La “nostra” sicurezza?

Pubblicato il 14 Giugno 2013 alle 14:36

"È per la vostra sicurezza". Quante volte abbiamo sentito negli ultimi anni questa formula. Utilizzata per giustificare un rifiuto, un'attesa o un ostacolo ai nostri spostamenti, questa formula caratterizza ormai le nostre vite da quando è stata dichiarata la "guerra al terrorismo".

Ed è sempre per la "nostra" sicurezza - in realtà per quella dei cittadini degli Stati Uniti - che la National Security Agency (Nsa) spia le comunicazioni dei suoi connazionali e l'attività online di centinaia di milioni di persone all'estero (il programma Prism), con la complicità del Gchq britannico, come hanno rivelato il Washington Post e il Guardian in uno degli scoop più importanti di questo secolo. Il problema è che tutto quello che riguarda queste attività è coperto dal segreto: dai tribunali che autorizzano le intercettazioni ai deputati che seguono le procedure.

In democrazia le violazioni delle libertà sono ammissibili solo se i cittadini vi acconsentono, se possibile in modo consapevole, e possono esercitare un controllo attraverso degli organi rappresentativi. Ma se una maggioranza di americani ritiene che rinunciare alla loro vita privata sia un prezzo accettabile da pagare per la loro sicurezza, il discorso è diverso per gli europei. Infatti questi ultimi, oltre a essere l'obiettivo principale del programma Prism, non hanno alcun mezzo di controllo democratico sulle entità che li spiano. E ovviamente il loro consenso non è mai stato chiesto.

I rischi che tutto ciò può comportare sono troppo grandi per affidarsi solo alle buone intenzioni delle "grandi orecchie" americane e britanniche per evitare che abusino del loro potere. E la minaccia terroristica non può - come la guerra perpetua di 1984 - essere presa come eterno pretesto per giustificare il mantenimento di un dispositivo di spionaggio globale. Difficile resistere alla tentazione di utilizzare questo dispositivo ad altri fini molto più concreti, come lo spionaggio commerciale.

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Per questo motivo è di fondamentale importanza che l'Ue, una volta portata a termine il più presto possibile la revisione della direttiva sulla protezione dei dati personali, approvi rapidamente la riforma della sua legislazione in questo campo. Proposta nel 2012, la normativa è ancora oggetto di negoziati fra i Ventisette, che faticano a trovare il giusto equilibrio tra sicurezza e libertà.

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