Attualità Violenza contro le donne

Prevenire la violenza di genere usando i Big Data

La mancanza di standardizzazione delle denunce e le differenze culturali tra i paesi del Nord Europa e quelli dell’Est complicano gli sforzi per giungere a un’efficace risposta contro la violenza di genere.

Pubblicato il 23 Novembre 2018 alle 10:19

Nei Paesi del nord Europa si tende a denunciare le violenze contro le donne in percentuale maggiore rispetto ai paesi europei meridionali e orientali.
Secondo gli ultimi dati Eurostat, Norvegia, Regno Unito e Austria hanno registrato nel 2016 l’aumento più notevole dei casi di stupro o aggressione sessuale ogni 100mila abitanti rispetto al 2010. Questi dati dovrebbero in ogni caso essere analizzati con cautela.

Therese Murphy, direttore operativo dell’Istituto europeo per l'uguaglianza di genere (Eige), ha spiegato a VoxEurop che “i paesi nei quali la fiducia verso le istituzioni è alta le denunce di casi di violenza [contro le donne] sono maggiori in proporzione.”

Le società con un livello più alto di istruzione e nelle quali è significativamente più forte la consapevolezza delle problematiche di genere, tendono anche a denunciare i casi di violenza domestica ad opera del partner più di frequente rispetto a quelle società in cui le persone “non parlano delle aggressioni contro le donne e determinati livelli di violenza sono addirittura accettati”, illustra Murphy.  

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Una ricerca realizzata nel 2014 dall’agenzia europea per i diritti fondamentali (Fra)  ha rivelato che un terzo delle 42mila donne intervistate nei 28 stati membri ha denunciato episodi di sofferenza o violenza fisica e/o sessuale a partire dai 15 anni. Inoltre, solo il 14 per cento delle donne afferma di aver denunciato alla polizia il più grave episodio di violenza domestica da parte del coniuge.

In ogni caso, le mancate denunce di violenza sono soltanto uno degli ostacoli per comprendere il tenore del problema: la mancanza di dati accurati, esaurienti e standardizzati per tutta l’Unione europea rende difficile sviluppare una strategia efficace ed efficiente che elimini la violenza di genere.

Per stimare “le risorse necessarie a risolvere [il problema], prima devi poterne determinare la grandezza”, afferma Therese Murphy, che aggiunge: “È questa una delle principali ragioni per cui il quadro strategico dell’Eige 2015-2018 si concentra sulla raccolta dei dati”.

“Cerchiamo di aumentare la conoscenza e la comprensione di quanto le violenze di genere siano davvero più frequenti e quali possibili rimedi sarebbero necessari  per rimuoverle”, spiega Murphy.

L’Eige sta collaborando con la polizia e i servizi giudiziari e statistici nei 28 stati membri per standardizzare e armonizzare le norme e le procedure. L’obiettivo è risolvere i problemi causati dai differenti metodi di raccolta dei dati usati da ogni paese, ma anche le differenze nei sistemi legali e le problematiche a livello culturale. “Se gli stati membri raccoglieranno i dati in basi agli indicatori proposti e alle modalità suggerite, saremo in grado di paragonarli”, ha spiegato il direttore operativo dell’Eige. In ogni caso è difficile prevedere il tempo necessario per  raggiungere questo scopo perché l’attuazione dipende dai singoli paesi.

Secondo Murphy, sono i paesi dell’ex blocco sovietico e altri nuovi stati membri quello che hanno la strada più lunga da compiere; allo stesso tempo paesi come Spagna e Italia, in ragione della pressione finanziaria, devono anch’essi “affrontare una grossa sfida nonostante gli enormi sforzi”.

Murphy ha anche sottolineato l’importanza di spingere i paesi a ratificare la Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domesticaQuesto accordo obbliga i paesi firmatari a modificare la propria legislazione in materia, fornisce servizi e promuove iniziative per evitare la violenza contro le donne; allo stesso tempo monitora i progressi compiuti e ne verifica la realizzazione.

Secondo il Consiglio d’Europa, a novembre 2018 i paesi europei che hanno firmato la Convenzione di Istanbul ma non l’hanno ancora ratificata sono Irlanda, Regno Unito, Lettonia, Lituania, Bulgaria, Repubblica Ceca e Slovacchia.

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