Il 15 luglio Mariano Rajoy ha escluso le sue dimissioni, che l’opposizione aveva richiesto 24 ore prima. Ma non l’ha fatto né davanti al parlamento né nell’ambito di una spiegazione dettagliata sul caso Bárcenas, bensì in occasione di una conferenza stampa con il primo ministro polacco. Per di più la sua dichiarazione era stata preparata in anticipo. Il capo del governo sa bene che non è questo che ci si aspetta da lui e che non potrà sottrarsi all’obbligo di fornire spiegazioni davanti al parlamento.
Rajoy ha fatto questa dichiarazione nel giorno stesso in cui l’ex tesoriere del Partito popolare (Pp) confermava davanti al giudice Pablo Ruz il suo cambio di strategia. Se prima negava di avere a che fare con i documenti contabili pubblicati su questo giornale il 31 gennaio, Bárcenas non soltanto ha ammesso di esserne l’autore, ma ha anche dichiarato che quegli scritti documentano un sistema ben organizzato di corruzione da parte del Pp, alimentato da fondi neri.
Tra i beneficiari egli ha escluso José María Aznar, anche se ha puntato il dito contro Rajoy e María Dolores de Cospedal [segretaria generale del Pp], che egli accusa di aver intascato somme ben precise, anche se non ha conservato le corrispondenti ricevute. Invece ha fornito un documento riguardante il versamento di 200mila euro all'ex amministratore del Pp a Toledo, probabilmente in cambio di un contratto di riciclaggio di denaro sporco, risalente al tempo in cui il presidente del Pp di Castiglia-La Mancia era Cospedal. L’interessato ha smentito categoricamente l’accusa e ha definito le accuse di Bárcenas “calunnie e menzogne”.
[[La giustizia deve seguire il suo corso con determinazione]]. Ma le spiegazioni di cui i cittadini hanno bisogno vanno al di là del lavoro dei magistrati. Le incognite si moltiplicano ora che Bárcenas è stato ascoltato dal giudice, lasciando intendere sempre più una complicità con l’ex tesoriere del Pp e gravi sospetti sull’esistenza di un sistema di finanziamento segreto. Dare a intendere che non ci siano connivenze con Bárcenas col pretesto che egli è dietro le sbarre è non soltanto un’assurdità, ma anche un argomento pericoloso in bocca ai dirigenti politici, perché significa che l’esecutivo può decidere chi mandare in prigione e chi lasciare in libertà.
Rajoy si nasconde dietro la stabilità politica e lascia intendere che essa è una condizione necessaria per la realizzazione del programma di riforme del suo governo. Con questo atteggiamento tenta di condurre il dibattito sul classico terreno della discussione tra governo e opposizione. Ma non l’ha fatto in parlamento, luogo di incontro naturale tra maggioranza e minoranza e sede della sovranità. Rajoy fa bene a non discuterne in pubblico con l’ex tesoriere né con il suo entourage, ma affinché ciò sia accettabile agli occhi dei cittadini deve fare in modo che le sue dichiarazioni siano ascoltate formalmente in parlamento, come accade nei paesi nostri vicini.
Il problema continua a porsi negli stessi termini di prima della conferenza stampa di ieri, e l’unico vantaggio temporaneo di cui Rajoy può avvalersi è il fatto che l’opposizione è divisa sulla strategia da seguire. Il capo del governo cerca di resistere e guadagnare qualche altra settimana o mese di vita politica a furia di scappatoie. Ma si tratta di un sistema inutile di fronte alla gravità dei sospetti dei cittadini.
Confronto
Un ricatto che minaccia il paese
“Rajoy non cede al ricatto di Bárcenas e dei suoi complici”, titola Abc denunciando una campagna per far cadere il primo ministro orchestrata con la complicità di alcuni giornali tra cui El Mundo, altro quotidiano conservatore.
Abc ricorda tra l’altro che il direttore di El Mundo, Pedro J. Ramírez, ha incontrato Luis Barcenas e lo ha aiutato a trovare un nuovo avvocato. Al di là della polemica, sottolinea l’editorialista del quotidiano Ignacio Camacho,
il problema per la nazione è che l’assedio a Rajoy compromette la stabilità istituzionale in un momento critico. In queste condizioni è impossibile governare, e se il governo cade ci sarà un terremoto dalle forti implicazioni geopolitiche. Mentre l’Europa soffre per la sua debolezza strutturale, la Spagna è l’unico paese del sud il cui governo ha la maggioranza assoluta. Le conseguenze di una cambio nella legislatura somiglierebbero molto a un disastro.