Nicosia, aprile 2013

Il bailout si fa sentire

La troika è sbarcata sull’isola per controllare l’applicazione del piano di salvataggio. Ma la gente ha già cominciato a provare le conseguenze del crollo del sistema bancario.

Pubblicato il 22 Luglio 2013 alle 15:40
Nicosia, aprile 2013

Il marito viene ad aprire la porta in mutande e ciabatte. La moglie è in camera, distesa su un letto sanitario reclinabile. È truccata, ha un po’ di ombretto e le labbra lucide. Barbara Pitsillides, l’infermiera, le porta un cuscino migliore. “Le sono passate le nausee?”, le chiede.

La signora non ricorda le nausee mattutine. La memoria le fa difetto. Le metastasi le sono arrivate al cervello. “La nostra battaglia dura da dieci anni e vogliamo che ne duri altri dieci”, precisa il marito, guardando la moglie che, silenziosa, gli rivolge un sorriso. L’uomo dedica ogni istante della sua giornata a prendersi cura della donna che ha sposato 40 anni fa. Ed è terrorizzato dall’idea di commettere il minimo errore.

La loro iscrizione all’Associazione dei malati di cancro e dei loro amici lo ha rincuorato. In qualsiasi istante, se ha un dubbio, può telefonare al team dell’associazione, la stessa che ha fornito loro il letto, la sedia a rotelle, la scorta di bombole di ossigeno.

Barbara non sa per quanto tempo ancora sarà possibile continuare l’ospedalizzazione a domicilio di coloro che tentano di sconfiggere il cancro. Le donazioni sono in caduta libera da marzo e dalla negoziazione, tra l’esecutivo della Repubblica di Cipro e la troïka (Commissione europea, Banca centrale europea, Fondo monetario internazionale) di un prestito di 10 miliardi di euro in cambio di una riduzione del settore bancario cipriota. Le attività della Laiki (la banca popolare di Cipro), la seconda per importanza nel paese, sono state ristrutturate tra “banca tossica” e “banca buona”. La prima è stata disgregata, la seconda assorbita dalla Banca di Cipro, la numero uno del sistema bancario cipriota. Si è attinto ai conti correnti oltre centomila euro, con perdite per gli azionisti come per i creditori.

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Barbara risale sulla sua vecchia automobile di servizio che ha parcheggiato davanti alla casa della coppia. Venti minuti prima era in compagnia di Nicolas Philippou, direttore generale dell’associazione, nella sua sede, un immobile in affitto alla periferia di Nicosia. “[[La situazione è molto difficile. Ci siamo già ridotti gli stipendi del 20 per cento]] per non dover lesinare sui nostri servizi”.

Oltre alle cure a domicilio, l’associazione dirige un centro di accoglienza diurno e offre sostegno psicologico, educazione sanitaria, psicoterapia e trasporto nei centri oncologici. “In tempi normali possiamo disporre sul nostro conto bancario di due-tre mesi di budget. Quando ci sono stati i tagli avevamo in un conto alla Laiki da 170mila euro. Poi ci è stato comunicato che da quel momento in poi ne avevamo soltanto 100mila. Tutto il resto era stato espropriato”.

Le autorità non hanno fatto distinzione tra conti a termine e conti correnti. E questo si è tradotto in un prosciugamento della liquidità in tutto il paese. In seguito “hanno deciso di fare qualche eccezione per le associazioni no-profit, e di prelevare soltanto il 30 per cento delle eccedenze oltre i centomila euro invece del 100 per cento. Siamo stati risarciti a maggio e abbiamo potuto pagare gli stipendi”.

Nelle due banche si trovava anche buona parte dei fondi di previdenza dei lavoratori. A Cipro, dove i sussidi di disoccupazione sono versati soltanto per sei mesi, numerosi datori di lavoro incoraggiano il personale a versare le loro quote su questi fondi comuni. Quando poi il lavoratore lascia l’azienda percepisce la somma totale corrispondente ai suoi versamenti, come forma di indennizzo. “Ma non sapevamo ancora quello che sarebbe successo a quei fondi” dice preoccupato Nicolas Philippou.

