"In Europa i principi non sono più quelli di una volta", scriveva România libera alla vigilia del rinvio dell'adesione di Romania e Bulgaria allo spazio Schengen a causa dell'opposizione di Paesi Bassi e Finlandia, che chiedevano più garanzie in materia di lotta alla corruzione e alla criminalità. I governi di Bucarest e Sofia si sentono traditi, convinti di aver compiuto inutilmente gli sforzi richiesti dall'Unione. In ogni caso, al di là della prospettiva nazionale dei due paesi, c'è la sensazione che l'Europa sia diventata una sorta di labirinto dai confini ormai irriconoscibili.

Le frontiere esterne dello spazio Schengen sono sotto assedio sul versante greco e italiano, e vengono rafforzate a colpi di filo spinato (tra Grecia e Turchia) o di pattugliamenti marittimi intensivi (nel Mediterraneo), senza che ci sia un progetto complessivo a livello europeo. I confini interni, che in teoria dovrebbero ormai essere soltanto linee amministrative sostanzialmente simboliche, sono al centro di manovre che attentano al principio stesso dello spazio di libera circolazione. La Danimarca ha ristabilito i controlli alle frontiere, ufficialmente per combattere la criminalità transfrontaliera, e la Francia ha fatto lo stesso per impedire ai tunisini provenienti dall'Italia di entrare nel paese. Inoltre appaiono nuove e inattese frontiere di natura politica in paesi come Paesi Bassi, Finlandia e Danimarca, a causa delle pressioni del Pvv di Geert Wilders, dei Veri finlandesi o del Partito del popolo danese.

"Rimprovero all'Europa e all'Italia di dormire e di non rendersi conto delle forze nazionaliste e centrifughe che lacerano il continente. Non abbiamo ancora imparato la lezione dei Balcani: a una popolazione priva di punti di riferimento basta indicare un nemico per spingerla ad adottarlo come tale", avverte Paolo Rumiz. Avrebbe potuto aggiungere che l'Europa rischia di smarrire una parte della sua anima tra le sue frontiere più o meno malleabili. (traduzione di Andrea Sparacino)

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