Dopo un week end di violenze a Tripoli, EUobserver rivela l’esistenza di “un documento interno dell’Ue per ampliare la missione di confine Eubam” che prevederebbe “il rafforzamento del “livello operazionale” delle guardie di frontiera (Bg) e della guardia costiera (Ncg)”. Il sito d’informazioni spiega che Eubam sposterà sul campo i battaglioni Bg (9.000 uomini) e Ncg (6.500) – “sotto il comando diretto del capo di stato maggiore dell’esercito in Libia” – e li addestrerà in strutture sicure prima di impiegarli in azione.
Secondo EUobserver la “missione civile” sta effettivamente addestrando “unità paramilitari” in Libia. Il sito cita un portavoce del servizio estero dell’Ue, Michael Mann, secondo cui l’Ue non “sta facendo nulla di straordinario”:
La missione sostiene tutte le agenzie che gestiscono i confini e fornisce consulenza e appoggio sulle questioni legate alle frontiere, ma non sugli aspetti militari.
Eubam si unirà a una serie di programmi gestiti da Ue, Stati Uniti, Turchia e Emirati Arabi per favorire la stabilità in Libia. Secondo EUobserver questo obiettivo lodevole non è l’unica posta in gioco. Lo stato nordafricano produce attualmente “appena 700mila barili di petrolio al giorno, ma potrebbe tornare presto ai livelli antecedenti alla guerra (1,4 milioni di barili) se tutto andrà bene”. Tripoli ha anche “molti soldi da spendere”, e questo potrebbe interessare in particolare all’Italia, ex potenza coloniale che “prima della guerra consegnava alla Libia cento milioni di euro di armi all’anno”. E poi c’è la questione del controllo dei flussi migratori verso l’Ue.
Secondo il documento ufficiale visionato dal sito, l’Ue vuole costruire un’immagine positiva della Libia in cui “il popolo è molto grato” per l’aiuto degli europei nel rovesciare Gheddafi, ma in realtà soltanto il 50 per cento dei libici sa cos’è l’Ue”. In ogni caso le pubbliche relazioni rappresentano un aspetto minore dell’assistenza alla Libia, attualmente alle prese con un delicato processo di transizione. Come ha spiegato a EUobserver un diplomatico maltese, “l’Ue non può permettersi che la Libia diventi uno stato fallito”.