Il fascismo sulla punta dei forconi

Le proteste degli ultimi giorni hanno colto quasi tutti di sorpresa. Ma dietro agli slogan contro le elite e l'austerità si nascondono inquietanti parallelismi con gli esordi del movimento che ha portato Mussolini al potere.

Pubblicato il 13 Dicembre 2013 alle 16:06

Aristocratici in Jaguar e contadini. Padroni e operai disoccupati. Autotrasportatori piegati dalle cartelle di Equitalia e nuovi ideologi del fascismo o ragazzi dei centri sociali di sinistra. Leghisti e grillini. Ex grillini e ex leghisti. Ex aderenti al Partito democratico (PD) e critici del suo nuovo segretario Matteo Renzi. Sindacalisti di base o ex sindacalisti Cgil. Oppositori del fisco e indipendentisti veneti. Immigrati e ultras di squadre di calcio. I

l movimento dei ”Forconi” che sta piegando l’Italia da Nord a Sud è un magma vulcanico. Un pentolone in ebollizione pieno di sigle e controsigle, politiche, sindacali e di disparate associazioni di protesta. Non ha collocazione politica ben definita, né un coordinamento centrale, né un leader carismatico che al momento possa traghettarlo. Non c’è una ratio insomma, ma solo ”spontaneismo” sostiene la maggior parte di loro.

I presunti capi sono ormai noti. Come Danilo Calvani ex piccolo imprenditore dell’ortofrutta o Lucio Chiavegato falegname veronese e responsabile del Life Veneto Beppe Grillo. Non c'è una regia comune. Le frange di destra hanno l'ordine di cantare solo l'inno nazionale, ma allo stesso tempo si ritrovano a fianco giovani tifosi delle curve che cantano contro la polizia. Dovevano essere a Roma durante il giorno della fiducia, ma proprio per questi problemi organizzativi hanno preferito posticipare la ”marcia” nei prossimi giorni.

Figli della recessione

Dal Piemonte al Veneto fino alla Puglia arriva uno tsunami che non ha né capo né coda, secondo i più audaci studiosi di storia ”simile per certi versi alle guerre di Vandea” in Francia al tempo della rivoluzione francese: all'interno non a caso c'è un corposo gruppo vandeano di nobili contadini, tradizionalisti monarchici e cattolici. Ci sono gli imprenditori che hanno dovuto chiudere per la crisi economica, come nel vercellese dove diverse aziende agricole sono scese in piazza, con i padroni e i lavoratori. Ci sono i padroncini che si ritrovano sulla scrivanie pile di cartelle di Equitalia che hanno portato al suicidio tanti loro colleghi.

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E ci sono i figli della recessione: secondo l’OCSE in Italia il tasso di disoccupazione giovanile è salito al 41,2% a ottobre, in decisa crescita rispetto al 40,05% di settembre. “La gente è determinata, abbiamo continue adesioni alle manifestazioni. Sono presenti tutti gli strati sociali, dottori, disoccupati, cassintegrati. Gente che si alza le mattine alle 4 e torna a casa la sera alle 10, e alla fine del mese non riesce comunque a far quadrare i conti, perché i soldi in tasca non ce li hanno” sostiene Luca Taddei del Coordinamento 9 dicembre (che appoggia la protesta dei forconi).

Il problema è fermare le frange più estremiste, gli infiltrati. Come nel caso di Torino, che, come ricordano alcuni parlamentari, è sempre stata nella storia la città dove sono cresciuti i movimenti di protesta, estremizzati negli anni ’70 dalle Brigate Rosse. A volersi infiltrare tra i forconi sono soprattutto i partiti politici. Matteo Salvini, neo segretario della Lega Nord [populista], è stato portato in trionfo fin sotto il Pirellone [sede del governo regionale della Lombardia, a Milano] dai Cobas del latte [sindacato autonomo dei produttori].

Così come Beppe Grillo ha chiesto alla polizia “di togliersi il casco e unirsi al popolo” in piazza. Silvio Berlusconi, leader di Forza Italia, avrebbe dovuto incontrare a Roma una delegazione di autotrasportatori, ma ha deciso di rinviare.

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