Il futuro del pianeta è nelle mani dei nostri giovani

Cambiare il modello economico e investire sulla salvaguardia dell'ambiente è più che mai un’evidenza. Lo hanno capito i ragazzi e delle ragazze che, forti di una nuova mentalità, sapranno “sporcarsi le mani” per invertire la rotta, scrive Giuseppe Vasura, membro di Voxeurop.

Pubblicato il 17 Agosto 2020

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Le previsioni sono fatte per essere smentite, ma visto che all’oggi si è rivelata una “mission impossible” cambiare le abitudini dei miliardi di persone che hanno complicato i delicati rapporti fra uomo e natura, il futuro che ci attende passerà da come i nostri ragazzi e ragazze, cresciuti con una sensibilità per la natura che noi genitori non avevamo, intenderanno “sporcarsi le mani” per difendere l’ambiente. 

Non è dato di sapere, ma di sicuro il loro cammino sarà fatto di tanti piccoli passi, nessuno risolutivo, eppure tutti d’utilità a quegli statisti, e non ai politici che sono interessati solo alle elezioni, che si occuperanno dei problemi da affrontare anche a costo di far rivoluzioni col loro carico di “morti e feriti”, come quando è stata introdotta l’automobile e quelli che conducevano le carrozze persero il lavoro. I Governi devono trovare oggi le soluzioni per il domani, a cominciare dal disintossicarsi dal carbone che, per definizione, è sporco: bisogna smettere di bruciarlo per rivolgersi ad altre fonti di energia alternative, che si tratti di  eolico, solare o altro. 

Servono statisti e non politici anche per l’altro pericolo, ovvero il CO2, gas tra i maggiori responsabili dell’effetto serra, che non si deve più buttare nell’ambiente, a cominciare dagli oceani che sono il 75% della superficie terrestre. Più CO2 si immetterà più gli oceani diventeranno acidi e, lentamente verrà provocata un’atrofizzazione delle barriere coralline, che sono alla base della catena alimentare. Inoltre, come qualsiasi corpo che viene scaldato, aumenteranno di volume facendo finire sott’acqua non solo qualche migliaio di anonime isolette del Pacifico, ma aree popolate da decine di milioni di persone, come il Bangladesh, per esempio.

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Una categoria, quella degli ecologisti, che almeno in Italia ha sempre avuto poco consenso, soprattutto elettorale. Nelle varie agende l’ambiente ha sempre latitato perché non si è riuscito a “ibridare” ai partiti, diffondendo questa cultura e imponendo loro i temi cari a tutti noi, dall’attività agricola e industriale, alla sicurezza sul lavoro, dalla salute al turismo. Ed è per questo che tutela del territorio, inquinamento delle città e persino le energie alternative sono finora passate in secondo piano. 

Certo le varie crisi susseguitesi nei decenni, da quella petrolifera-austerity a quella finanziaria Lehman alla attualissima Covid-19, hanno ingurgitato tutto, mettendo avanti le ragioni dello sviluppo e della produzione. Al contrario la difesa dell’ambiente e della bellezza di un Paese dovrebbero diventare temi di attualità politica ed il partito ecologista che se ne facesse promotore dovrebbe ottenere (anche in Italia) un dovuto consenso elettorale in doppia cifra e governare —come d’altronde succede in Germania e Francia —accanto alle altre forze di governo.

Nuove visioni

A metà tra crisi economica e diversa consapevolezza civile, dal passato sembrano affacciarsi nuove politiche e nuove visioni. Qualche buona notizia c’è perché l’ambiente ne tragga beneficio. Per esempio? Quella sulla prima volta che le vetture meno inquinanti sono state più diffuse di quelle non ecologiche, così come l’inversione di tendenza riguardante le superfici di verde urbano che crescono nei capoluoghi di provincia a scapito della cementificazione. 

In altre parole: quante delle nostre abitudini che sembravano irrinunciabili possono invece essere abbandonate? Ad iniziare dai peccati originali della nostra civiltà di cittadini del terzo millennio, che ci vedono primattori della cultura dello spreco e della logica di consumo del cibo “global” trasportato da una parte all’altra del pianeta, oppure sull’uso maniacale delle auto private (il cui uso dovrà abbassarsi se le amministrazioni locali investiranno nel settore dei trasporti pubblici), al pari della lotta all’inquinamento nelle città grazie alla quale ci si ammalerà di meno, a vantaggio dello Stato che spenderà meno in sanità pubblica. Questi sarebbero tutti investimenti importanti per il futuro, se governati con consapevolezza. 

Si tratta di denunce senza sconti, certamente, ma aperte alla speranza di ragazzi e ragazze che vorranno prendersi (anche) la responsabilità delle attuali devastazioni all’ambiente, scegliendo tra salvezza e distruzione, rinascita e apocalisse ma soprattutto per diventare rigeneratori della natura che verrà.

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