Una gigantesca operazione di greenwashing si sta svolgendo silenziosamente in tutta Europa, colpendo migliaia di investitori che sono convinti di sostenere iniziative rispettose del clima. Questi risparmiatori hanno acquistato obbligazioni “etichettate verdi” emesse dall'Eni, la prima azienda in Italia e la tredicesima al mondo nel settore dei combustibili fossili. Il problema è che è possibile che queste obbligazioni vadano a finanziare attività ad alta emissione di carbonio, minando proprio la transizione energetica e gli obiettivi climatici che l'Eni sostiene di promuovere.
L'amministratore delegato dell'Eni, Claudio Descalzi, ha convinto migliaia di investitori in tutta Europa a sostenere una strategia di sostenibilità che si può riassumere in: Prima datemi i vostri soldi destinati a mitigare il cambiamento climatico, poi deciderò io quanta parte di essi andrà ad aggravarlo.

“La transizione energetica è irreversibile”, ha affermato Descalzi a un talk show su RaiTre lo scorso giugno, prima di aggiungere: “Ma i soldi devono metterli i capitali privati e se dai degli obiettivi devi dare la possibilità a ogni attività industriale di ottimizzare gli strumenti finalizzati a raggiungere tali obiettivi, e di farlo in modo libero”.
Resta il fatto che gli investitori privati e istituzionali hanno firmato le “cambiali in bianco per il clima” dell’Eni, mentre Descalzi intasca 1,6 milioni di euro l’anno, ed è rimasto al timone della società controllata dallo stato per ben quattro diversi governi italiani.
Le obbligazioni controverse
Il tipo di prodotto finanziario emesso dall’Eni si chiama “Sustainability-Linked Bond” (obbligazioni legate alla sostenibilità, SLB). L'Eni ha promosso questo tipo di prodotti finanziari “etichettati verdi” in diversi paesi europei. Il suo piano è stato sostenuto dal ministero dell’economia e delle finanze italiano, che possiede oltre il 30 per cento delle azioni della società, e da una coalizione di banche che hanno commercializzato le obbligazioni minimizzando gli avvertimenti degli esperti sul loro reale impatto ambientale.
Questi prodotti sono stati concepiti per attirare gli investitori attenti all'ambiente. Ma cresce il timore che il denaro raccolto da queste obbligazioni possa finire per finanziare le attività legate ai combustibili fossili piuttosto che favorire l'ambiente. Non c’è infatti nulla che possa impedire all’Eni di farlo, e la società si è impegnata ad aumentare la produzione di petrolio e di gas naturale nei prossimi anni.
Nel gennaio 2023 Eni ha emesso una delle sue obbligazioni SLB più controverse, rivolta a investitori retail attenti al clima in Italia. Il valore iniziale dell'obbligazione era di 1 miliardo di euro, ma è stato così apprezzato che è rapidamente raddoppiato a 2 miliardi di euro.
Il successo di questa emissione è stato rafforzato dall’atteggiamento per lo meno entusiasta della stampa mainstream italiana, che ha riportato le dichiarazioni dell'Eni senza mettere in discussione i suoi scarsi impegni di riduzione delle emissioni di anidride carbonica.
In realtà, è poco probabile che gli investitori in queste obbligazioni contribuiscano in modo significativo alla riduzione delle emissioni di gas serra responsabili del riscaldamento globale. È anzi probabile che l'Eni usi il denaro raccolto con queste obbligazioni per finanziare le sue attività principali, lasciando inalterate la maggior parte delle sue emissioni.
Questo imbroglio, che coinvolge poteri pubblici, industriali e finanziari, è stato recentemente smascherato anche in un rapporto pubblicato lo scorso luglio dall'Anthropocene Fixed Income Institute (AFII), un’ong con sede nel Regno Unito che aiuta gli investitori a indirizzare i capitali verso investimenti sostenibili e di impatto.
