La Fiat se ne va

Pubblicato il 4 Ottobre 2011 alle 11:44

"Confindustria, lo strappo della Fiat", titola Il Sole 24 Ore. L'amministratore della maggiore azienda automobilistica italiana Sergio Marchionne ha annunciato l'uscita del gruppo dalla confederazione degli industriali. Dopo mesi di attrito, la rottura è stata provocata dalla decisione di Confindustria di rinunciare alla norma sui licenziamenti introdotta dall'ultima finanziaria, in seguito allo sciopero generale proclamato il 6 settembre scorso dalla Cgil.

Il quotidiano di Confindustria condanna duramente la mossa "politica" di Marchionne e difende la scelta dell'accordo con i sindacati, "forze sociali più forti del più forte partito." La linea dura della Fiat sulla flessibilità in uscita potrebbe mettere a repentaglio la coesione sociale, "un valore per la competitività stessa dell'Italia. Se [nel nostro paese] non ci sono indignados fuori controllo come altrove, forse non è un caso".

Sull'altro fronte La Stampa, controllata dal gruppo Fiat, difende Marchionne e avverte che piegarsi ai sindacati significa "scegliere la strada del 'piccolismo', dell’irrilevanza internazionale, del Paese-museo". L'Italia deve decidere "se vuole cercar di giocare una partita economica di primo piano. Se lo vuol fare non potrà difendere i diritti attuali di tutti se non riducendo di fatto i diritti di chi è senza lavoro e delle nuove generazioni, come purtroppo sta succedendo".

In ogni caso si tratta di un "momento storico", scrive La Repubblica. "Per un secolo Fiat e Confindustria sono state una cosa sola. La prima sceglieva i presidenti della seconda. Un unico, vero Potere Forte, che condizionava i governi e ne orientava le politiche. [...] Mentre esce da Confindustria, la Fiat sembra fare un passo in più verso un'altra uscita, molto più significativa: l'uscita dall'Italia" più volte minacciata da Marchionne dopo l'acquisto della quota di maggioranza della statunitense Chrysler. La Fiat "ha scelto di scommettere tutte le sue carte solo sulla ruota americana di Detroit, e ha scelto di giocare la partita della concorrenza domestica solo sul piano dei tagli alla produzione e al costo del lavoro. [...] Dopo il divorzio da Confindustria, arriverà anche il divorzio dall'Italia".

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