La rottura tra Turchia e Israele, definitivamente consumata dopo la strage della Mavi Marmara, è un terremoto geopolitico destinato a produrre conseguenze ancora per lungo tempo. Una di queste è l'improvviso avvicinamento diplomatico, economico e strategico tra lo stato ebraico e la Grecia, ufficializzato a metà agosto dalla visita di Netanyahu ad Atene.
La logica dietro a questo sviluppo appare incredibilmente semplice: se Ankara si avvicina ai palestinesi e agli stati islamici nemici giurati di Israele, Israele si schiera con i rivali storici della Turchia, a cominciare dal principale – la Grecia, per l'appunto.
Nei giorni scorsi il nuovo sodalizio ha registrato un altro passo in avanti con l'arrivo a Gerusalemme del ministro degli esteri greco Dimitris Droustas e lo svolgimento delle prime manovre congiunte tra le forze aeree greche e israeliane – queste ultime sono infatti alla ricerca di uno spazio aereo sufficientemente ampio per le esercitazioni a lungo raggio che fino a poco tempo fa effettuavano in Turchia.
I due paesi stanno discutendo accordi economici e forniture militari e c'è addirittura il progetto di un gasdotto sottomarino che dovrebbe connettere le riserve israeliane alla rete di distribuzione europea attraverso la Grecia.
Il Jerusalem Post si chiede se la nuova alleanza possa compensare la perdita del legame con Ankara, considerato fino a pochi anni fa l'architrave della politica regionale di Israele. La risposta ovviamente è no: la Grecia ha una popolazione cinque volte più piccola di quella della Turchia, la sua economia è in picchiata mentre quella turca è in espansione, la sua posizione è decisamente più lontana dai teatri chiave per gli interessi israeliani e il suo peso diplomatico presso i paesi islamici non è neanche lontanamente paragonabile.
Ma c'è un punto in cui Atene ha un vantaggio comparato: è un membro dell'Unione europea, status a cui ambiscono anche Israele e Turchia. Dopo gli sviluppi degli ultimi mesi la convivenza dei neorivali all'interno dell'Ue appare ancora più impensabile, e la pressione israeliana potrebbe convincere la Grecia ad abbandonare i timidi sforzi di riavvicinamento alla Turchia e farne un altro bastione contro le mire europee di Ankara.
La prima ricaduta di una simile strategia sarebbe un nuovo e forse definitivo stop al processo di riunificazione di Cipro, ma le altre conseguenze di un'escalation diplomatica regionale sarebbero imprevedibili. E l'Unione europea, che ambiva a un ruolo di mediazione nel conflitto israelo-palestinese, potrebbe invece ritrovarsi trasformata in un amplificatore dei suoi effetti nefasti.