanca.

Movimenti profondi

Secondo il sociologo dell'università di Alicante Antonio Alaminos, perché una protesta di questo tipo abbia successo sono necessari obiettivi chiari e alternative precise, oppure un "detonatore irrazionale". Alaminos sottolinea che le rivolte arabe sono alimentate da obiettivi chiari (miglioramento della democrazia e delle condizioni economiche), e che nei paesi dell'Unione dove ci sono state condizioni simili il detonatore irrazionale è scattato.

"Le difficoltà della mobilitazione dei giovani spagnoli sono causate dalla prospettiva di una mancanza di risultati. I giovani spagnoli (e in molti casi anche quelli europei) vogliono vivere come i loro genitori, in un mondo capitalista e consumista. Non vogliono rompere con questo modello, ma è il capitalismo che ha rotto con loro".

È possibile che i giovani scesi in piazza siano pochi. È possibile che la famiglia, il lavoro nero e la protezione sociale tengano a bada il malcontento e che la passività della maggior parte dei giovani finisca per avere la meglio sul furore di quei pochi che decidono di reagire.

"I giovani non hanno un atteggiamento ribelle, sono perplessi perché è stato indebolito il contratto sociale", spiega il sociologo José Félix Tezanos. Ma avverte: "in questo momento esistono movimenti molto profondi, e se non ci saranno cambiamenti sociali importanti i problemi finiranno col venire alla luce". (traduzione di Andrea Sparacino)

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