C’è molto fumo nella vicenda delle dimissioni del commissario europeo alla sanità John Dalli, e non è solo una battuta scontata. Dalli, ex ministro degli esteri maltese che aveva lasciato la carica dopo appena tre mesi per un'altra storia di favoreggiamenti, si è dimesso il 16 ottobre in seguito a un'inchiesta dell'ufficio europeo antifrode (Olaf) sui suoi contatti con l'industria del tabacco. Un'azienda svedese del settore ha infatti affermato di essere stata contattata da un imprenditore maltese che avrebbe offerto la disponibilità del commissario ad ammorbidire la nuova direttiva europea sul fumo a proposito dello snus, il tabacco da masticare scandinavo.
Subito dopo le dimissioni, le prime di un commissario Ue dalla clamorosa uscita di scena dell'intera commisione Santer nel 1999, Dalli ha però rilasciato una videointervista in cui accusa il presidente José Manuel Barroso di averlo costretto a lasciare senza neanche poter leggere le conclusioni dell'inchiesta (che non sono state rese pubbliche) e la lobby del tabacco di aver costruito il caso per incastrarlo.
Il giorno dopo, il 18 ottobre, un altro colpo di scena: dei ladri entrano in un palazzo del quartiere europeo di Bruxelles. Tra gli otto piani di uffici, però, visitano soltanto quelli dell'European smoke free partnership e dell'European public health alliance – due organizzazioni che si battono per l'introduzione di norme più rigide sul consumo di tabacco nell'Ue – e portano via solo qualche computer e alcuni documenti relativi alle loro campagne.
Un'altra prova che la lobby del tabacco ha deciso di usare le maniere forti per bloccare la direttiva europea che avrebbe dovuto essere presentata in autunno, sostengono le ong antifumo – che secondo alcuni non sarebbero che un'altra lobby. Di sicuro la direttiva, che contiene misure ancora più restrittive sui prodotti a base di tabacco e persino sulle sigarette elettroniche (la Ecita, la lobby delle aziende che le producono, è stata tra i primi a infierire su Dalli dopo la sua caduta), subirà un grosso ritardo, e potrebbe addirittura essere passata in eredità alla prossima commissione europea.
Insomma, l'unica cosa certa in questa vicenda è che la parola lobby compare troppo spesso. Durante il festival di Internazionale a Ferrara è stato presentato il documentario The Brussels business, di Friedrich Moser e Matthieu Lietaert, che fa luce sul funzionamento di questa vera e propria industria dell'influenza che svolge un ruolo determinante nell'oscuro processo legislativo europeo. Come ricordano gli autori, nel 2005 il commissario Siim Kallas aveva lanciato un'iniziativa sulla trasparenza che avrebbe dovuto istituire un registro obbligatorio per i rappresentanti dei gruppi di interesse a Bruxelles, rendendo così tracciabile la loro attività. In seguito a pressioni non meglio identificate, però, la proposta era stata ridimensionata fino all'irrilevanza. Chissà se questo episodio basterà a riaprire il dibattito.