Questa situazione sottolinea la necessità di una maggiore chiarezza e onestà nel modo in cui i prodotti finanziari vengono commercializzati al pubblico. Un primo passo in questa direzione è atteso con l'entrata in vigore del nuovo regolamento dell'Unione Europea sui green bond, il 21 dicembre di quest'anno (1).
I grandi inquinatori si affidano all'autoregolamentazione
Negli ultimi anni i Sustainability-Linked Bond sono diventati popolari tra le aziende come strumento per procurarsi denaro fresco a sostegno dei loro sforzi per combattere il riscaldamento globale.
Ma, come dimostra la nostra inchiesta, queste obbligazioni non sono così "verdi" come sembrano. Come le obbligazioni verdi tradizionali, gli SLB si basano su standard volontari. La differenza principale è che mentre i primi richiedono che l'emittente utilizzi il denaro per progetti ambientali specifici, gli SLB si limitano a richiedere alle aziende di raggiungere determinati obiettivi di sostenibilità, noti come Key Performance Indicators (indicatori chiave di rendimento, KPI). Questo significa che il denaro raccolto attraverso gli SLB può essere utilizzato per qualsiasi scopo, comprese le attività che potrebbero danneggiare l'ambiente, purché l'azienda raggiunga i suoi KPI.
Gli SLB dell'Eni sono legati a due KPI chiave elencati nel prospetto di emissione: l'aumento della produzione di energia rinnovabile di 5 gigawatt (GW) e la riduzione delle emissioni di gas serra derivanti dalle sue attività del 65 per cento rispetto ai livelli del 2018.
Le obbligazioni classificate come ESG (che promuovono benefici ambientali, sociali e di governance) comprendono non solo le SLB, ma anche le obbligazioni più giustamente denominate “verdi” e “di sostenibilità” (oltre che “sociali”). Il mercato delle obbligazioni ESG opera secondo linee guida volontarie stabilite dall'International Capital Market Association (ICMA), un'associazione di categoria che comprende le società che emettono le obbligazioni, le agenzie che le certificano e le banche che le immettono sul mercato per gli investitori (2). Questo significa che gli stessi attori che traggono vantaggio da queste obbligazioni stabiliscono anche le regole e ne garantiscono la conformità, creando così un conflitto di interessi.
Il mercato dei bond ESG non è regolato da alcuna autorità pubblica, e quindi ci sono poche garanzie ufficiali che questi bond contribuiscano effettivamente alla sostenibilità ambientale. In Italia, ad esempio, la Consob, l'autorità nazionale di regolamentazione dei mercati finanziari, ha semplicemente approvato gli SLB dell'Eni sulla base delle regole generali per i prodotti finanziari, senza esaminarne i meriti ambientali.
Non c'è quindi da stupirsi che le SLB siano lo strumento di finanziamento del debito preferito dalle società fossile tra tutte le società che si qualificano ESG. I dati del London Stock Exchange Group, utilizzati per la nostra analisi, mostrano che tra il 2021 e il 2023 alcune multinazionali del petrolio e del gas hanno raccolto circa 9 miliardi di euro attraverso gli SLB. Gli emittenti del settore dei combustibili fossili sono Repsol (Spagna), Gasunie (Paesi Bassi), Odfjell (Norvegia), Orlen (Polonia), SFL Corporation (Bermuda), Eni e Snam (Italia).
Le obbligazioni di Eni che investono in emissioni di carbonio rinverdite dalla malainformazione
ENI ha raccolto 4,75 miliardi di euro attraverso quattro diverse emissioni di SLB tra giugno 2021 e settembre 2023, diventando così il più grande emittente di obbligazioni legate alla sostenibilità nel settore dei combustibili fossili. Queste obbligazioni sono state commercializzate principalmente in Italia, Francia, Germania, Regno Unito e Svizzera, tra giugno 2021 e settembre 2023, con l'aiuto di importanti banche (3).
