L’integrazione europea a rischio

L’Ue farà la fine della Jugoslavia o dell’Urss?

Pubblicato il 6 Febbraio 2015 alle 16:55

Disuguaglianze, estremismo e intolleranza sono in forte aumento e minacciano le fondamenta stesse dell’integrazione europea: così scrive John Feffer su Le Monde diplomatique. Feffer, direttore di Foreign Policy in Focus, lancia il monito che l’Unione europea “potrebbe seguire l’Unione Sovietica e la Jugoslavia nella discarica dei federalismi falliti”, qualora dovesse soccombere agli istinti separatisti che al momento stanno scuotendo il continente.

Feffer sostiene che dopo la Guerra fredda l’Europa avrebbe avuto successo là dove le grandi potenze avevano fallito, avrebbe fornito un modello di coesione sociale, di crescita con un’equa ripartizione degli utili e di rispetto della legalità. Anche se l’Ue ha ottenuto molto da allora, il suo mix un tempo prevalente di liberalismo di mercato e di integrazione regionale ha alimentato una forte opposizione. Per Feffer, l’Europa ormai si ritrova in un’epoca di estremi, e ciò in teoria potrebbe avere conseguenze di ampia portata:

Un’altra guerra estesa a tutto il continente potrebbe non essere in vista, ma di fatto l’Europa rischia un crollo di sistema, ovvero la fine della zona euro e l’abrogazione dell’integrazione regionale. Ci si può fare un’idea del suo possibile futuro distopico studiando gli eventi che si sono verificati nelle sue estreme propaggini orientali. Lì, nell’ultimo quarto di secolo, le strutture federali che tenevano insieme popoli culturalmente diversi hanno fatto registrare risultati negativi. […] L’Europa continuerà a esistere come continente. I suoi stati nazione continueranno a godere di diversi livelli di benessere. Ma l’idea di Europa giungerà alla fine. Peggio ancora accadrà se, alla fine, l’Ue ridurrà a una sconfitta la sua vittoria della Guerra fredda, perché non avrà nessuno fuorché sé stessa a cui imputare la colpa.

L’Ue è colpevole, sostiene Feffer, perché le sue politiche neoliberali nel periodo successivo alla Guerra fredda non hanno dato risposte soddisfacenti alle divisioni economiche e sociali. Mentre la Germania si permetteva di avere un ingente deficit per agevolare lo sviluppo dell’ex Repubblica democratica tedesca, la politica economica di default abbracciata dall’Ue è stata ispirata alla cautela fiscale a discapito della crescita, con “tutta un susseguirsi di terapie shock” per gli altri membri dell’Ue a rischio fallimento. Si è passati così da un’Europa senza alternative al neoliberalismo, a un’Europa oppressa degli estremisti che chiedono a gran voce di porre fine sia alla politica economica dell’Ue sia all’integrazione europea in generale. Viktor Orban, l’autoproclamato primo ministro “illiberale” dell’Ungheria ne è un esempio calzante. Minacce esistenziali di questo tipo al progetto europeo esigono un’azione politica concreta:

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L’unità nella diversità sarà anche un concetto affascinante, ma per rimanere coesa l’Ue ha bisogno di qualcosa di più delle belle parole e delle buone intenzioni. Se non saprà trovare una ricetta migliore per occuparsi concretamente di diseguaglianze economiche, estremismo politico e intolleranza sociale, i suoi oppositori presto avranno il potere effettivo di stravolgere e cancellare l’integrazione europea.

Traduzione di Anna Bissanti

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