Non tradiamo la fiducia degli irlandesi

Pubblicato il 1 Giugno 2012 alle 14:17

L’Irlanda ha detto sì al trattato fiscale. Firmato a febbraio da 25 dei 27 stati dell’Ue, il patto rafforzerà la fiducia nella moneta unica e l’omogeneità dell’eurozona introducendo una maggiore disciplina - e qualche sanzione - nella gestione delle finanze pubbliche, e una maggiore sicurezza monetaria in cambio della cessione di un po’ di sovranità a Bruxelles.

Il voto, senza appello, è stato caratterizzato da un’astensione eccezionale - poco più della metà degli elettori si è recata alle urne, contro il 60 per cento registrato in occasione dell’ultimo referendum sul trattato di Lisbona - e da un’intensa campagna condotta dai due schieramenti.

Paradossalmente è stato proprio uno dei più convinti sostenitori del no, l’euroscettico uomo d’affari Declan Ganley, ad aver trovato le parole che descrivono meglio il significato del voto per gli irlandesi, che oggi sono il popolo con il più alto debito privato pro capite al mondo (più di 41.000 euro per abitante): “Con il loro sì gli elettori irlandesi hanno voluto dimostrare che si fidano ancora dei leader europei per gestire la vicenda”.

C’è bisogno di fiducia, in un momento in cui tutto lascia pensare che la situazione in Europa non migliorerà. A cominciare dalla disoccupazione, che negli ultimi mesi ha fatto segnare nuovi record, continuando con la crisi greca, che continua a minacciare la sopravvivenza dell’euro, per finire con la crisi bancaria spagnola, che potrebbe rendere necessario un piano di salvataggio da 300 miliardi di euro. C’è bisogno di fiducia anche per dare peso alla politica economica di istituzioni che non hanno la trasparenza e la democrazia tra le loro virtù principali.

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Gli irlandesi hanno deciso di fidarsi ancora dell’Europa, la stessa Europa che ha imposto loro condizioni draconiane per tirarli fuori dalla crisi del debito seguita agli anni della Tigre celtica. E l’Europa non dovrà tradirli.

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