Intesa Sanpaolo (azionista di Eni sia direttamente che indirettamente attraverso i fondi verdi commercializzati dal suo braccio di asset management Eurizon) e UniCredit hanno coordinato il consorzio di banche che ha commercializzato i 2 miliardi di euro di SLB riservati agli investitori retail italiani nel gennaio 2023. Il gruppo comprende anche Banca Akros, BNP Paribas, BPER Banca e Crédit Agricole CIB (queste ultime due hanno annunciato a maggio 2024 che si ritirano dal mercato delle obbligazioni collegate a combustibili fossili).
In Italia, 310.000 investitori retail hanno acquistato 600 milioni di euro di obbligazioni nell'emissione di gennaio 2023, attratti dall'elevato tasso fisso del 4,3%, più interessante rispetto ai rendimenti delle obbligazioni tradizionali.
Descalzi ha continuato a lodare il successo delle obbligazioni “rinverdite”: "Tantissimi italiani hanno creduto in quello che stiamo facendo, sia in termini di progressiva evoluzione verso processi industriali e prodotti decarbonizzati, sia di garanzia della sicurezza energetica”, ha commentato l' AD di Eni in occasione del lancio del bond italiano, ammesso alle negoziazioni alla Borsa di Milano nel febbraio dello stesso anno.
Il consiglio di amministrazione dell'Eni ha deciso di emettere gli SLB senza la preventiva approvazione degli azionisti della società, come ha confermato a Voxeurop il ministero dell’economia e delle finanze italiano. Il ministero siede anche nel consiglio di amministrazione ed è quindi corresponsabile delle sue decisioni, ma si è rifiutato di spiegare se e perché i suoi rappresentanti abbiano formalmente votato a favore dell'emissione.
I mezzi d’informazione italiani hanno svolto un ruolo importante nel “rinverdire” le SLB dell'Eni, dandogli una copertura favorevole. Importanti quotidiani come La Repubblica e La Stampa hanno descritto le obbligazioni come "sostenibili" e "verdi" – due categorie di obbligazioni che devono rispondere a criteri molto più stringenti delle SLB.
Come spiegato, a differenza delle obbligazioni “verdi” e “sostenibili”, gli SLB non hanno l'obbligo di utilizzare i proventi per specifici progetti ambientali al 100%, consentendo a Eni di utilizzare il denaro per scopi generali, compresa la produzione di combustibili fossili (4). Unicredit ha chiarito a Voxeurop che l'emissione di Eni “non è stata concepita come un ‘green bond’”.
Josephine Richardson, AD e Head of Research di AFII, ha detto a Voxeurop che in sostanza, in quanto emittente di SLB, l'Eni gode di una grande flessibilità e può usare il denaro degli investitori per la propria produzione di combustibili fossili, purché rispetti i due obiettivi di sostenibilità o KPI che si è impegnata a raggiungere nel suo prospetto informativo. “In teoria potrebbero essere coperti sia il rifinanziamento del debito originariamente utilizzato per l'esplorazione petrolifera sia le spese strettamente legate alla produzione di petrolio”, ha spiegato.
La riduzione dei gas serra grazie ai green bond dell'Eni sarà minima
Approfittando dello scarso rigore dei requisiti degli SLB, l’Eni ha fissato in modo arbitrario obiettivi climatici modesti. Anzitutto, si è impegnata a ridurre una percentuale trascurabile delle sue emissioni totali di gas serra. Poi, invece di ridurre sostanzialmente le emissioni, la major italiana ha deciso di compensarle in gran parte con riduzioni ottenute altrove, acquistando crediti di carbonio generati da progetti di terzi (riforestazione o energia rinnovabile). Quest'ultimo è un modo per i grandi emettitori di ridurre la loro impronta di carbonio a buon mercato.
Questi vizi – ignorati dal governo italiano – sono stati evidenziati da organizzazioni indipendenti dalle banche e dai mezzi di informazione. La prima critica è arrivata da Moody's, una delle principali agenzie di rating al mondo, che ha certificato il “Sustainability-Linked Financing Framework” dell'Eni (un quadro di finanziamento non vincolante, a differenza del prospetto informativo, che riporta gli impegni effettivi dell'azienda) (5).
