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Le celebrazioni per la giornata dell'Europa, il 9 maggio 2014, a Chisinau.

Non resteremo alle porte dell’Ue

In occasione del suo insediamento, il nuovo presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha affermato che durante il suo mandato non ci saranno ulteriori allargamenti. La sua posizione è dettata dagli eventi in Ucraina ed è destinata a cambiare, dichiara uno scrittore moldavo.

Pubblicato il 26 Luglio 2014 alle 17:15
Le celebrazioni per la giornata dell'Europa, il 9 maggio 2014, a Chisinau.

Noi moldavi viviamo assillati dalle nostre preoccupazioni interne (la fermata dei minibus, gli scismi dei comunisti dell’ex presidente Vladimir Voronin, e così via), ma anche dalla guerra scatenata dalla Russia in Ucraina. È normale, perché è impossibile ignorare ciò che accade in casa propria, né far finta di non capire che cosa sta accadendo dai vicini.

Nel frattempo, l’Europa ha eletto un nuovo Parlamento e si sono combattute violente battaglie per i posti dei commissari nell’esecutivo europeo. Noi speriamo di disporre, nella nuova legislatura di Bruxelles, del massimo numero possibile di amici e sostenitori, come accadde nel precedente parlamento, quello che ha incoraggiato e reso possibile la firma dell’Accordo di Associazione.

Purtroppo, nel suo discorso d’insediamento, il nuovo presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker ha pronunciato una frase a dir poco infelice per i moldavi. Ha detto infatti: “Nei prossimi cinque anni non ci saranno ulteriori allargamenti […]. L’Ue deve prendersi una pausa nel suo processo di allargamento, per consolidare ciò che è stato fatto nei Ventotto”.

Non intendo esprimere un giudizio sulla saggezza della formula utilizzata dal nuovo presidente della Commissione, né mi chiedo se per un solo istante egli abbia pensato che con le sue parole stava soffocando le aspirazioni di milioni di europei dell’est che vivono sotto la minaccia diretta della Russia. Questa minaccia non si traduce semplicemente in aggressioni armate, come in Ucraina, ma anche in embargo economici, in un’offensiva di propaganda virulenta e fascistoide, in operazioni segrete di sabotaggio, nell’istigazione di movimenti separatisti locali, e così via. L’arsenale a disposizione è considerevole e sembra non esaurirsi mai.

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La dichiarazione del nuovo presidente della Commissione potrà scoraggiare gli sforzi riformistici della Repubblica della Moldavia, intrapresi da un governo che ha messo in gioco la propria credibilità nel nome dell’idea europea, e potrebbe anche apportare nuove motivazioni alle forze filorusse del nostro paese.

Al tempo stesso, non vorrei fare drammi sulle dichiarazioni di Juncker: è evidente infatti che esse vanno inquadrate in quel momento particolare, solenne, regolato da protocolli, nel quale ha lanciato un appello alla conciliazione ai populisti euro-scettici che hanno vinto parecchi seggi a Bruxelles. L’integrazione europea della Repubblica della Moldavia, per quanto strano ciò possa sembrare, dipende in gran parte da noi. Noi soli, infatti, potremo con il nostro voto [alle elezioni legislative] del novembre 2014 portare al governo forze in grado di dar vita a una nuova coalizione filo-europea. Questo sarà la nostra argomentazione davanti agli euro-scettici di casa nostra e all’estero.

Noi siamo protetti dall’Ucraina, dove si è veramente versato sangue per l’idea europea. Noi saremo aiutati da un gruppo di paesi membri dell’Europa centrale, con il suo zoccolo duro formato da Polonia, Paesi Baltici e Romania, che sosterranno con determinazione la causa della Repubblica della Moldavia. E non dimentichiamo il contributo essenziale degli Stati Uniti che, al di là degli scandali legati allo spionaggio e alla caccia alle “talpe” russe infiltrate nelle cancellerie occidentali, hanno anche loro voce in capitolo nella politica europea.

L’evoluzione degli eventi in Ucraina può cambiare l’atteggiamento disfattista di Bruxelles. Le previsioni di Juncker sono inevitabilmente momentanee e di circostanza in un’Europa la cui agenda è redatta da una Russia totalmente fuori di senno.

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