La borsa di Francoforte (AFP)

Tetto ai bonus, un'idea poco conveniente

Parigi, Berlino e Londra si sono accordate per patrocinare un tetto alla remunerazione dei banchieri in occasione del prossimo summit del G20. Ma secondo la stampa europea questa iniziativa, per quanto popolare, è economicamente poco efficace.  

Pubblicato il 4 Settembre 2009 alle 16:26
La borsa di Francoforte (AFP)

A due settimane di distanza dall’inizio del summit del G20 che si svolgerà a Pittsburgh, negli Stati Uniti, il 24 e il 25 settembre, i leader europei stanno lavorando a un’intesa per mettere un tetto alle retribuzioni dei banchieri. Il 3 settembre la cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente francese Nicolas Sarkozy e il primo Ministro britannico Gordon Brown hanno divulgato una lettera in cui auspicano l’adozione di “regole obbligatorie” in tutti i Paesi del G20. Nel frattempo, sette ministri delle Finanze europee hanno caldamente esortato ad approvare direttive comuni nell’ambito dell’Unione europea.

“Bonus, l’Europa unita contro l’America”: questo il titolo comparso su Le Figaro, che dà il benvenuto “alla straordinaria adesione da parte dei britannici alla linea dura difesa da Parigi e da Berlino”. Attualmente – riferisce il quotidiano francese – manca soltanto un preciso impegno da parte degli Stati Uniti perché si concretizzi infine il processo di risanamento morale del capitalismo finanziario che la Ue invoca a gran voce. “A tre settimane da Pittsburgh, l’Europa mette [Obama] con le spalle al muro”.

"É evidente che il vento del cambiamento soffia forte” constata Cotidianul. Il quotidiano di Bucarest ricorda che il cambiamento si è manifestato prima che altrove negli Stati Uniti e che proprio Barack Obama ha varato i primi provvedimenti contro la crisi finanziaria, anche se molti hanno creduto che si trattasse di un semplice “incidente di percorso”. Ma con “la spettacolare caduta dei liberaldemocratici in Giappone”, alla fine di agosto, le cose si sono accelerate. “Se il cambiamento interessa già le prime due economie al mondo, è difficile credere che la tendenza possa invertirsi”.

La credibilità del G20 in gioco

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Le Soir sostiene invece che il consenso europeo è quanto mai fragile: dubitando della volontà da parte di Gordon Brown di imporre normative internazionali vincolanti e della capacità dell’Unione europea di convincere gli Stati Uniti in proposito, il quotidiano di Bruxelles sottolinea che “sarebbe sufficiente che una sola piazza finanziaria non stesse al gioco perché tutto si afflosci su se stesso”. Le vere poste in gioco, in effetti, sono altrove: lo fa presente Le Temps, scrivendo che “malgrado sia inevitabile denunciarne gli eccessi, i bonus sono più il sintomo di un sistema che deraglia che la sua causa”. Per il quotidiano di Ginevra, infatti, “la vera cartina di tornasole della governance mondiale si ha osservando le banche, che tornate a essere potenti si oppongono a qualsiasi riforma incisiva”.

Alla vigilia della riunione dei ministri delle finanze del G20 e dei direttori delle Banche centrali a Londra, Handelsblatt ritiene che la priorità sia quella di affrontare “il perno oscuro della crisi finanziaria”, il concetto inglese del “too big to fail”, ovvero degli istituti troppo grossi e importanti per poter semplicemente fallire. Il numero delle banche che hanno raggiunto ormai queste dimensioni cruciali è tale che un loro fallimento rischierebbe di compromettere la stabilità dell’intero sistema finanziario.

Per i rappresentanti del G20, pertanto, è di vitale importanza “gestire il problema delle banche troppo grandi con meccanismi adeguati al mercato” raccomanda Handelsblatt. “Pare proprio che i membri europei del G20 mirino a una sorta di tassa di immortalità”. In questo caso, “le banche troppo grandi per essere lasciate al loro infausto destino sarebbero obbligate a destinare una maggior quantità di fondi propri, onerosi, per rendere sicure le loro attività. Questo ammortizzatore sarebbe il prezzo da pagare per ottenere dallo Stato la garanzia di salvataggio”.

Indignazione o calcolo politico?

Ricordando che il settore finanziario è “cruciale per il rilancio dell’economia in generale”, il Daily Telegraph sostiene che “il desiderio inconscio e comprensibile di strangolare i banchieri scapestrati” debba essere “temperato dal desiderio di riprendere un’attività normale. Le spese imputabili alle tasse e ai regolamenti supplementari si ripercuoterebbero sulle aziende imprenditrici, rendendo così più difficile il finanziamento delle imprese quando arriverà la ripresa”.

Come infine fa notare Rzeczpospolita, l’idea di prendersela con i bonus “è lodevole”. Ma la fermezza dei politici nasconde forse un calcolo, aggiunge il quotidiano di Varsavia. Infatti, “imputare la responsabilità della crisi ai già impopolari banchieri e costringerli a pagare per questo sarà facile da proporre agli elettori mia - forse in modo sconsiderato - un giorno dovranno pur essere ripagati”.

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