Saint-Laurent, Guiana francese.

La frontiera più lontana

Il confine del territorio francese d'oltremare è attraversato ogni giorno dai cittadini del Suriname, in cerca di rifugio e cure mediche. Ogni anno sono 13mila a chiedere un permesso di soggiorno nell'area Schengen. 

Pubblicato il 13 Settembre 2011 alle 15:17
Saint-Laurent, Guiana francese.

All'esterno dell'imponente municipio di Saint-Laurent, la piccola città alla frontiera tra la Guiana francese e il Suriname, un gruppo di una ventina di uomini e donne aspetta sotto un caldo torrido. Sui loro volti si legge la noia, e non sembra la prima volta che sono là. Questi cittadini del Suriname fanno la fila per ottenere un permesso di soggiorno o, ancora meglio, un passaporto francese.

Sono i protagonisti dell'immigrazione di massa alla frontiera sudamericana dell'Unione europea. La Guiana francese è infatti un dipartimento d'oltremare (Dom) e fa parte a tutti gli effetti della Francia."Ogni anno 13mila persone, per lo più abitanti del Suriname, chiedono un permesso di soggiorno. Ne accordiamo circa un terzo", spiega il viceprefetto Hamel-Francis Mekachera, "si tratta del lungo percorso che dopo sette anni porta all'acquisizione della nazionalità francese".

Tuttavia l'Ue chiude sempre di più le sue porte: "Da Parigi riceviamo l'ordine di accettare meno gente", spiega Makechera, "ma la popolazione locale non considera questa regione come una frontiera e ha l'abitudine di attraversare liberamente il fiume Maroni [che delimita il confine]. Per noi europei è difficile adattarsi a questa situazione, poiché la legge francese non prevede nulla di specifico".

Questa frontiera incerta ha creato un florido commercio informale. Al mercato di Saint-Laurent si parla lo sranantongo, la lingua del Suriname, e molti commercianti mostrano con orgoglio magliette con la bandiera dell'ex colonia olandese. Parallelamente si è sviluppata la criminalità, e i ricercati si nascondono nel Suriname, sull'altra sponda del fiume.

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Allo stesso modo, la Guiana francese serve come rifugio per gli abitanti del Suriname. La prima ondata di profughi è cominciata nel luglio 1986, quando è scoppiata la guerra civile [1986-1991]. All'epoca il capo della giunta militare che nel 1980 aveva rovesciato il governo civile, Dersi Bouterse, si batteva contro il Jungle Commando, la guerriglia guidata da Ronnie Brunswijk. A Saint-Laurent hanno trovato rifugio 15mila abitanti del Suriname.

Il sindaco Léon Betrand ha accolto i primi profughi: "Erano per lo più donne e bambini. Sembrava di essere in guerra. Una motovedetta del Suriname sparava su tutte le barche che cercavano di raggiungere l'altra riva. Ho visto con i miei occhi Albina [la città del Suriname dall'altro lato del Maroni] distrutta dal fuoco.

Un neonato su due

La grande maggioranza dei profughi del Suriname non è mai tornata nel suo paese. La guerra civile e il governo militare di Bouterse hanno provocato un rapido degrado della situazione economica e sociale del Suriname e la differenza di sviluppo rispetto alla vicina Guiana è andata aumentando. Così i cittadini del Suriname continuano a bussare alla porta del Dom francese. In totale 70mila dei 217mila abitanti della Guiana francese sono ormai di origine del Suriname, e molti di loro hanno scelto di trasferirsi nella madrepatria.

Le conseguenze dell'immigrazione si vedono chiaramente all'ospedale di Saint-Laurent. Gabriel Carles vi lavora come medico da 30 anni. "Non rifiutiamo nessuno, sarebbe disumano. Ogni tanto chiudiamo gli occhi e facciamo finta che si tratti di un'emergenza, così da poter ricoverare le partorienti. In questo modo il certificato di nascita permette di ottenere la nazionalità francese fra i 13 e i 18 anni". Secondo Carles i cittadini del Suriname che attraversano il Maroni in barca per ottenere cure gratuite assorbono ogni anno circa la metà dei fondi a disposizione dell'ospedale. Un neonato su due viene dal Suriname.

Franky Amete, 44 anni, è un artista e abita da 20 anni a Kourou, a un centinaio di chilometri da Saint-Laurent: "Molti cittadini del Suriname sono qui a causa dell'euro e per avere una vita migliore", afferma Franky. "Anche io sono venuto qui per lavorare. All'epoca la vita nel Suriname era difficile. Nel mio paese non potevo vivere con il mio lavoro, qui invece sì". (traduzione di Andrea De Ritis)

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