Nella sua valutazione (tecnicamente chiamata "second party opinion" o SPO) del quadro di finanziamento dell'Eni, Moody's sostiene che le SLB della società italiana hanno un "limitato contributo complessivo" alla sostenibilità. Questo perché l'Eni si è impegnata a investire il denaro preso in prestito dagli obbligazionisti per ridurre solo le sue emissioni dirette (produzione e raffinazione di petrolio e gas) e quelle associate al suo consumo di energia. Secondo Moody's, queste due categorie di emissioni (classificate rispettivamente come Scope 1 e 2) non rappresentano più del 3 per cento delle emissioni totali di Eni.
La riduzione delle emissioni indirette di Eni provenienti da fornitori a monte e clienti a valle (Scope 3) è esclusa dagli obiettivi SLB. Tuttavia, queste emissioni, in particolare quelle provenienti da aziende che acquistano e bruciano combustibili fossili per le loro attività (ad esempio, impianti industriali e compagnie aeree), rappresentano il maggior volume di gas serra attribuito ai fornitori di combustibili fossili come Eni.
“Includere anche le emissioni generate dai fornitori e dai clienti dell'azienda (il cosiddetto Scope 3) sarebbe stata l'occasione per un'obbligazione legata alla sostenibilità con un forte impatto”, ha dichiarato Richardson dell’AFII. “Spero che gli investitori si rendano conto che non si tratta di un'obbligazione legata alla sostenibilità con un forte impatto e che facciano scelte conseguenti”.
Un portavoce dell’Eni ha fornito una spiegazione che sembra contraddittoria, sostenendo che le quattro emissioni di obbligazioni legate alla sostenibilità “hanno scadenza [termine di rimborso] tra il 2027 e il 2030, anni in cui evidentemente non sarà possibile determinare il raggiungimento o meno dell’obiettivo Scope 3 (risultato che sarà noto solo nella prima parte del 2031). Non era quindi possibile inserire l’obiettivo Scope 3 nei bond emessi.”
Ma l'Eni non è nemmeno sicura di raggiungere le riduzioni Scope 1 e 2 promesse agli obbligazionisti. E, se non riuscirà a raggiungere questi obiettivi, dovrà concedere agli investitori un tasso d'interesse più alto, pari al 4,8%, a titolo di penale (cioè 25 punti percentuali in più rispetto a quanto solitamente previsto nel prospetto degli emittenti di SLB). Comunque, si tratta di una penalità minima rispetto al potenziale danno ambientale (6).
“Inoltre, stiamo ancora aspettando che venga definita una metodologia concordata pubblicamente sulle emissioni Scope 3”, ha continuato il portavoce di Eni. In realtà questa metodologia è già stata concordata a livello europeo e dovrebbe entrare in vigore nel 2025 (7).
Moody's afferma che l'approccio di Eni è “in contrasto con le raccomandazioni dell'Agenzia Internazionale per l'Energia (AIE) e del Gruppo Intergovernativo di Esperti sul Cambiamento Climatico (IPCC), che sottolineano la necessità di un'azione immediata per ridurre tutte le emissioni di gas serra (Scope 1, 2 e 3) al fine di raggiungere l'obiettivo di 1,5°C dell'Accordo di Parigi”.
Nonostante le critiche, Moody's ha comunque apposto il suo bollino verde sul quadro di riferimento della società, sancendo così la conformità agli standard ICMA. Prima di emettere lo SLB, l'Eni non ha chiesto a Moody's di valutare anche il prospetto informativo del prodotto, che formalizzava gli scarsi impegni della società. Moody's, che è stata pagata da Eni per la sua certificazione cosiddetta “indipendente” (gli emittenti pagano sempre i valutatori), ha rifiutato di commentare.
Le revisioni dei valutatori (o dei fornitori di pareri di seconda parte) “si basano il più delle volte sui documenti pre-emissione, come il quadro SLB, e non valutando le singole obbligazioni”, ha detto il portavoce dell'International Capital Market Association. “È una decisione che spetta chiaramente agli emittenti, ma non c'è nessuna norma che impedisca questa pratica”.
