Solo la democrazia può cambiare la democrazia

Pubblicato il 23 Maggio 2011 alle 14:01

Dopo i numerosi paragoni tra il movimento 15-M e le “rivoluzioni arabe” proposti dalla stampa, l’editorialista di El País Lluís Bassets riconosce che sebbene vi siano alcuni elementi in comune – “il cambio generazionale, l’uso dei social network e la crisi economica che fa strage di posti di lavoro e di speranze” – i suoi protagonisti non sono definiti con chiarezza, e neppure i suoi obiettivi.

Perché questa rivoluzione abbia scopi precisi, occorrerebbe avere obiettivi chiari, ambiziosi ma concreti, proprio come l’abbandono del potere da parte di Ben Ali o di Mubarak. I giovani arabi vogliono votare come noi, mentre i nostri chiedono di non votare. Questa è la differenza: quando una rivoluzione mette in discussione tutto, perde di vista il proprio obiettivo e finisce per non rimettere in discussione nulla e ritrovarsi senza uno scopo.

Bassetts analizza le rivendicazioni dei manifestanti – “cambiare la legge elettorale, organizzare le primarie, allontanare dalla politica i corrotti, più tasse per i ricchi e più servizi sociali per i poveri” – definendole “tutte lodevoli”. Ma ciò non ha niente a che vedere con la cacciata dei dittatori. “Come fare allora? Chi decide e mette in atto queste riforme? Come si può resuscitare concretamente una democrazia che presenta sintomi di anemia?” Pur affermando da un lato che questa rivoluzione non ha un obiettivo, dall’altro Bassetts ammette che “ha senso”:

La protesta è […] un sintomo e uno stimolo. […] Gli organizzatori, favorevoli al dialogo democratico e alla lotta pacifica, esercitano il loro diritto a manifestare ed esprimersi. Vogliono perfezionare il sistema, anche se danno l’impressione di volerlo attaccare. Fanno politica allo stato puro, anche se la si considera anti-politica. Vogliono far tesoro dello scontento e del malessere popolari. E possono ritenersi soddisfatti, perché ci sono riusciti. Ma le risposte alle numerosi questioni che pongono devono essere date prima e dopo le elezioni da parte dei dirigenti dei partiti politici. […] Noi dobbiamo eleggerli con maggior buonsenso e sottoporli a controlli più rigorosi, invece di lasciarli agire a loro piacere. Tuttavia sono soltanto loro a poter cambiare le cose che non ci piacciono. E perché possano farlo, occorre votarli.

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