Ormai ne abbiamo la prova: Herman Van Rompuy non rischierà mai di fermare il traffico a Washington. Al summit sulla sicurezza nucleare del 12 e 13 aprile non si è meritato nemmeno un breve incontro privato con Barack Obama, che si è limitato a stringergli la mano. Un’ulteriore affronto all'autorevolezza dell'Europa. Obama si è rifiutato di partecipare al vertice Ue-Usa che si terrà a maggio a Madrid. In seguito, non ha invitato alcun rappresentante ufficiale dell’Ue alla firma del trattato Start III sul disarmo nucleare a Praga. E adesso arriva questa ulteriore umiliazione.
Malgrado tutto, gli europei potrebbero anche vedere le cose da un’altra prospettiva: per questo ultimo summit il presidente statunitense aveva invitato 46 rappresentanti di vari paesi, i dirigenti delle Nazioni Unite, i vertici dell’Aiea, l’agenzia internazionale per l’energia atomica e Herman Van Rompuy. Quest’ultimo era l’unico personaggio a rappresentare un blocco regionale di paesi, in un certo senso una forma di riconoscimento del carattere unitario dell’Ue. In nessun'altra regione del mondo, infatti, esiste un’integrazione così profonda tra un gruppo di stati.
Tempi ristretti
Ma il summit non era un incontro di società: Obama voleva arrivare al dunque e ottimizzare il proprio tempo. Per questo ha scelto di ricorrere agli incontri bilaterali. Il Kazakistan, il Sudafrica e l’Ucraina sono stati ricompensati per aver rinunciato alle loro armi atomiche. Altri paesi – come Turchia, Giordania, India e Pakistan – sono interessati da conflitti che vedono coinvolti gli Stati Uniti o nei quali Washington riveste un ruolo di mediatore. Per quanto riguarda la Cina, Obama e il suo omologo Hu Jintao sono in disaccordo sulle sanzioni contro l’Iran e la svalutazione del renminbi, la valuta cinese. Quanto all’Ue, la cooperazione con gli Stati Uniti è buona e non ci sono tensioni di rilievo. Il problema semmai è che Obama ha ricevuto a quattr’occhi Angela Merkel e non il “presidente” europeo. Con la cancelliera tedesca il presidente si è intrattenuto a lungo, parlando di Iran, Medio Oriente, Afghanistan e smantellamento delle armi nucleari tattiche tedesche.
Van Rompuy non può prendere la parola a nome dell’Ue se il Consiglio europeo non gli conferisce un apposito mandato. In altre parole: Van Rompuy deve portare i 27 a un consenso sugli argomenti da affrontare. Ciò richiede tempo, e non bisogna dimenticare che sono appena cento giorni che ha assunto la sua nuova carica. Il trattato di Lisbona è entrato in vigore soltanto il primo dicembre e le nuove istituzioni non sono ancora rodat. Oltretutto, il trattato non è quello che si potrebbe dire un modello di chiarezza: le competenze dei nuovi eletti non sono chiare, e le interpretazioni sono a volte confuse. Soprattutto per quanto riguarda il nucleare i ruoli sono poco definiti sul piano giuridico. Alcuni reputano che Van Rompuy abbia un mandato preciso e fanno riferimento al trattato Euratom e alla politica europea in materia di sicurezza dei materiali nucleari. Altri invece credono che non sia stato ancora delineata con precisione una posizione comune.
L'autorità non manca
"Non deve stupire che gli americani guardino da che parte soffia il vento", commenta Hendrik Vos, professore all’Università di Gand. Secondo i diplomatici europei residenti a Washington, il governo statunitense non ha ancora familiarità con la nuova compagine istituzionale dell’Ue. João Vale de Almeida, il nuovo ambasciatore Ue a Washington, avrà molto da lavorare.
Van Rompuy “non ha un mandato giuridico, ma in quanto presidente del Consiglio europeo rappresenta l’Ue all’estero", dice Vos. "Ha un’autorità sufficiente per poter parlare a nome dell’Ue anche senza autorizzazione”. Se alla fine del suo mandato Van Rompuy dovrà ancora accontentarsi di una semplice stretta di mano del presidente statunitense invece di un vero e proprio colloquio, allora avrà fallito. E data l’importanza che gli americani attribuiscono alle buone relazioni diplomatiche, l'Europa avrà di che preoccuparsi. (ab)
Security Summit
La minaccia nucleare aumenta
Il 12 e 13 aprile si è svolta a Washington la più grande riunione di leader mondiali negli Stati Uniti degli ultimi 60 anni, scrive l'Independent. Al Washington Security Summit i rappresentanti di 47 nazioni hanno firmato un accordo per impedire che le armi atomiche finiscano in mano ai terroristi. I capi di governo si sono impegnati a "mettere al sicuro entro quattro anni gli arsenali nucleari di oltre quaranta paesi, tra cui i residui della Guerra fredda." Secondo il quotidiano di Londra "il materiale a rischio sarebbe sufficiente a costruire tra le 100mila e le 200mila bombe". I consulenti per la sicurezza di Washington ribadiscono che l'acquisto di materiale nucleare rubato è una priorità assoluta per Al Qaeda, mentre Barack Obama ha dichiarato che "anche se il rischio di una guerra nucleare tra due nazioni si è molto ridotto, quello di un attacco nucleare terroristico è cresciuto." Dal 1993 sono stati documentati ben 15 tentativi di contrabbando di materiale fissile. Il 12 aprile la Georgia ha informato il Security Summit di aver sventato un piano criminale per la vendita di uranio arricchito.
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