“È generalmente considerato non ideale che i fornitori di SPO valutino i quadri di riferimento per i finanziamenti piuttosto che le obbligazioni”, ha commentato per parte sua Richardson.
Intesa Sanpaolo ha insistito sul fatto che il quadro di Eni “è stato certificato come sostenibile da un auditor esterno” ed “è stato classificato come rispondente alle esigenze dei sottoscrittori che hanno indicato le loro preferenze per gli investimenti sostenibili” (8). Tuttavia, la mancanza di trasparenza da parte di Intesa Sanpaolo ed Eni solleva dubbi sulla capacità degli investitori di prendere una decisione informata al momento dell'acquisto dell'obbligazione (9). Va notato che Intesa Sanpaolo, Unicredit e tutti i sottoscrittori tranne BPER, insieme a Eni e Moody's, fanno parte della lista dei membri dell'ICMA, e lavorano fianco a fianco per la stessa “causa”.
Troppa flessibilità finisce per annacquare ancor di più gli sforzi dell’Eni per il clima
Come evidenziato nel recente rapporto AFII, che ha valutato 19 obbligazioni legate alla sostenibilità emesse da aziende di diversi settori, il bond di Eni è discutibile anche perché l'azienda intende neutralizzare il 40 per cento delle proprie emissioni dirette e quelle associate al suo consumo di energia attraverso le compensazioni (o crediti di carbonio). Compensare le emissioni anziché ridurle rallenta la transizione verso le energie rinnovabili e il processo di decarbonizzazione. Le compensazioni dell'Eni “sono state dichiarate pari a 5,9 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti per il 2023".
Nel suo studio, anche la Climate Bond Initiative (Cbi), la più grande piattaforma di certificazione al mondo per il finanziamento di progetti sostenibili, ha criticato lo SLB di Eni, affermando che l'azienda dovrebbe “fissare obiettivi di riduzione più ambiziosi, in linea con quelli ai quali tende l'industria e che non includano le compensazioni”. Il piano di Eni "dipende da compensazioni, progetti Ccs [per la cattura e lo stoccaggio della CO2] e dall'espansione del business del gas [...] che non porteranno alla radicale inversione di tendenza che è necessaria", hanno scritto i ricercatori del Cbi nel loro rapporto.
L'AFII attribuisce all'Eni una probabilità del 50 per cento di raggiungere i suoi obiettivi SLB e afferma che questa dipende dall’impiego, previsto dall’azienda, di compensazioni (“carbon offset” in inglese). Secondo il rapporto dell’AFII, “una semplice estrapolazione del recente andamento dello SLB di Eni suggerisce che l'obiettivo sarà mancato di poco [...], tuttavia [...] l'acquisto di offset aumenta significativamente la possibilità di raggiungere l'obiettivo”.
“L'Eni paga per acquistare altre compensazioni in modo da poter raggiungere i suoi obiettivi e non dover più pagare lo step up sulla cedola (cioè un tasso di interesse più alto per gli investitori)?”, ha detto Richardson. “Questo non è chiaramente l'uso migliore di un Sustainability Linked Bond”.
In definitiva, l'SLB di Eni non contribuisce efficacemente a mantenere l'azienda sulla strada che porta all'obiettivo della neutralità delle emissioni di carbonio nel 2050 (10).
L'analisi dell'AFII sugli SLB emessi da altre società energetiche fossili ha rivelato problemi simili a quelli evidenziati in relazione all’emissione dell'Eni (11).
“Alcuni emittenti di SLB hanno avuto troppa flessibilità nell'uso degli SLB prima di stabilire un piano di transizione credibile” ha dichiarato Matthew MacGeoch, Senior Research Analyst di CBI, a Voxeurop, riferendosi implicitamente all'Eni. “Le tendenze recenti mostrano tuttavia una convergenza verso l'uso di obiettivi credibili di decarbonizzazione dei gas serra (tutte le fonti materiali di emissione e nessun abuso di compensazioni)”.
