È ora di svegliare il gigante

L'Europa attuale è stata paragonata a un enorme dinosauro erbivoro. Ma se vuole sopravvivere agli sconvolgimenti che l'aspettano nel ventunesimo secolo dovrà scrollarsi di dosso la sua pigrizia.

Pubblicato il 8 Luglio 2011 alle 15:39

Era l'inverno 1999, l'ex Jugoslavia era divisa e in preda al caos. La graziosa città danubiana di Novi Sad era stata bombardata dagli alleati, i ponti erano crollati. I cittadini osservavano sgomenti sulla riva del fiume. Sgomenti per la guerra, per la distruzione del loro mondo, per le cose inconcepibili che erano state inflitte loro. Ero andato a trovare il vecchio Aleksandar Tisma, uno dei più grandi scrittori jugoslavi, che prima di morire abitava proprio lì vicino.

Quando gli ho chiesto come si sentiva in questo paese perduto, mi ha raccontato la storia del suo cane, Jackie. Un giorno d'inverno, l'animale era fuggito lungo il Danubio ed era arrivato, non si sa come, su un blocco di ghiaccio. Alcuni ragazzi del quartiere erano andati a cercarlo: "Signor Tisma, il suo cane rischia di annegare!" Così lo scrittore si era precipitato sul posto e aveva chiamato più volte il cane per nome, ma questo non si era mosso dal suo blocco di ghiaccio, immobile. L'animale era sotto shock. Alla fine uno dei ragazzi era riuscito a prenderlo per la collottola. "Oggi ci troviamo nella stessa situazione", mi disse Tisma. "Siamo come immobilizzati su un blocco di ghiaccio, non sappiamo che fare e nel frattempo ci lasciamo portare dalla corrente".

Viviamo un momento storico. Ci stiamo lentamente rimettendo da una brutta e pericolosa crisi economica. Il mondo arabo è scosso da movimenti popolari che forse un giorno occuperanno nella storia un posto simile a quello delle rivoluzioni europee del 1848 e 1989. Ma indipendentemente dall'esito di queste rivolte democratiche, questi eventi costituiscono la più grande sfida per la politica estera europea dopo la caduta del muro di Berlino. Nel frattempo la crisi dell'euro continua a covare sotto la cenere.

Le istituzioni europee non possono funzionare, soprattutto nella situazione attuale, senza il solido e chiaro appoggio degli elettori. Tuttavia in molti paesi il progetto europeo è sempre più criticato a causa della crisi, e questi attacchi raggiungono il loro obiettivo proprio perché la democrazia europea continua a essere debole.

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Oltre a quello dell'euro esiste infatti un problema europeo ancora più grande, ed è quello del deficit democratico europeo. È proprio sotto i nostri occhi, ma diventa sempre più grande e può significare la fine di tutti i nostri sogni.

Tuttavia non penso che l'opinione pubblica sia contro il progetto europeo. Molta gente deve affrontare oggi grossi problemi proprio a causa della strada intrapresa da questo progetto. Quello che questa gente vuole è che la politica, e quindi anche la politica europea, si riorganizzi intorno alle realtà della loro vita quotidiana; vogliono avere un po' di potere decisionale sul loro mondo.

L'European Council on Foreign Relations ha talvolta paragonato l'Europa attuale agli enormi erbivori che popolavano il mondo nella preistoria, animali giganteschi ma non aggressivi. Non facciamoci illusioni, l'Europa quando agisce a livello mondiale è un animale pigro, incapace di avere un ruolo importante sulla scena internazionale se non viene regolarmente pungolata. Nel frattempo l'ordine mondiale attuale non più abbastanza stabile e sereno per permettere all'Europa di accontentarsi di essere l'Europa.

L'Europa quindi deve diventare forte, soprattutto nel suo interesse. Un nuovo mondo si sta creando, che comprende la Cina, gli Stati Uniti, il Giappone, l'India e forse il Brasile. Se l'Unione europea non sarà riconosciuta come un attore di primo piano, sarà in balia delle altre potenze. Invece di essere un punto di riferimento di speranza, un esempio di ordine internazionale, l'Europa diventerà un vuoto, teatro di fiammate di violenza fra gli stati e, soprattutto, i non-stati.

Politicizzare l’Europa

Questo significa che dobbiamo politicizzare l'Europa. Politicizzarla veramente e integrare anche i partiti di protesta. Dobbiamo riprenderla alle istituzioni, dobbiamo amarla e detestarla, dobbiamo investirci in prima persona. Se vogliamo salvare l'idea europea non dobbiamo limitarci all'unità finanziaria o istituzionale. Per ottenere tutto ciò ci vuole un profondo risveglio politico e culturale. Bisogna creare a livello europeo una nuova unità pubblica, come è avvenuto a livello nazionale in molti paesi nel diciannovesimo secolo. È qui che va ricercato il grave ritardo dell'Unione, è a questo che bisogna dare la precedenza assoluta: nulla è possibile senza questa unità pubblica.

È importante, oggi più di ieri, condurre anche queste discussioni europee a livello nazionale. È qui che gli elettori si sentono più a loro agio. Solo in questo modo sarà possibile definire le nuove linee della politica europea. Finora la democratizzazione europea, nonostante tutte le buone intenzioni, non ci è riuscita. Al contrario, ha creato un distanza sempre più grande fra la politica nazionale e la politica europea. La responsabilità in questo settore spetta in particolare ai politici nazionali, che in questi ultimi anni si sono assunti l'onore di facili successi europei, e al tempo stesso hanno rigettato sulle spalle dell'Europa i problemi nazionali più gravi. Ma questa responsabilità è anche di noi elettori.

All'occidente resta ancora un po' di tempo, forse una ventina di anni, per adattare le sue istituzioni al ventunesimo secolo. Abbiamo ancora una volta la possibilità di un risveglio europeo, di approfondire l'Unione europea e di democratizzarla, di arricchire la nostra qualità di vita, di dare nuova vita al progetto europeo. Abbiamo ancora un po' di tempo per rivedere i nostri vecchi modelli di pensiero. La pigrizia è ormai il nostro peggiore nemico. Dobbiamo abbandonare il nostro blocco di ghiaccio. Siamo riusciti a fare molto, non cogliere questa occasione significherebbe perdere tante cose. (traduzione di Andrea De Ritis)

Tratto dal saggio Lo stato dell'Unione europea, letto il 5 maggio davanti al parlamento olandese.

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