Matrimonio per tutti

Pubblicato il 17 Agosto 2012 alle 13:24

Vivete in Belgio, in Danimarca, in Islanda, nei Paesi Bassi, in Norvegia, in Portogallo, in Spagna o in Svezia? Allora questo editoriale non vi interesserà. In questi paesi infatti le persone dello stesso sesso possono sposarsi. Negli altri paesi europei invece la questione ritorna regolarmente nel dibattito politico, sociale, in particolare all’indomani o alla vigilia delle elezioni.

In Francia per esempio il socialista François Hollande si era impegnato durante la campagna presidenziale ad “allargare il diritto al matrimonio e all’adozione alle coppie omosessuali”. E una volta eletto, ha annunciato una legge su questa materia “per la primavera 2013” e probabilmente otterrà anche i voti di parte della destra. In Finlandia un progetto di legge che autorizza il matrimonio fra persone dello stesso sesso è stato presentato nel marzo scorso. In Germania, dove la decisione della Corte costituzionaleimpone che le coppie dello stesso sesso devono avere lo stesso trattamento delle coppie eterosessuali, si fa fatica ad arrivare a una legge federale a causa dell’ostilità della destra e dei liberali al potere. In Lussemburgo il progetto di leggesul “matrimonio gay” dovrebbe essere votato nel corso del 2013. Nel Regno Unito infine, il governo aveva annunciato la sua intenzione di legalizzare il matrimonio fra persone dello stesso sesso “entro la fine della legislatura”. In altri paesi come l’Italia, la Polonia e la Grecia, il dibattito riguarda per ora i patti civili, prima tappa verso il riconoscimento del matrimonio.

Il dibattito, là dove è presente, è spesso appassionato se non incandescente. Ma secondo noi è viziato da un malinteso, che ritorna ogni volta che una questione sociale (aborto, divorzio, eutanasia, matrimonio omosessuale e così via) implica il coinvolgimento di convinzioni religiose. In realtà è possibile avere un approccio laico e liberale su questi argomenti. Anche se può infastidire le opinioni di alcune persone, il fatto di estendere i diritti a un’altra parte della popolazione non pregiudica i propri. Riconoscere un diritto non vuol dire renderne l’esercizio obbligatorio a tutti. Offrire una scelta non obbliga a scegliere. Opporsi a una misura che riguarda la sfera intima degli altri è di fatto una manifestazione di intolleranza.

Nel caso del “matrimonio gay” si tratta di mettere fine a una discriminazione che, nel momento in cui si ammette che due uomini o due donne possano voler vivere insieme, non ha più senso. Il Parlamento europeo non si era sbagliato votando nel 2003 una [risoluzione](http://www.europarl.europa.eu/omk/omnsapir.so/pv2?PRG=DOCPV&APP=PV2&LANGUE=FR&SDOCTA=6&TXTLST=1&POS=1&Type_Doc=RESOL&TPV=DEF&DATE=040903&PrgPrev=TYPEF@A5%7CPRG@QUERY%7CAPP@PV2%7CFILE@BIBLIO03%7CNUMERO@281%7CYEAR@03%7CPLAGE@1&TYPEF=A5&NUMB=1&DATEF=030904 –) che chiede agli stati membri di “abolire qualunque forma di discriminazione - legislativa o di fatto - di cui sono ancora vittime gli omosessuali, in particolare in materia di diritto al matrimonio e di adozione di bambini”.

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Gli avversari del “matrimonio gay” e dell’adozione da parte di coppie omosessuali dicono che questo minerebbe le basi delle nostre società, fondate sulla famiglia eterosessuale, e che avere dei genitori dello stesso sesso nuocerebbe alla stabilità dei figli. Ma nulla prova il primo postulato: il Belgio, i Paesi Bassi o la Spagna esistono ancora e rimangono stati democratici e pacifici. Quanto alla seconda motivazione, nessuno studio ha mai dimostrato che il fatto di avere genitori dello stesso sesso abbia avuto una qualche influenza negativa sullo sviluppo dei bambini.

Di fatto la domanda andrebbe capovolta: esiste una ragione oggettiva - a parte gli impedimenti legali - per vietare a due persone che si amano, indipendentemente dal loro sesso, di sposarsi?

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