L’ultima vacanza dell’euro?

La burocrazia europea è lenta e la Germania si ostina a rifiutare l’unica medicina in grado di salvare l’euro e l’Europa, ossia accettare una responsabilità comune per il debito pubblico accumulato e rinunciare alla sovranità nazionale sulle politiche di bilancio.

Pubblicato il 5 Agosto 2011 alle 14:50

I mercati si sono insinuati in una delle tante crepe del sistema europeo, generando un ennesimo tracollo delle Borse e una nuova impennata dei tassi che ormai spingono la crisi dei debiti sovrani nel cuore dell´eurozona. Ma anche questa tempesta, come quelle che l´hanno preceduta, è il sintomo di uno squilibrio politico.

Uno squilibrio senza la cui soluzione difficilmente l´euro potrà sopravvivere. Il varco che questa volta ha offerto un pretesto di attacco è l´incredibile ritardo con cui la burocrazia europea sta mettendo in atto le decisioni prese al vertice dei capi di governo il 21 luglio.

Si scopre che se tutto va bene, dunque, le decisioni "urgenti" prese a luglio, diventeranno operative a settembre inoltrato. E a quel punto, come già rileva Barroso nella sua lettera ai governi, si riveleranno "incomplete", vale a dire insufficienti. Ieri, proprio mentre Barroso sollecitava i governi a una rapida messa in opera delle decisioni prese a luglio, “che manifestamente non stanno avendo l´effetto atteso”, la Banca Centrale europea ha cercato di tappare l´ennesima falla nella barca dell´euro annunciando di aver deciso “a schiacciante maggioranza” di riprendere l´acquisto sul mercato secondario di buoni del tesoro dei Paesi in difficoltà.

La Bce ha agito malvolentieri

Era da maggio che Francoforte aveva sospeso gli interventi, chiedendo che questo compito fosse trasferito al Fondo salva stati (Efsf). Ma, visto che il Fondo è bloccato dalle lungaggini europee, la Bce ha dovuto ancora una volta entrare in azione. Lo ha fatto però malvolentieri, con una decisione presa a maggioranza, con il probabile voto contrario dei tedeschi. E questo non è bastato a calmare i mercati.

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La tempesta, dunque, è destinata a continuare. O quantomeno a ripetersi a intervalli sempre più ravvicinati. Fino a quando, come chiede Barroso, i governi non rifletteranno sulla «complessità e l´incompletezza delle decisioni prese finora».

La verità è che tutti conoscono l'unica medicina in grado di salvare l'euro e l'Europa. Ma la Germania di Angela Merkel non dà il via libera per la terapia. Gli altri governi non hanno la forza di far cambiare idea a Berlino. E i mercati stanno scommettendo da oltre un anno sul fatto che il paziente morirà prima di poter ricevere la cura di cui ha bisogno.

Nonostante l´estrema complessità della crisi in atto, la questione è semplice. I mercati, non a torto, non credono che la moneta unica possa esistere mantenendo separata la responsabilità dei debiti nazionali, e dunque applicando tassi di interesse diversi per i titoli emessi da ciascun Paese nella stessa moneta.

La soluzione esiste ma c'è il veto della Germania

La soluzione, come è stato proposto da più parti, consiste nell'accettare una responsabilità comune anche per il debito pubblico accumulato. Questo obiettivo si può raggiungere, almeno in parte, attraverso l'emissione di eurobond per una quota significativa dell'indebitamento europeo. La controparte politica di questa manovra consiste nella rinuncia alla sovranità nazionale sulle politiche di bilancio, da delegare ad un "ministro delle finanze europeo". Già oggi, del resto, i margini di autonomia dei governi nazionali sulla gestione dei bilanci pubblici sono estremamente ridotti.

Finora, tuttavia, la soluzione del problema è stata bloccata dalla Germania, che ha conti in ordine e non vuole farsi carico degli enormi debiti accumulati da paesi come l´Italia o la Grecia. Per aggirare il veto tedesco, si è fatto ricorso a sistemi estremamente complessi e poco efficienti, come il Fondo salva stati. Ma ormai è evidente che questo tipo di palliativi costituisce solo un fattore incentivante per la speculazione che continua a giocare sui differenziali dei tassi di interesse. Molti negli ultimi mesi hanno denunciato "l'egoismo" dei tedeschi e lanciato appelli a una fantomatica "solidarietà europea".

In realtà la soluzione del problema potrà venire solo quando, e se, la Germania capirà che la fine dell'euro, del mercato unico, e la inevitabile catastrofe finanziaria che ne conseguirebbe rischierebbero di costarle più che la presa in carico del debito comune. Finora nessun governo ha avuto il coraggio di mettere la Merkel con le spalle al muro di fronte a questa scelta.

Ma, se i governi latitano, i mercati se ne stanno facendo carico. Con l´Italia sotto attacco, il momento della decisione finale non può più tardare molto. Se la Germania dirà di sì, l'euro e l'Europa saranno salvi. In caso contrario, prepariamoci al peggio, Germania compresa.

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