Il simbolo della catena di fast food è un clown. I bimbi l’adorano perché oltre al loro hamburger hanno diritto anche a un giochino di plastica. Mi ricordo ancora quando aprì a Sofia il primo ristorante di questa catena: la gente si mise l’abito più elegante, come per andare all’opera, cercò di prenotare in anticipo i tavoli e qualcuno trascorse addirittura l’intera notte fuori dalla porta per poter essere il primo all’apertura, retaggio dell’era socialista.
Oggi le stesse cose continuano ad accadere per l’inaugurazione di negozi di grandi marchi occidentali. Non è cambiato nulla, anzi, sembra che i bulgari amino addirittura pagare di più. Forse anche questa è un’altra abitudine appresa dal socialismo. Tutto quello che arriva dall’occidente deve per forza costare caro. Più costa e meglio è. All’epoca dell’indigenza, i prezzi erano fissati in modo del tutto arbitrario, ma un principio prevaleva sugli altri: non importa se è caro, purché io possa averlo. E del resto si era a tal punto poveri che non si pensava nemmeno al valore reale delle cose.
Nella corsa al guadagno, chi ci rimette di più sono i poveri del continente. Ciò avvantaggia i furbacchioni dei grandi marchi, che lo sanno bene. Meglio fare acquisti a Milano che a Sofia. Lo shopping costa sicuramente meno. Per anni abbiamo atteso con impazienza che a Sofia aprisse un negozio Ikea (ha aperto finalmente il 20 settembre), perché avevamo sentito dire che era offriva articoli di buona qualità a basso prezzo. Poi, però, ci si è resi conto che nel primo negozio Ikea in Bulgaria i prezzi erano più salati che in Romania, il paese vicino. Una vera vergogna.
I bulgari dovrebbero prendere ispirazione dal fondatore di Ikea: è un signore anziano che continua a utilizzare la sua vecchia automobile. Non la cambia con una nuova per risparmiare. Già: quando sei ricco sfondato è facile essere economi, mentre se sei povero è molto più complicato, quasi impossibile. Questa è l’assurdità svedese nei Balcani: proporre ai poveri bulgari un armadio che in Grecia costa due volte di meno. Saper risparmiare è il dono dell’uomo occidentale. Noi siamo dei pascià, invece, dei giocatori d’azzardo. Siamo addirittura pronti a fare a botte per pagare di più.
Mi sono chiesto per quale motivo Ikea abbia impiegato così tanto tempo ad aprire anche da noi, e credo che ciò dipenda dal fatto che a noi piace comperare paccottiglia spendendo tanto. Alcuni tra noi tuttavia speravano che Ikea avrebbe dimostrato che le cose a buon prezzo possono essere solide e affidabili, ma oggi c’è il sospetto che l'azienda abbia fatto assai bene i propri conti nei Balcani. Da Ikea hanno capito la psicologia degli indigeni: i bulgari adorano comperare le perline di plastica e se costano troppo poco ne restano delusi. È triste, forse, ma è così. Ikea è arrivata in Bulgaria: vale la pena mettersi in fila a sgomitare un po’. (traduzione di Anna Bissanti)
Contesto
Venti anni di ritardo
Il 20 settembre, tra un mare di polemiche, alla periferia di Sofia ha aperto i battenti il primo negozio Ikea in Bulgaria. Secondo la stampa locale, i prezzi applicati a Sofia dalla catena svedese (in realtà un concessionario con contratto di franchising del gruppo greco Fourlis, che gestisce i negozi di Atene e Salonicco) sarebbero più alti di quelli di altri paesi europei. Ciò non ha impedito ai bulgari di mettersi in fila per essere i primi a entrare nel negozio. La Bulgaria è l’ultimo paese dell’Unione Europea a ospitare un negozio del colosso svedese, la cui espansione nell’Europa dell’est risale al 1991.