Josephine Richardson condivide l’ottimismo di MacGeoch: “Siamo molto favorevoli a questo tipo di prodotti perché crediamo che abbiano potenzialmente un grande impatto", ha detto, "anche se non tutti quelli che sono stati lanciati finora hanno necessariamente avuto un impatto, né tutti hanno fissato standard elevati o obiettivi concreti".
Note
1) Il nuovo regolamento cita quanto segue: “Per poter utilizzare la denominazione di European green bond o EuGB, gli emittenti: devono investire i proventi di queste obbligazioni per intero, prima che l'obbligazione raggiunga la scadenza, in attività economiche sostenibili coperte dalla normativa dell'Unione Europea (UE) sulla tassonomia* (Regolamento (UE) 2020/852 - vedi sintesi). Queste includono le attività fisse, le spese in conto capitale e le spese operative, nonché le attività e le spese delle famiglie (noto come approccio graduale)”.
2) L'ICMA richiede che uno dei suoi revisori esterni approvati valuti l'obbligazione ESG prima dell'emissione per certificare che il prodotto soddisfa le sue linee guida (attraverso uno specifico modulo di valutazione).
3) Gli SLB di Eni: 7 giugno 2021, 23 gennaio 2023, 15 maggio 2023, 7 settembre 2023.
4) Il prospetto informativo (il documento di informazione al pubblico) che Eni ha fornito agli investitori conferma che: “Le Obbligazioni non sono commercializzate come obbligazioni c.d. green in quanto l’Emittente prevede di utilizzare i relativi proventi netti per scopi societari generali e non intende destinare i proventi netti a progetti o attività commerciali che soddisfino criteri ambientali o di sostenibilità, o che rientrino nell’ambito delle definizioni stabilite nel Regolamento (UE) 2020/852 e successivi atti delegati, né essere soggetto ad altre limitazioni connesse alle obbligazioni c.d. green. Inoltre, non vi può essere alcuna garanzia sulla misura in cui il Gruppo riuscirà a raggiungere gli Obiettivi di Sostenibilità o sul fatto che qualsiasi investimento futuro che effettuerà per perseguire tali obiettivi soddisferà le aspettative degli investitori o qualsiasi standard legale o regolamentare in materia di performance di sostenibilità" paragrafo B.3.1 del prospetto, pagina 13”. Lo stesso disclaimer è replicato nel prospetto delle altre SLB emesse da Eni sia in Italia che all'estero.
5) In generale, mentre il quadro di riferimento fissa gli obiettivi complessivi di sostenibilità dell'azienda, gli obiettivi specifici che l'emittente intende raggiungere come contropartita dei finanziamenti incassati dagli obbligazionisti sono delineati nel documento informativo (prospetto) fornito in occasione di ciascuna emissione. Pur fissando obiettivi ambiziosi di riduzione delle emissioni complessive della catena del valore nel lungo periodo, il quadro di Eni chiarisce che l'azienda utilizzerà i proventi delle SLB per ridurre, esclusivamente, le proprie emissioni Scope 1 e 2 nel breve periodo.
6) È proprio quello che è successo all'utility italiana Enel (anch'essa parzialmente di proprietà del governo italiano), la prima azienda a lanciare un SLB con un valore record di 15 miliardi di euro raccolti tra il 2019 e il 2023. Josephine Richardson, AD e responsabile della ricerca di AFII, ricorda che Enel non ha rispettato le sue promesse di sostenibilità nel 2023. Di conseguenza, dovrà pagare agli obbligazionisti un tasso di interesse leggermente più alto.
7) I criteri armonizzati dell'UE per la quantificazione e la divulgazione delle emissioni di carbonio e degli obiettivi di riduzione, nonché di altri obiettivi ambientali e sociali, entreranno in vigore nel 2025 con la nuova direttiva sulla divulgazione della sostenibilità delle imprese (CSRD). Le aziende dovranno adempiere agli obblighi della CSRD attraverso una serie di standard europei di rendicontazione della sostenibilità (ESRS). Lo standard relativo al cambiamento climatico fa riferimento a una metodologia ben definita per calcolare le emissioni Scope 3.
