unknows Intervista

Gianni Pittella: “Basta con il rigore”

Pubblicato il 30 Novembre 2012 alle 14:32

Il 29 novembre la Commissione per gli affari economici e monetari del Parlamento europeo ha approvato l’opinione dell’assemblea sulla supervisione del sistema bancario europeo, che sarà la premessa ai negoziati con gli stati membri in vista dell’adozione di un testo sull’unione bancaria da parte del Consiglio dei ministri delle finanze, fissato per il prossimo 4 dicembre. Un dossier che il primo vice-presidente del parlamento, Gianni Pittella, ha seguito da vicino. Ne parla a Presseurop in questa intervista concessa alla vigilia del voto della Commissione. Intervista di Gian Paolo Accardo.

PRESSEUROP – Vicepresidente Pittella, a che punto è l’Unione con la supervisione bancaria?

GIANNI PITTELLA: Più di ogni altra cosa Berlino non vuole che la Banca centrale europea (Bce) possa esercitare il proprio controllo sulle banche meno importanti, e nello specifico sulle circa 1.600 Landesbanken (banche regionali) e casse di risparmio tedesche. Abbiamo però raggiunto un compromesso: il comitato di supervisione della Bce sarà competente sulle banche nazionali e su quelle il cui fallimento innescherebbe un rischio sistemico, come pure quelle che hanno chiesto aiuto finanziario perché in gravi difficoltà. Alle autorità bancarie nazionali spetterà invece la supervisione delle altre banche. Ma la Bce avrà la possibilità, qualora lo ritenesse necessario, di concentrarsi su queste ultime. Il Parlamento dovrà inoltre vigilare che non vi siano conflitti di interesse tra l’autorità di controllo e le banche controllate. Si tratta di una questione delicata, soprattutto a causa dell’enorme permeabilità del settore bancario. In seguito abbiamo stabilito che il presidente e il vicepresidente del comitato di supervisione devono essere eletti col consenso del Parlamento europeo – proprio come il presidente della Bce, del resto – per garantire il controllo democratico su questo organismo. Noi chiederemo che il comitato di supervisione resti in contatto costante con la Commissione per gli affari economici e monetari del Parlamento. Quanto alla sua attuazione, speriamo che il Consiglio l’approvi in occasione del summit del 13-14 dicembre, affinché la supervisione possa cominciare gradualmente la propria attività a partire dall’inizio del 2013.

Una volta adottato questo comitato di supervisione bancaria, quali altre tappe resteranno da superare per arrivare a un’autentica unione bancaria?

Il meglio del giornalismo europeo, ogni giovedì, nella tua casella di posta

Ci saranno ancora alcune cose da mettere a punto, specialmente in termini di armonizzazione della regolamentazione in materia di depositi bancari. In ogni caso, il passo più importante sarà proprio quello della supervisione. Si tratta di una vera e propria rivoluzione: si passerà da 27 supervisori nazionali – un’autentica contraddizione in un’Europa nella quale vi sono banche sovranazionali – a un solo supervisore. Mantenendo il sistema attualmente in vigore non potremmo evitare nuove crisi bancarie. L’istituzione della supervisione bancaria unica ha anche il vantaggio di innescare un circolo virtuoso: se si può concretizzare l’unione bancaria, si può concretizzare l’unione economica e fiscale. E da lì si arriverebbe all’unione politica, perché sarebbe irrazionale condividere a livello europeo soltanto l’aspetto economico e quello finanziario e non quello politico.

Lei quindi crede nell’unione politica?

Certamente, anche se vi sono resistenze che ci dobbiamo sforzare di superare. Io spero che già a partire dal 2014, data delle prossimi elezioni europee, si possa adottare una nuova Convenzione europea, che dia all’Unione nuove regole sul piano politico e delinei l’ambito della futura unione politica.

Pensa che il Parlamento abbia un ruolo preciso nella vita economica dell’Unione e nella ricerca di soluzioni alla crisi?

Con il trattato di Lisbona il Parlamento è diventato un condecisore. Penso che nel giro di pochi anni potrebbe diventare una vera camera legislativa. E alla fine di questo iter, la camera legislativa dell’Unione europea dovrà essere il Parlamento. Oggi vogliamo far sentire la nostra voce su come gestire la crisi. Ci battiamo per far capire ai sostenitori dell’austerity che tutte le analisi confermano che gli effetti di una politica basata soltanto sul rigore sono devastanti: il debito pubblico non cala, subentra la recessione, la disoccupazione aumenta, la domanda interna precipita, l’Europa perde competitività sul piano internazionale e le previsioni relative a un ritorno della crescita dicono che ormai dovremo aspettare il 2014.

Ha qualche proposta alternativa?

Bisogna porre fine all’austerity. È giunto il momento di investire. Noi auspichiamo un programma europeo per la crescita, la coesione sociale e lo sviluppo sostenibile. Un piano che abbia il suo presupposto nel finanziamento di reti e infrastrutture materiali e immateriali. Delle prime fanno parte le reti ferroviarie, quelle energetiche e telematiche, e le energie rinnovabili. Alle seconde appartengono l’istruzione, la formazione, la ricerca e la mobilità dei giovani. Si tratta di un piano del valore di svariate centinaia di miliardi, ed è indispensabile metterlo a punto quanto prima.

