L’Europa è unita nel fallimento

Secondo l’Agenzia europea per l’ambiente nessun paese Ue rispetterà gli obiettivi di riduzione delle emissioni fissati per il 2020. Se per alcuni l’asticella era stata posta troppo in alto, per altri anche un modesto miglioramento è un passo in avanti.

Pubblicato il 24 Ottobre 2013 alle 11:26

Inadempienti noi. Ma inadempienti tutti, in Europa. Una volta tanto. Certo, è una magra consolazione, perché il vecchio continente ben difficilmente centrerà i suoi impegni ambientali ed energetici (le due cose, come ormai sappiamo, vanno di pari passo) raccolti nel cosiddetto protocollo 20-20-20, ovvero nell'impegno a raggiungere in tutti gli Stati membri entro la fine di questo decennio l'obiettivo del 20% riduzione media delle emissioni rispetto al 1990 con una pari percentuale di incremento dell'efficienza energetica insieme al 20% nell'uso delle energie rinnovabili.
Fallirà il bersaglio, nel suo insieme, l'Europa. E nessun paese dell'unione riuscirà peraltro a rispettare insieme tutti e tre gli obiettivi della road map partita nel 2008, tirandosi fuori dal coro del fallimento. Ce lo dice il rapporto "Trends and projections in Europe 2013 - Tracking progress towards Europe's climate and energy targets until 2020" allestito dall'Agenzia europea per l'Ambiente.
L'Italia, in particolare? Nella nostra triste sequenza di violazioni degli impegni comunitari, che sul versante dei rifiuti ci sta portando proprio in queste verso l'ennesima procedura di infrazione, possiamo contare su qualche (magra) consolazione. Nel più che probabile fallimento degli obiettivi 20-20-20 l'Italia è in buona, anzi cattiva, compagnia. Tant'è che almeno sul versante energetico-ambientale sembrerebbe esclusa un'ulteriore procedura d'infrazione, visto che in questo caso dovrebbe colpire tutti i paesi dell'Unione con una punizione che la Ue auto-infliggerebbe a se stessa nella sua interezza. Ma guai, appunto, a consolarci.
Da quel che si ricava dal rapporto dell'agenzia europea per l'ambiente siamo, noi italiani, apparentemente in linea con la riduzione delle emissioni, ma solo perché la crisi economica taglia i consumi. Nell'efficienza (versante sul quale sembravamo teoricamente ben messi) altri fanno meglio, e noi ce la caviamo comunque male. Mentre raggiungeremo forse il target di incremento della quota delle rinnovabili, l'unico dei tre, ma solo perché ci stiamo dissanguando con incentivi e sussidi alle fonti verdi, con una vistosa dispersione delle risorse che ormai è sotto gli occhi di tutti.
Per l'insieme dei paesi europei la meta più distante appare quella del taglio dei consumi energetici del 20%. Ad oggi si avvicinano, nella progressione del camino stimata dall'agenzia, solo 4 dei 26 Stati che hanno sottoscritto l'obiettivo (vanno escluse Croazia e Slovenia, che non hanno sottoscritto). Ok per la Francia, la Germania, la Bulgaria è la Danimarca. Dove evidentemente le politiche fiscali e industriali a sostegno dell'efficienza hanno funzionato. E comunque, come indica lo studio, i consumi europei di energia primaria nel 2020 si avvicineranno, crisi o non crisi, ai 1.500 Mtep (megatep, ovvero milioni di tonnellate equivalenti di petrolio). Rendendo l'obiettivo di riduzione decisamente fuori portata.

Un aiuto dalla crisi

Globalmente l'Europa si avvicina all'obiettivo del 20% di abbattimento delle emissioni di Co2 (la proiezione indica -18%) sono grazie alla crisi che rallenta le macchine dell'economia e dello sviluppo. Ma anche su questo versante il cammino è disomogeneo. La metà degli Stati, 14 su 28, si sta mantenendo in linea con l'impegno e quindi potrebbe centrare l'obiettivo. Ma fuori target sono Spagna, Belgio, Irlanda, Lussemburgo, Austria, Estonia e persino la verde Finlandia. E anche gli altri, Italia compresa, potranno raggiungere gli obiettivi - ci dice il rapporto dell'agenzia europea per l'ambiente - solo rafforzando le iniziative in corso.
Ognuno per la sua strada anche nella corsa per raggiungere il 20% di energia da fonti rinnovabili. Il dato europeo globale è un po' vecchiotto: nel 2011 le rinnoivabili potevano vantare il 13% rispetto ai consumi finali. Un dato che sembrava quasi in linea con l'obiettivo intermedio al 2020. Ma anche qui la corsa è a più velocità. A mostrare una progressione sotto il minimo dovuto sono la Francia (con buona pace di chi chiede, senza successo, di comprendere il nucleare lì egemone nel novero delle energie eco-compatibili) oltre a Belgio, Inghilterra, Olanda, Malta e Lettonia.
Domanda: aveva forse ragione che diceva fin dall'inizio che il pacchetto 20-20-20 in realtà un esercizio irrealistico è troppo velleitario? O ha comunque ragione chi sostiene che anche una corsa parziale in quella direzione può essere considerata un successo?

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