8) Risposta completa di Intesa Sanpaolo, in italiano: “Intesa Sanpaolo e Unicredit sono state Responsabili del Collocamento dell'emissione obbligazionaria Eni Sustainability-Linked 2023/2028 la cui offerta si è aperta il 16 gennaio 2023 e conclusa il 20 gennaio 2023, del quale hanno fatto parte anche Banca Akros, BNP Paribas, BPER Banca e Crédit Agricole CIB, in qualità di Collocatori e Garanti unitamente ai Responsabili del Collocamento. Come indicato nel prospetto, il bond basa la caratteristica di sostenibilità sulla capacità dell'emittente (ENI) di osservare determinati parametri ESG durante la vita dell'obbligazione stessa. Il Framework (Sustainability Linked Financing Framework) di Eni, a cui l'emissione oggetto della Vostra richiesta fa riferimento, è stato esternamente certificato come ‘SOSTENIBILE’ da Agenzie specializzate indipendenti dalla società medesima e dai Collocatori ('Second party opinion providers') e rispetta i requisiti previsti dai Sustainability-Linked Bond Principles dell' ICMA (International Capital Market Association). In virtù di quanto sopra è stata classificata come rispondente alle esigenze dei sottoscrittori che hanno segnalato le loro preferenze per investimenti sostenibili; l'emissione non è stata mai certificata, ne pensata o predisposta, come ‘GREEN BOND’”.
9) Nel suo annuncio, la banca italiana menzionava brevemente il quadro SLB e rimandava, per ulteriori informazioni, alla pagina web “Investitori” di Eni. Solo scorrendo la pagina si può trovare il comunicato stampa della società. Tuttavia, non spiega cosa intenda per emissioni Scope 1 e 2, non quantifica la riduzione prevista dei gas serra associata allo SLB e non fornisce né una sintesi né un link al prospetto informativo (che include la Second Party Opinion di Moody's). Questa mancanza di trasparenza e di informazioni pregiudica gli investitori al dettaglio, che non hanno conoscenze sufficienti per scoprire come viene effettivamente utilizzato il loro denaro e capire se il prodotto di Eni soddisfa le loro reali preferenze per gli investimenti sostenibili (o meno).
10) Contrariamente alle raccomandazioni dell'AIE e dell'IPCC, la performance climatica raggiunta da Eni attraverso i proventi degli SLB nel breve termine rappresenta solo una minima parte della riduzione dei gas serra (compresi gli Scope 1, 2 e 3) prevista dall'azienda per raggiungere il suo obiettivo di zero emissioni nel 2050. “I crediti di carbonio di alta qualità, [...] generati nel rispetto di rigorosi vincoli ambientali e sociali, rappresenteranno circa il 5% della riduzione complessiva delle emissioni degli Ambiti 1+2+3 entro il 2050”, ha dichiarato un portavoce dell'Eni, evitando però di commentare l'uso degli offset per raggiungere gli obiettivi specifici degli SLB. “La strategia di Eni, pertanto, non dipende dai carbon offset, ma vi ricorrerà laddove non sarà possibile abbattere le emissioni residuali, ossia quelle che non è ancora possibile ridurre per vincoli tecnologici e/o economici”.
(11) Leggi gli altri rapporti dell'Anthropocene Fixed Income Institute (AFII), un’ong con sede nel Regno Unito, su altre società, tra cui SLB: Orlen, SNAM e Repsol, tra le altre.
Stefano Valentino è borsista del Bertha Challenge Fellow 2024.
Questo articolo fa parte dell'indagine coordinata da Voxeurop con il supporto della borsa di studio Bertha Challenge. Alef Ferreira Lopez, assistente all'analisi dei dati, dottorando in Economia, Universidade Federal de Minas Gerais, ha contribuito all'analisi dei dati.
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