Lo stesso dramma ha colpito numerose aziende, come si capisce appena si entra nel Sindacato dei lavoratori del settore bancario di Cipro (Etyk) nella città nuova di Nicosia. Constantinos Hadjimavros, che lavorava alla banca Laiki da 13 anni, aveva messo tutti i suoi risparmi nei fondi di previdenza. Oggi ha paura. Aveva organizzato la sua vita intorno all’idea di avere un posto di lavoro a tempo indeterminato: lasciare la banca a 60 anni, come previsto dalle leggi dell’istituto bancario, percepire la parte di fondi che gli spetta e far fronte ai prestiti e al mutuo senza toccare una parte dei suoi soldi che gli consentirà di arrivare ai 65 anni e di ottenere la pensione di anzianità. “Il sistema funzionava così”, insiste.

Ma i tempi cambiano, e lo si vede anche solo andando a passeggio nella capitale, sotto un sole a picco. In viale Makarios, ci sono parecchie tende chiuse. Questi due chilometri di uffici, boutique di moda e grandi marche internazionali che Cipro aveva trasformato nella vetrina delle sue ambizioni, ormai girano al rallentatore. I negozi chiudono, lasciando il posto nella città vecchia a bar e caffè dove i ciprioti e gli stranieri si siedono davanti a un frappé di caffè o a un gelato.

Il vero nemico

Venuto fuori da chissà dove, c’è lo strano caffè del poeta Stavros Lambrakis. “Il conflitto con i turchi dopo l’invasione del nord dell’isola nel 1974 ha permesso di distogliere l’attenzione”, racconta questo giovanotto dal look trascurato e casual. “È servito da alibi. Tutti facevano di testa propria. Oggi la gente ha capito che il vero nemico sono le banche. Questo è l’unico aspetto positivo della crisi: la gente finalmente ha capito. L’aspetto negativo della crisi è naturalmente che la gente soffre”. Tutto il paese è in preda alla paura: “[[Nessuno sa cosa accadrà, ma la sensazione generale è che il peggio debba ancora arrivare]]. La situazione è disperata”.

Tra i tavolini del caffè gironzola un giornalista freelance che lavora per Al Jazeera, per il giornale Politis e per il sito internet cyprusnews.eu. Questi non sono tempi facili neanche per i giornalisti, malgrado la pressante necessità di informare. Ioannis Sotirioa non può fare altro che constatare un calo del numero dei suoi articoli e della tariffa che gli pagano per ciascuna cartella. Per cavarsela questo giovanotto basso, magro, con il cranio rasato e gli occhiali dalla montatura spessa al sabato si alza prima dell’alba per andare a vendere frutta e verdura al mercato.

L’agente di polizia Themis Themistoklis è molto arrabbiato con il governo. Doveva andare in pensione nel 2012, ma gli è stato consigliato di aspettare il febbraio 2013, così da compiere 56 anni. Il 28 dicembre 2012 è stata adottata una nuova legge sulle pensioni entrata in vigore il 1 gennaio precedente. “Avrei dovuto prendere 1.620 euro di pensione e me ne ritrovo 1.469, ovvero 151 euro in meno al mese. Ho fatto causa allo stato, e ho chiesto alla corte suprema di spiegarmi perché è stata adottata questa schifosa legge tre giorni prima di capodanno!”.

Il paese è vicino al tracollo. “I ciprioti stanno vivendo la loro ultima estate felice. Fino a settembre ci saranno i proventi del turismo”, prevede Themistoklis. “Ma in autunno, alla ripresa del lavoro e delle scuole, gli europei assisteranno a tutta la collera dei ciprioti. Su Euronews passeranno immagini ben diverse di Cipro”.

Dagli Stati Uniti

Lo scioglimento controllato dell’eurozona

“Lo scioglimento dell’eurozona è davvero cominciato, dopo che per tre anni i leader europei hanno fatto di tutto per scongiurarlo?”, si domanda il New York Times. Secondo il quotidiano americano dopo l’instaurazione del controllo dei capitali a marzo, che impedisce qualsiasi movimento fuori da Cipro, l’euro cipriota è diverso da quello del resto dell’eurozona.

Creata con l’annuncio del piano di salvataggio di Cipro per evitare una fuga di capitali, questa forma di controllo doveva durare una settimana. Invece è ormai in atto da quattro mesi ed è stata prolungata almeno fino alla ristrutturazione della Bank of Cyprus, prevista per fine settembre, e fino al ritorno della fiducia nel sistema bancario del paese.

Mentre il presidente Nikos Anastasiadis, citato dal quotidiano, sottolinea che il paese si trova di fatto già “fuori dall’eurozona”, l’economista e direttore del Cyprus International Institute Of Management Theodore Panayotou ipotizza che separare Cipro dal resto dell’eurozona è per i leader europei un modo di testare una moneta comune che di comune non ha più nulla.

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