I limiti dell’austerity

Dopo le dichiarazioni di Barroso sui limiti dell’austerity il dogma del rigore potrebbe essere ammorbidito. Economie con problemi diversi hanno bisogno di soluzioni differenti.

Pubblicato il 24 Aprile 2013 alle 15:31

I leader politici amano parlare regolarmente della diversità europea, e si fa spesso riferimento alle tradizioni culturali - per lo più ritenute interessanti e valorizzanti - che si sono sviluppate al di là delle frontiere nazionali. Ci si compiace di queste differenze e si chiede di conservarle. Tuttavia è interessante notare come ogni forma di interesse e di tolleranza scompaia non appena si parla di diversità economica.

Infatti in materia di politica di bilancio i responsabili economici sono per l'unità monolitica. Tutti i paesi membri, in particolare quelli dell'euro, devono soddisfare esattamente le stesse condizioni, e i risultati economici di ogni paese devono essere misurati sulla base degli stessi criteri. E poco importa se le tradizioni economiche europee sono molto diverse fra i vari paesi.

Ma nel contesto di crisi attuale l'idea che tutto debba funzionare sulla base dello stesso modello ha mostrato i suoi limiti. Il Portogallo, la Spagna, la Grecia e l'Irlanda hanno adottato vasti programmi di tagli e di riforme per risanare le loro finanze e soddisfare i criteri europei imposti a tutti. Ma questi piani non riescono a raggiungere i loro obiettivi. E i debiti continuano ad accumularsi.

Da un punto di vista strettamente economico è del tutto normale voler ridurre prima il proprio indebitamento per poi lanciare delle riforme per ottenere una crescita solida. Il problema è che di fatto questa strategia non funziona. Il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, non ha torto quando ammette che un'idea politica non deve solo essere valida ma deve anche essere accettata dai cittadini, altrimenti rimane inapplicabile.

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I socialdemocratici europei si sono subito congratulati con Barroso per essere finalmente uscito da un sonno profondo durato cinque anni. Una dichiarazione che può sembrare demagogica, ma che comunque ha il merito di essere vera.

Neanche la carta igienica

Ormai è evidente che nei paesi più in crisi non c’è nessun miglioramento: si riducono le spese e si votano delle riforme, ma nel frattempo aumentano i fallimenti delle imprese e la disoccupazione. Le strutture dello stato sono bloccate, le sentenze dei tribunali non sono più notificate perché le fotocopiatrici sono rotte, sul posto di lavoro i dipendenti devono portarsi le penne e i rotoli di carta igienica, e gli ospedali non hanno più riserve di medicinali. Oggi in Spagna un abitante su otto vive in povertà. Parliamo di situazioni che gli abitanti di altri paesi fanno fatica a immaginare.

Sulla base di questa constatazione possiamo trarre due conclusioni. È evidente che dall'oggi al domani i paesi della zona euro non possono rinunciare ai loro programmi di rigore e di riforme, perché questo indebolirebbe la fiducia nella moneta europea. Tuttavia alcuni aggiustamenti sono necessari: la Commissione europea può rendere più flessibili le regole del patto di crescita e di stabilità, per dare più tempo ai paesi in crisi per raggiungere i loro obiettivi. Inoltre sul lungo periodo bisognerà riflettere sulla validità di questo patto (incensato fino a poco tempo fa) e delle sue regole rigide e indifferenziate. La crisi lo dimostra chiaramente: nonostante la moneta unica, in Europa domina la diversità economica.

Dalla Spagna

Una luce da Barroso

Secondo Cinco Días in Spagna il clima economico resta “minaccioso”. Il ministro dell’economia Luis de Guindos ha dichiarato che il pil del paese dovrebbe calare dell’1,5 per cento nel 2013 anziché dello 0,5 per cento come previsto inizialmente. Il 26 aprile il primo ministro Mariano Rajoy presenta le nuove riforme per ridurre il deficit, e intanto il quotidiano economico scorge una luce nelle dichiarazioni del presidente della Commissione europea José Manuel Barroso:

Da Bruxelles arrivano voci che, pur senza mettere in dubbio l’obbligo di realizzare un risanamento di bilancio, cominciano a chiedere anche stimoli alla crescita economica. Sempre più segnali puntano in questa direzione.

L’economia tedesca, la più forte dell’Ue, comincia a soffrire per gli effetti della crisi, aggiunge Cinco Dias. Ad aprile l’indice pmi del settore manifatturiero e dei servizi è calato per la prima volta negli ultimi 5 mesi. Secondo il quotidiano

questo significa che la malattia che ha colpito le economie periferiche sta contagiando il cuore dell’Europa, e dunque potrebbe aprire uno spiraglio nel dogmatismo dell’austerity imposto da Berlino. […] A questo punto Bruxelles e i governi europei dovranno mostrarsi capaci di combinare con l’abilità degli equilibristi le politiche di riduzione del deficit e del debito pubblico con la realizzazione di misure che possano facilitare il cammino verso la crescita economica.

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