E dove conta di trovare i miliardi necessari, proprio ora che gli stati membri devono far fronte a tagli di bilancio talvolta molto onerosi e non hanno più soldi?

Dobbiamo istituire i buoni europei del tesoro, i famosi eurobond, per mettere insieme circa tremila miliardi di euro. Non sono io ad aver fissato questa cifra, ma gli economisti guidati dall’ex presidente della Commissione europea Romano Prodi e dall’economista italiano Alberto Quadro Curzio. Di quei miliardi, 2.300 saranno destinati alla socializzazione del debito europeo, e di conseguenza alla riduzione del medesimo. I restanti 700 saranno utilizzati per finanziare questo piano di investimenti. A quel punto potremo dire ad Angela Merkel e ai cittadini tedeschi: l’istituzione degli eurobond non vi costerà neppure un centesimo, perché saranno garantiti dalle riserve degli stati membri e dal loro patrimonio pubblico.

Gli stati saranno in grado di offrire garanzie sia per il proprio debito pubblico che per quello eventuale europeo?

Le riserve in oro e il loro patrimonio saranno sufficienti. Si potrà decidere che gli stati impegnino a garanzia degli eurobond la parte di pil eccedente il 60 per cento (la parte di indebitamento pubblico ammessa dai criteri di convergenza dell’euro). Da un punto di vista tecnico è fattibile. In seguito, se Angela Merkel per sostenere gli eurobond esigerà che si facciano passi avanti verso l’unione di bilancio – vale a dire che gli stati membri della zona euro rispettino i criteri previsti dal trattato fiscale e che da parte dell’Ue vi sia un controllo più rigoroso sulle loro politiche di bilancio – io sono d’accordo. A patto che si porti avanti nello stesso modo anche l’unione politica.

Lei ha evocato l’ipotesi che il Parlamento diventi la camera legislativa dell’Ue. Al momento questo ruolo è ricoperto dal Consiglio. Come prevede che possano essere i rapporti tra queste due istituzioni nel caso in cui si concretizzi la sua idea?

Immagino un potere legislativo bicamerale, con il Consiglio che funga da seconda camera, una specie di senato. Oppure due camere aventi i medesimi poteri. Il presidente del Consiglio sarebbe assimilato a un presidente del senato. A meno che non immaginiamo di trasformare il Consiglio in organo esecutivo, ma questo implicherebbe la questione del ruolo della Commissione.

Guardando al futuro, immagina un’Ue federale o un’unione a due o tre velocità? O ancora un’unione più intergovernativa?

Io auspicherei un’unione federale. Il modello intergovernativo non ha dato risultati brillanti, in quanto parte dal presupposto che qualsiasi negoziato sia guidato dagli interessi nazionali. Ed è chiaro che tali interessi sarebbero divergenti.

Una riforma di cui si parla spesso negli articoli che abbiamo pubblicato è quella dell’elezione diretta con suffragio universale del presidente della Commissione e dei commissari europei. Che cosa ne pensa?

Sono favorevole all’elezione diretta della Commissione. Potremmo realizzarla già a partire dal 2014, senza portare scompiglio alcuno alle normative che regolamentano attualmente le elezioni europee: se i partiti appartenenti a un gruppo politico al Parlamento europeo indicano in occasione della campagna qual è il loro candidato alla presidenza della Commissione, gli elettori voteranno anche per quest’ultimo. Se il partito socialista europeo segnala l’attuale presidente del Parlamento, Martin Schulz – e lo auspico vivamente, perché ha la levatura necessaria a occupare quella posizione – tutti i partiti affiliati faranno altrettanto e lo segnaleranno come candidato.

Che ne pensa dell’ipotesi di liste elettorali transnazionali, con candidati pronti a presentarsi in paesi diversi dal proprio?

Sono favorevole. E lo sono anche all’elezione di commissari europei tra gli eurodeputati, perché ciò consentirebbe di sottrarre la loro nomina ai governi e di risolvere il deficit democratico, uno dei mali che al momento affliggono l’Europa.

Categorie
Tags
Ti è piaciuto questo articolo? Noi siamo molto felici. È a disposizione di tutti i nostri lettori, poiché riteniamo che il diritto a un’informazione libera e indipendente sia essenziale per la democrazia. Tuttavia, questo diritto non è garantito per sempre e l’indipendenza ha il suo prezzo. Abbiamo bisogno del tuo supporto per continuare a pubblicare le nostre notizie indipendenti e multilingue per tutti gli europei. Scopri le nostre offerte di abbonamento e i loro vantaggi esclusivi e diventa subito membro della nostra community!

Sei un media, un'azienda o un'organizzazione? Dai un'occhiata ai nostri servizi di traduzione ed editoriale multilingue.

Sostieni il giornalismo europeo indipendente

La democrazia europea ha bisogno di una stampa indipendente. Voxeurop ha bisogno di te. Abbònati!