L'atterraggio riuscito del lander Philae sulla cometa 67P (nella foto Esa), a mezzo miliardo di chilometri dalla Terra, e la riuscita della missione della sonda Rosetta, è un indubbio successo non solo per l’Agenzia spaziale europea (Esa) e un pochino anche per l’Europa tutta quanta — che in questo momento di profonda crisi economica e politica non guasta.
Non c’era probabilmente modo migliore per festeggiare i cinquant’anni dell’Esa e per coronare un progetto lanciato nel lontano 1984, con il programma Horizon 2000. All’epoca, oltre duemila scienziati europei fissarono le priorità per il ventennio successivo, fra le quali l’esplorazione delle comete, spiega su Le Monde l’astrofisico francese Roger-Maurice Bonnet.
Concepito per essere finanziariamente autonomo, il programma Rosetta, scrive Bonnet,
introdusse una rivoluzione dei metodi di lavoro sia della comunità scientifica che dell’Esa e dei suoi stati membri. Il programma diventò un riferimento europeo ed internazionale. Una volta accettato, suscitò l’interesse degli americani, dei giapponesi, dei russi e, più tardi, dei cinesi.
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La chiave stava nel contenimento del budget, che “spremette l’immaginazione degli scienziati e degli industriali per trovare soluzioni meno care per un risultato uguale o migliore”. La comunità scientifica europea “si è unita intorno a questo programma che gli ha garantito una indiscutibile reputazione internazionale, facendone un partner inaggirabile di altissimo livello”.
Il successo di Rosetta e di Philae dimostrano insomma che quando gli europei riescono a superare il limite dell’interesse nazionale per concentrarsi su un obiettivo comune, possono andare molto lontano. Gli scienziati ne sono stati capaci. Chissà se i loro dirigenti ne sapranno trarre ispirazione.