L'intervento dei soccorritori dopo l'esplosione davanti al palazzo del governo di Oslo del 22 luglio scorso

Anche Stieg Larsson si era sbagliato

Fino al 22 luglio, la Norvegia si sentiva immune dall'estremismo. La galassia xenofoba, nazionalista e antislamica non aveva trovato forti espressioni politiche organizzate e soprattutto leader carismatici. Ma adesso l'imprevedibile è diventato realtà.

Pubblicato il 25 Luglio 2011 alle 14:01
L'intervento dei soccorritori dopo l'esplosione davanti al palazzo del governo di Oslo del 22 luglio scorso

Si poteva prevedere l'imprevedibile? Si poteva comprendere l'incomprensibile? Si potevano anticipare le intenzioni stragiste di Anders Behring Breivik? In molti ora citano Stieg Larsson. Lo scrittore di gialli svedese negli anni Novanta aveva messo in guardia dalla deriva violenta dei gruppi di estrema destra in Scandinavia.

L'autore della trilogia Millennium aveva visto lontano nella sua rivista Expo e aveva pagato subendo attentati e minacce. Eppure anche lui si era illuso. Perché tutti ci facevamo abbagliare dall'innocenza norvegese, dall'apertura di una società che sembrava immune al virus dell'intolleranza. Fu Larsson a rivelare che la Svezia è la più grande produttrice di White Power Music e di altra spazzatura razzista, teatro di un movimento neonazi sempre più tracotante.

Ma quanto alla Norvegia, anche un agitatore di coscienze come Larsson descriveva i suoi estremisti di destra come disorganizzati e caotici, gruppuscoli di gentaglia confusa e incoerente, che arrivava quasi sempre ubriaca ai raduni al confine.

Niente a che fare con il nuovo populismo europeo

C'è quindi poco da stupirsi, se l'illusione si è perpetuata. Vero, sono passati tre lustri. L'ultradestra norvegese, ci dicono adesso, ha costruito legami criminali più forti con altri sodali esteri, in Europa, in Russia, perfino negli Stati Uniti. Eppure, ancora nel marzo scorso, il rapporto annuale del Pst, il servizio di sicurezza della polizia norvegese, segnalava sì "un più alto livello di attivismo dei gruppi antislamici" e un "incremento dell'attività dei circoli di estrema destra" nel 2010. Ma la valutazione conclusiva dello studio era stata che gruppi o individui dell'ultradestra "non avrebbero costituito un pericolo grave per la società".

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"Nessuno ha visto l'incubo arrivare", ammette Kari Helene Partapouli, del Centro norvegese contro il razzismo. E spiega che c'erano molte ragioni ad alimentare l'illusione dell'immunità. La galassia xenofoba, nazionalista e antislamica non ha trovato infatti in Norvegia forti espressioni politiche organizzate e soprattutto leader carismatici. Qui il massimo dell'opzione populista è il Partito del progresso di Siv Jensen, che chiede di rendere più severa la legge sull'immigrazione. Breivik ne ha fatto parte dal 2004 al 2006. Poi se n'è chiamato fuori, evidentemente insoddisfatto della sua moderazione.

Ma nulla a che vedere con la marea montante dei nuovi populisti europei, come i cosiddetti democratici svedesi di Jimmie Akesson. Men che meno con il Partito del popolo danese di Pia Kjærsgaard o il Puv olandese dell' ossigenato e abilissimo Geert Wilders, furiosamente antislamici e tutti ormai divenuti "salonfaehig", cioè degni di stare nel salotto della politica nazionale. Anche spingendosi ancora più a destra e varcando la soglia indecente del neonazismo antisemita o antirom, la Norvegia non offre nulla di simile allo Jobbik ungherese di Gábor Vona.

Il mancato dibattito sul multiculturalismo in Norvegia

"Da noi - dice Partapouli - non ci sono stati i grandi dibattiti sul fallimento del multiculturalismo che si sono svolti in Danimarca o in Olanda". Certo, ora Jonas Gahr Støre, il ministro degli Esteri norvegese, dice che l'estremismo di destra è un "fenomeno che va preso molto seriamente".

Il mistero resta chiuso in lui, in Anders Behring Breivik. Il suo solo collegamento internazionale finora reso noto è quello con un blog neonazista svedese di cui è membro: fondato nel 2007, Nordisk conta 22 mila membri e pone in risalto "l'identità, la cultura e le tradizioni storiche nordiche". Ne fanno parte sia membri del Parlamento svedese, che esponenti neonazisti o xenofobi.

Ma anche nell'apparente chiarezza del disegno, dalle invettive xenofobe a piazzare una bomba assassina o a imbracciare una mitraglietta per falciare decine di adolescenti ridendo, c'è il salto nel buio della follia, ci sono le tenebre di una mente disturbata. E c'è poi il dubbio, che ancora agita autorità, inquirenti e opinione pubblica: ha veramente agito da solo? Anche dalla risposta a questa domanda, dipendono le ripercussioni che la strage avrà sul Paese e sul resto d'Europa.

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