Idee L’editoriale di VoxEurop

Risveglio amaro

La Brexit è alfine avvenuta. Quale responsabilità hanno avuto i mezzi d'informazione in questa sventura democratica?

Pubblicato il 1 Febbraio 2020 alle 10:09

gp82rndcopyIl 1° febbraio 2020 l'Europa non è implosa, ma il risveglio ha un sapore amaro. La Brexit è avvenuta; il Regno Unito non fa più parte dell'Unione europea. Nei 1.317 giorni che hanno seguito il referendum col quale una (piccola) maggioranza dei britannici ha scelto di tagliare i ponti con l'Ue, quasi tutto è stato detto sull'argomento, le sue cause, il suo impatto e le sue conseguenze, compreso nelle nostre pagine.

Non è i caso di tornare qui sulla campagna che ha portato al fatidico voto, sulle trattative che sono seguite o sull'incredibile confusione che ha segnato il corso dell'accordo sull’uscita nelle istituzioni britanniche. Resta il fatto che, pur non contestando l'esito del referendum, questa vicenda sarà studiato in futuro come un caso da manuale di fallimento democratico e, per la parte che ci interessa, dell'incapacità dei mezzi d’informazione nazionali di svolgere uno dei loro ruoli essenziali: fornire ai cittadini gli strumenti per aiutarli a fare scelte informate.

Mentre non si possono (fino a un certo punto) rimproverare i politici di aver fatto prova di astuzia per convincere gli elettori, i giornali avevano il dovere di smascherarli quando ingannano i cittadini, e di stabilire o ristabilire i fatti. Eppure i dibattiti e le discussioni sulla Brexit prima e dopo il referendum hanno rivelato una diffusa e profonda ignoranza su come funziona e cosa fa l'Europa – e non solo tra i principali interessati, i Britannici.

I sostenitori di "Leave" hanno avuto così gioco facile nel convincere un'opinione pubblica che si è nutrita per decenni di un'eurobashing spesso rozzo. Un compito reso ancora più facile dal fatto che erano aiutati in questo da una stampa che, quando non ha sostenuto apertamente la Brexit, aveva difficoltà a farsi sentire, o non era in grado, spesso per mancanza degli strumenti necessari, di denunciare le bufale più palesi.

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Le lezioni da trarre da questa vicenda per quello che ci interessa sembrerebbero banali se non fossero drammaticamente urgenti: per contrastare le bufale con l'indiscutibile solidità dei fatti, i giornalisti devono padroneggiare questi ultimi. Eppure sono ancora troppo pochi i reporter in grado di raccontare e spiegare l'Europa e l'Unione europea. Per mancanza di formazione e di competenze, e, per quanto riguarda le redazioni, per pigrizia, ignavia o pregiudizio, si dà troppo poca importanza alle notizie europee. Di conseguenza, i politici senza scrupoli hanno il campo libero e, non avendo accesso a informazioni corrette ed esaustive, i cittadini sono in balia dei cliché, della disinformazione, delle bolle di filtraggio e delle manipolazioni.

Proprio come i britannici, i cittadini europei hanno diritto a un'informazione di qualità e onesta – non neutra, si badi – che li avvicini gli uni agli altri e alle loro istituzioni comuni, anche se e quando queste ultime devono essere criticate e messe in discussione. Questa è la condizione essenziale per la creazione di una vera democrazia europea e di uno spazio pubblico comune, ed è per questo che, insieme a molti partner e attori in tutta Europa, saremo più che mai attenti e mobilitati.

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