Voxeurop community Attacco contro Charlie Hebdo

L’“11 settembre della Francia”

Pubblicato il 8 Gennaio 2015 alle 21:35

L’attacco contro Charlie Hebdo che ha provocato dodici morti e almeno quattro feriti gravi il 7 gennaio mattina a Parigi non è soltanto il più micidiale attentato commesso in Francia negli ultimi quarant’anni, ma il più grave commesso in Europa contro un giornale. La sua portata simbolica, mantenendo le proporzioni, è paragonabile all’11 settembre per l’impatto che sta avendo sulla società francese e nel mondo. È anche un regalo per l’estrema destra e gli islamofobi e una coincidenza sconcertante.

Poco prima di mezzogiorno, almeno due uomini pesantemente armati hanno fatto irruzione nella sede del settimanale satirico e aperto il fuoco contro i giornalisti, i collaboratori e i disegnatori, prima di uccidere due poliziotti intervenuti sul posto e di prendere la fuga. Fra le vittime, il direttore della pubblicazione, Charb, e i disegnatori Wolinski, Honoré, Tignous e Cabu, cinque fra i più celebri ed apprezzati disegnatori francesi, e l’economista Bernard Maris.

Il presidente François Hollande si è recato sul posto un’ora dopo l’attacco e denunciato “un’eccezionale barbarie” che “aveva per bersaglio la libertà della stampa”, parlando di “un attentato terroristico”. Il governo ha indicato che il piano di vigilanza antiterrorismo Vigipirate è stato posto sul livello massimo — ”allerta attentati” — in tutta la regione di Parigi. Hollande ha anche detto che “40 persone” di cui non ha rivelato i nomi, sono state poste sotto protezione rinforzate.

Non è la prima volta che il settimanale fondato nel 1969 e sempre molto critico nei confronti delle religioni — di tutte le religioni — è bersaglio di un attacco, in particolare da quando, l’8 febbraio 2006, ha ripubblicato, in nome della libertà di espressione e di satira, le controverse caricature di Maometto (riprodurre dio o il Profeta è considerato blasfemo dall’islam) pubblicate originariamente dal quotidiano danese Jyllands-Posten e che avevano provocato una violenta polemica in Danimarca e in Europa. Nel novembre 2011, aveva rilanciato il dibattito sulla libertà di espressione e di criticare la religione pubblicando un numero speciale, Sharia Hebdo, dove il Profeta era rappresentato sulla copertina. Poco prima dell’uscita del numero un incendio doloso distruggeva la redazione, provocando un’ondata di solidarietà e di indignazione.

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Da allora, Charlie Hebdo è stato regolarmente il bersaglio di minacce, ricorda Le Monde: “il 22 settembre 2012 un uomo sospettato di aver lanciato un appello a decapitare il direttore della redazione su un sito jihadista è stato arrestato a La Rochelle”, nel sudovest della Francia.

Secondo alcuni testimoni, gli aggressori hanno gridato “Allah è grande” e “il Profeta è stato vendicato”. E qui sta il regalo insperato per l’estrema destra e gli islamofobi, a questo punto non solo in Francia, ma in tutta Europa. In Francia, dove vive la più importante comunità musulmana d’Europa (circa 5,5 milioni di persone su 63 milioni di abitanti), dove la laica “République” fa fatica a imporsi nei quartieri popolari e dove il Fronte nazionale di Marine Le Pen, che ha il vento in poppa, avrà gioco facile a cavalcare l’onda di indignazione che si sta levando. L’attentato è peraltro intervenuto pochi giorni dopo che la cancelliera tedesca Angela Merkel ha chiesto ai tedeschi a opporsi al movimento islamofobo Pegida.

Se la reazione di solidarietà è stata così forte in Francia e nel mondo, dove decine di migliaia di persone hanno dimostrato facendo proprio il motto “Je suis Charlie”, Io sono Charlie, è anche perché gli assassini hanno colpito uno dei pilastri della società francese sin dai tempi della Rivoluzione: “la libertà di espressione, di informare e di informarsi, di discutere e di criticare, di capire e di convincere”, come scrive Le Monde.

L’attentato è infine una coincidenza sconcertante perché proprio oggi è in libreria il libro più controverso del momento: l’ultimo romanzo del discusso Michel Houellebecq. Soumission (“Sottomissione”, Flammarion editore) è infatti ambientato nel 2022, in una Francia in cui un partito islamico sale al potere e impone la poligamia e il velo. Il narratore, scrive Libération, “è costretto a convertirsi all’islam per conservare il suo lavoro”. A Marine Le Pen invece il libro è piaciuto molto: “è una fiction”, ha dichiarato, “ma una fiction che potrebbe diventare realtà. È soprattutto il modo in cui descrive il comportamento dell’Ump e del Ps”, i due principali partiti francesi.

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