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Le nuove suffragette

Pubblicato il 30 Agosto 2012 alle 12:32

Volete imparare qual è la posizione migliore da adottare quando la polizia cerca di trascinarvi via da un sit in? Oppure quali sono i metodi per portare avanti una campagna di sensibilizzazione? O ancora quali sono i vostri diritti legali se venite accusate di aver formato una catena umana per bloccare il traffico? Il 15 e 16 settembre all’Università di Bristol, nella Gran Bretagna sudoccidentale, si darà il via a una serie di incontri, workshop e discussioni in occasione della Suffragette Summer School, una due giorni di formazione femminista per educare all’arte della protesta non violenta.

Circa 500 partecipanti sono attesi quest’anno per discutere, scambiarsi idee e tattiche e svolgere seminari pratici in un appuntamento “perfetto per chiunque voglia organizzarsi a livello locale, nazionale e globale per sradicare la disuguaglianza di genere”, come si legge sul sito. Le giovani organizzatrici sperano di ispirare una nuova generazione di femministe con lo stesso dinamismo delle suffragette che si sono battute per il diritto al voto all’inizio del secolo scorso. Come ha spiegato al New York Times Kat Banyard, fondatrice del gruppo UK Feminista, che organizza l’incontro: “Ci sono modi creativi in cui persone ordinarie possono inserire le questioni femministe nell’agenda dominante. L’azione diretta non deve per forza essere illegale. È molto importante che la gente conosca il proprio diritto legale a protestare”.

Kat Banyard, trentenne autrice del libro The equality illusion, sul livello di uguaglianza raggiunto dalle donne in Gran Bretagna, sostiene che negli ultimi due anni il numero dei gruppi che prendono parte alla Summer School è triplicato, arrivando a sfiorare il centinaio. L’aumento della sensibilità nei confronti delle questioni di genere è dovuto al fatto che ci si è resi conto di come la crisi finanziaria e le misure di austerità varate dal governo di Londra abbiano colpito molto di più le donne rispetto agli uomini. I tagli alla spesa, infatti, si abbattono soprattutto sul settore dei servizi, dove sono impiegate in maggioranza donne, sulle cui spalle finiscono per pesare sempre più anche tutti i compiti di cura.

“Questa è una battaglia femminile”, ha detto al Guardian la cinquantenne attivista Vita, “Sappiamo che le donne sono colpite dai tagli in maniera sproporzionata e questo è un modo per farlo sapere”. Una consapevolezza condivisa anche dalle donne più giovani, preoccupate degli stereotipi ancora radicati nella società britannica: “Credo che ci sia un enorme problema di immagine che a volte è esacerbato dalle stesse donne che non rappresentano il femminismo nel modo migliore”, ha detto al quotidiano la ventiduenne Rachelle Hunt. Per cercare nuove risposte a queste vecchie questioni si può partecipare ai workshop (aperti a entrambi i sessi) “Conoscenze mediatiche”, oppure “Cambiare la conversazione sui tabù” o anche “Coinvolgere gli uomini nell’attivismo femminista”.

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Lo scopo principale della scuola estiva è fare in modo che le questioni di genere non siano più relegate ai margini della società e trattate come temi di secondo ordine o di nicchia, come spiega Banyard al Nyt: “Il femminismo può ancora essere isolato perché è così stigmatizzato. Può essere difficile dire alle persone che non ti conoscono che sei femminista a causa degli stereotipi ancora esistenti. Le persone credono che le femministe odino gli uomini, siano prive di umorismo e si debbano vestire in un certo modo, quindi il solo fatto di ritrovarsi tutte insieme è importante. Ci ricorda che là fuori c’è un movimento globale e che non siamo sole. Partecipiamo a una straordinaria battaglia per creare un mondo migliore”.

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