La miniera di Roşia Montană.

Torna la febbre dell’oro

Con il prezzo del principale bene rifugio alle stelle, il governo vuole riaprire la miniera più grande del paese. Ma i rischi ambientali e la poca trasparenza dell'operazione suscitano diverse preoccupazioni.

Pubblicato il 15 Settembre 2011 alle 15:53
Nadia Shira Cohen  | La miniera di Roşia Montană.

Si dice che ogni casa di minatori di Roşia Montană nascondesse un passaggio segreto che conduceva alle miniere d’oro. Non è più possibile verificare queste voci, perché la Romania Gold Corporation le ha rilevate tutte. Per poter sfruttare l’oro di Roşia Montană, questa società nata da una joint venture tra la canadese Gabriel Resources e la società pubblica romena Minivest aspetta solo il rilascio di un’autorizzazione ambientale.

La guerra è a tutto campo. Quelli che si oppongono alla riapertura della miniera chiusa nel 2006 sostengono che il progetto cancellerebbe dalla carta geografica il massiccio di Cârnic, ridurrebbe in polvere un patrimonio culturale risalente all’antichità, quando i Romani estraevano l’oro da quella regione, e l’intera zona potrebbe subire gravi ripercussioni per i pericoli legati alla tecnologia estrattiva al cianuro. Dal canto suo Gold Corporation afferma che si prenderà cura dei siti archeologici.

La crisi finanziaria ha fatto balzare a cifre vertiginose il prezzo dell’oro e gli analisti scommettono su un ulteriore aumento. Assistiamo quindi una volta di più al classico scontro tra civiltà industriale e post-industriale, i cui membri si oppongono allo sfruttamento selvaggio delle risorse naturali. La battaglia si combatte su un territorio fortemente segnato dalla sua storia mineraria, le cui conseguenze ambientali hanno lasciato situazioni difficili da gestire. Le acque dei ruscelli in prossimità delle miniere rosse a causa del cianuro, e le colline sventrate sembrano colpite da un cataclisma. Durante l’Epoca d’oro (così denominata dalla dittatura di Ceauşescu), ridurre l’inquinamento non era certo una priorità del regime comunista. La qualità della vita non interessava. Ecco dunque perché oggi c’è chi ne è molto spaventato.

Uno dei problemi principali del progetto Roşia Montană è la mancanza di fiducia. Il profilo dei principali azionisti di Gabriel Resources, quotata alla borsa di Toronto, è tipico: miliardari con la passione delle speculazioni finanziarie. Tra loro ci sono Paulson & Co. ed Electrum Strategic Holdings, fondi di investimento specializzati nel metallo giallo. Newmont Mining Corp (Stati Uniti) è uno dei principali produttori di oro al mondo e tra i propri azionisti conta il miliardario George Soros.

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Stato rinunciatario

Lo stato romeno, tramite la società Minvest, è il primo azionista di questa iniziativa con il 19 per cento. Ma il suo atteggiamento sembra stranamente timido: essere seduti su una montagna che secondo le stime nasconderebbe qualcosa come 300 tonnellate d’oro dovrebbe indurre infatti a prendere in considerazione una partecipazione più consistente. Il contratto di partecipazione dello stato romeno al progetto è coperto da segreto e la Romania sembra essere trattata alla stregua di una repubblica delle banane dagli investitori più loschi.

Altrove in Europa, paesi come Svezia e Norvegia sfruttano l’oro in modo molto attivo. Lo stato svedese, per esempio, ha emesso concessioni sui giacimenti d’oro e si limita a far soldi con imposte, tasse e canoni. Non vi è alcuna agitazione apparente o implicita. La questione è trattata come un normale affare in grado di generare utili e l’industria mineraria rappresenta lo 0,3 per cento del pil del paese. Il rispetto delle normative è assicurato da un rigido controllo, che in Romania manca del tutto.

La posta in gioco è la corsa all’oro. Il progetto Roşia Montană promette ricavi per un valore superiore ai 16 miliardi di dollari in 16 anni. Ma se l’investitore canadese fosse estromesso potrebbe chiedere allo stato romeno risarcimenti colossali. Roşia Montană rischia di diventare una città fantasma: oltre l’80 per cento degli edifici appartiene ormai a Gold Corporation. Le vestigia archeologiche, situate in luoghi difficilmente accessibili, non bastano ad attirare turisti. La popolazione locale non ha molte opportunità sul mercato del lavoro, né capitali da investire. I pochi alberghi della zona sono scadenti e la cittadina, con tutte queste polemiche e controversie, è tutt’altro che invitante. (traduzione di Anna Bissanti)

Il progetto

Lavoro e conflitto d’interesse

“Il presidente Traian Băsescu ha annunciato che la realizzazione di questo progetto è più necessaria che mai perché il paese deve raddoppiare le proprie riserve in oro, e porterebbe alla creazione di nuovi posti di lavoro”, riferisce Evenimentul Zilei. Il quotidiano passa in rassegna le molte modalità con le quali lo stato romeno potrebbe guadagnare con questo progetto, che richiede un investimento da parte dei canadesi pari a quasi 700 milioni di euro. Oltre agli 1,2 miliardi di euro ricavabili direttamente con dividendi, tasse e imposte, il progetto porterebbe alla creazione di posti di lavoro e a un indotto quantificabile in 1,7 miliardi di euro. Ma il quotidiano si chiede “che ne sarà dei potenziali conflitti di interesse tra lo stato-azionista e lo stato-autorità, incaricato di garantire il rispetto delle regole?”

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