Qualche mese dopo la crisi greca, e di fronte al rischio del crollo finanziario dell'Irlanda e altri paesi dell'eurozona, l'Unione europea sta mettendo progressivamente in atto nuovi meccanismi di coordinamento e controllo. Tuttavia ciò che l'Ue guadagna in sicurezza lo perde in termini di democrazia e partecipazione, commenta il Wall Street Journal. "L'obiettivo politico del progetto europeo sta per essere raggiunto, dopo essere stato messo da parte perché troppo complicato ai tempi della creazione della moneta unica", sottolinea il quotidiano economico statunitense. Ora "la supervisione non riguarderà solo il bilancio, ma anche tutti gli altri aspetti dell'economia dei paesi dell'eurozona. Si tratta di qualcosa che va ben oltre la condivisione della sovranità. Se [l'Europa] va avanti come un governo e parla come un governo, allora probabilmente è un governo".
"Ma cosa succederà quando un numero sufficiente di elettori in uno stato-nazione dell'eurozona dovesse decidere un giorno di cambiare governo?", si domanda l'editorialista Iain Martin. "Non parlo di una redistribuzione interna all'élite politica, condotta dal mercato dei titoli e dall'ortodossia della moneta unica, ma di un voto che prenda una nuova direzione verso destra o verso sinistra, una direzione che pretenda una politica economica indipendente. Può darsi che gli elettori di paesi come l'Irlanda resteranno calmi quando scopriranno che questa possibilità è stata confiscata dalla Bce e dall'Ue. Ma cosa accadrebbe se così non fosse?"
Lo scetticismo nei confronti del progetto europeo porta al nazionalismo e all'estremismo, ha dichiarato la scorsa settimana Herman Van Rompuy. Ma è anche possibile, prosegue il quotidiano, che concepire una nuova forma di governo che non abbia al centro la democrazia possa scatenare la collera degli elettori e fornisca ulteriore spazio di manovra agli estremisti".