Un brutto anniversario

Pubblicato il 15 Marzo 2013 alle 14:31

Il 15 marzo di due anni fa cominciava la contestazione contro il regime siriano di Bashar al Assad. Con il tempo quello che era partito come un nuovo atto della “primavera araba” si è trasformato in una guerra civile che ha già ucciso più di 70mila persone
Eppure ancora oggi l’Europa non riesce a trovare una posizione comune. Da maggio 2011 ha imposto un embargo commerciale (che comprende la vendita di armi) e sanzioni contro alcuni esponenti del regime (rafforzate in seguito), ma si tratta comunque di un compromesso al ribasso, e le posizioni dei diversi stati sono ancora molto lontane. Intanto i ripetuti appelli a Damasco affinché accetti un negoziato con i rappresentanti dell’Esercito libero siriano continuano a non sortire effetti, come anche gli inviti rivolti a Mosca perché smetta di sostenere politicamente e militarmente Assad.
Per ragioni strategiche e diplomatiche, un impegno militare terrestre è escluso. Sul campo intanto la situazione appare bloccata, e nessuno dei due schieramenti sembra essere in grado di ottenere una vittoria definitiva, anche se il regime, che continua a ricevere armi dall’Iran e dalla Russia, sa bene che il tempo gioca a suo favore. Intanto però il massacro di civili non si ferma.
In questo contesto, se l’Europa spera che la situazione si evolva in favore dei ribelli – a cui numerosi paesi hanno già riconosciuto l’autorità per governare legittimamente il paese – e che il regime avvii un negoziato con l’El, deve assolutamente modificare i rapporti di forza in favore dei ribelli. Per farlo, però, deve cancellare l’embargo sulla consegna di armi, come tra l’altro hanno chiesto per la prima volta il 14 marzo il primo ministro britannico e il presidente francese.
Diversi ammorbidimenti unilaterali dei criteri dell’embargo sono già stati discretamente attuati, ma molti paesi del nord, a cominciare dalla Germania, si sono opposti alla cancellazione completa. Come ricorda Le Monde, il loro timore è che “le armi possano finire in mano a gruppi jihadisti che potrebbero utilizzarle contro minoranze legate al regime e dunque contro gli interessi occidentali nei paesi limitrofi della Siria”.
In ogni caso sembra che qualcosa cominci a muoversi: al termine del Consiglio europeo del 14 e 15 marzo i leader Ue hanno chiesto ai ministri degli esteri di riesaminare a fine marzo l’embargo sulle armi per i ribelli. Londra spera che si possa raggiungere una posizione comune sulla cancellazione, ma Berlino ha riaffermato la sua contrarietà alla fine dell’embargo. È possibile che di fronte a un nuovo stallo Parigi e Londra ripetano lo schema libico e prendano l’iniziativa da sole? In questo modo si potrebbe risolvere la situazione in Siria, ma sarebbe l'ennesimo colpo a ciò che resta della diplomazia europea.

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