Mayotte, 29 marzo 2009. Elettori sbarcano a Mamoudzou per votare al referendum sull'appartenenza alla Francia.

Mayotte, dove islam e laicità vanno d’accordo

Dallo scorso 31 marzo l'isola dell'oceano Indiano è divenuta un dipartimento francese in seguito a un referendum. I suoi cittadini, pur non rinunciando alle tradizioni musulmane, vedono di buon occhio il passaggio alle leggi della Repubblica.

Pubblicato il 23 Settembre 2011 alle 14:01
Mayotte, 29 marzo 2009. Elettori sbarcano a Mamoudzou per votare al referendum sull'appartenenza alla Francia.

Alle 6,30 di sabato un nugolo di bambini vocianti arriva alla scuola coranica di Tsingani. Mentre l'odore di muffa della notte lascia il posto ai profumi della vegetazione che si risveglia, bambine e bambini arrivano numerosi in un edificio in cemento grezzo. Un'insegnante batte la lavagna con un bastone per riportare un minimo di calma e subito i bambini cominciano a recitare i versetti del Corano. Al piano superiore, in un ambiente molto più serio, dei ragazzi – maschi e femmine separati – studiano il testo sacro con un altro professore.

A Mayotte, diventata dal 31 marzo il 101° dipartimento francese, è così da sempre. Questo territorio in pieno oceano Indiano vuole, soprattutto dopo che ha rifiutato l'indipendenza nel 1975, far convivere islam e repubblica. Questa ricerca, che alcuni ritengono contraddittoria, si illustra con due cifre evidenti: il 90 per cento dei 200mila abitanti è musulmano e il 95 per cento degli elettori ha votato nel 2009 per diventare dipartimento e ottenere la cittadinanza francese a tutti gli effetti.

Mentre nella madrepatria è in corso il dibattito su islam e laicità, a Tsingani Adinani Zoubert, 72 anni, non vede particolari problemi: “Siamo ovviamente uno stato laico, ma la laicità garantisce la libertà di culto. E non vi è alcun bisogno di essere in una repubblica islamica per praticare la propria religione”. Il responsabile del consiglio dei culti musulmani di Mayotte insegna la sua fede tutti i pomeriggi ai ragazzi fra i 6 e i 15 anni che escono dalla scuola pubblica. Zoubert è stato anche un fervente sostenitore della trasformazione dell'isola in dipartimento. “Mayotte come parte integrante dello stato francese, questo era il mio obiettivo e la mia lotta. Era una cosa che sognavo da 40 anni”.

Ma per ottenere questo status, la popolazione insulare ha dovuto accettare dei compromessi fra il corano e il codice civile. Il ripudio unilaterale è ormai vietato e l'età legale del matrimonio è stata portata a 18 anni. La poligamia in particolare è abolita da una legge del 2003, anche se le unioni multiple già contratte rimangono valide. “Faremo come voi occidentali, ci faremo delle amanti”, si è visto rispondere un giorno il prefetto Hubert Derache, con un'ironia molto francese. Ma nel complesso in questa società matriarcale le nuove regole sono state accettate. Tuttavia le associazioni di difesa delle donne devono ancora battersi per ottenere una reale uguaglianza dei diritti.

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Per essere un po' più francesi i mahoré hanno anche rinunciato dal 2010 a ricorrere al cadi. Al tempo stesso giudice di pace, notaio, mediatore sociale, questo personaggio risolveva le liti secondo regole musulmane e consuetudinarie. La giustizia del cadi, che in queste isole risale al quattordicesimo secolo, era stata riconosciuta dalla Francia nel 1841, al momento dell'annessione dell'arcipelago delle Comore, e confermata nel 1939 e poi nel 1964. Il cadi è diventato ormai più una tradizione che un'autorità, e oggi un numero sempre più grande di mahoré va a regolarizzare la loro unione davanti al sindaco, a risolvere i loro problemi davanti a un giudice o le loro questioni patrimoniali davanti a un notaio.

Sunniti con influenze animiste, organizzati in confraternite dinamiche, i mahoré danno un'interpretazione moderata del corano. Abdoulatifou Aly, deputato non iscritto di Mayotte e solo musulmano eletto all'Assemblea nazionale, prova grande irritazione di fronte al dibattito che sis ta svolgendo nella madrepatria. “La nostra religione non si oppone alla repubblica, anche se mi rendo conto che nelle periferie ci sono persone che ne vogliono fare un'arma contro l'occidente”. Secondo Aly Mayotte, terra musulmana, guarda la Francia in modo molto positivo. “Qui i valori della Repubblica hanno più significato che nella madrepatria, perché dimostrano la loro capacità a integrare la differenza e prendono quindi una dimensione universale”.

“Il nostro islam si adatta molto bene alla repubblica”, conferma Derache. “Vi è una forte opposizione a qualunque radicalismo. La legge contro il burqa per esempio è stata accettata senza problemi”. Nell'isola le donne che portano il velo sarebbero una ventina, e i salafiti venuti dalle vicine Comore o dalla madrepatria non sono stati finora accettati dalle 285 moschee di Mayotte.

Troppe concessioni

Questa moderazione è confermata anche da Abdou Madi, ginecologo e responsabile del reparto maternità dell'ospedale di Mamoudzou. “Qui non ci sono mai stati problemi per esaminare una donna, come invece ho incontrato quando ero a Marsiglia”, dice il medico. In compenso le ostetriche del suo reparto osservano che la poligamia rimane ancora molto frequente e ammessa senza difficoltà dalle giovani madri.

Ma Mouhtar Rachidi, 66 anni, imam dal 2001 della moschea di M'Tsaapéré, non condivide l'idea di una perfetta armonia fra islam e repubblica. Come altre autorità religiose, Rachidi non era sostenitore della trasformazione in dipartimento, e si irrita delle concessioni che i suoi concittadini continuano a fare in nome della cittadinanza francese. Rachidi ricorda che gli ulema locali hanno emesso delle riserve su alcune di queste concessioni. “La laicità non mi disturba se posso praticare la mia religione. Quello che mi dà fastidio è che si vogliono mettere degli ostacoli a questa pratica. Non si può cambiare il corano, è blasfemo modificare la regola dell'eredità fissata da dio, significherebbe che dio si è sbagliato”.

“Vi sono certe regole repubblicane che bisogna applicare senza discutere”, osserva a sua volta Zoubert. “Ma ve ne sono altre che meritano invece questa riflessione. Noi abbiamo delle particolarità. Non si può per esempio vietare l'appello alla preghiera del muezzin. A Parigi non chiedo che si smetta di suonare le campane delle chiese perché mi danno fastidio”. (traduzione di Andrea De Ritis)

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