Tomasz Woloszyn Voxeurop

Vivere in Spagna e lavorare in un call center Portogallo, per uno stipendio più basso 

Ogni mattina dalla Spagna vanno in Portogallo per lavorare nei call center delle aziende spagnole: “Le imprese vengono qui perché gli stipendi sono più bassi e le tutele minori”, racconta un lavoratore. Un problema che tocca diversi paesi in Europa: le aziende delocalizzano il servizio clienti laddove costa meno caro.

Pubblicato il 7 Ottobre 2024

Accanto a un'officina che fa lavori di carrozzeria e verniciatura – “tutte le marche”, recita l'insegna – in una zona industriale sull'Avenida de Europa, alla periferia della città portoghese di Elvas, diversi lavoratori escono a fumare e prendere un caffè un venerdì di metà agosto. Si tratta di operatori telefonici di Marktel e Covision, due società di assistenza telefonica che operano in Spagna.

Da questo angolo del Portogallo, a soli 11 km da Badajoz, cittadina spagnola vicino alla frontiera, ogni giorno si risponde a migliaia di richieste telefoniche spagnole. Molti utenti non sanno che quando chiamano dalla Spagna le compagnie con cui hanno un contratto, in realtà stanno chiamando una terza azienda e il loro interlocutore potrebbe trovarsi in Portogallo.

In un bar accanto agli uffici, due donne in grembiule servono indifferentemente, in spagnolo e portoghese, gli operatori in pausa: “Com cartão, por favor”, “Con la carta, per favore”, scandiscono. All'ingresso ci sono una donna spagnola, una portoghese e un cubano, di 27 e 26 anni, che lavorano nell'azienda da “poco meno di due anni”, spiegano. “È stato il mio primo lavoro quando ho lasciato Cuba”, dice il ragazzo. Dicono di vivere a Badajoz e di lavorare in Portogallo. “Con il fuso orario spagnolo, che è un’ora avanti”, dice la ragazza spagnola. “E lo stipendio?”, chiediamo.“Lo stipendio è portoghese”, sorride, “molto più basso”.

“Il Portogallo è diventato il paradiso dei call center”, dice Jesús Díaz, un trentenne dell'Estremadura spagnola che lavora in Portogallo da otto anni. Nel suo caso, a Lisbona, “sempre come operatore telefonico”. Dice che conviene alle aziende “perché i salari sono bassi e le tutele poche”. 

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Elvas, Portogallo. | Foto: Lola García-Ajofrín

Il salario minimo in Portogallo è di 820 euro, dopo l'aumento del 1° gennaio. In Spagna è di 1050 euro. Più di 200 euro al mese che svaniscono negli 11 km che separano l'Estremadura da Elvas. “Inoltre, in Portogallo, a differenza che in Spagna, non esiste la professione di operatore telefonico e non esiste un contratto collettivo”, continua Díaz. 

Il giovane estremegno ha trovato il suo primo lavoro come operatore di call center “grazie al passaparola” nella sua città natale, Almendralejo. “Per me era più comodo andare a Lisbona che a Madrid”. Racconta che alcuni amici hanno iniziato ad andare in Portogallo grazie alle offerte viste su Infojobs. “Chiedevano di parlare spagnolo e poco altro; facevano un colloquio, a Badajoz oppure online, e ti mandavano lì”. In questi otto anni, Díaz ha partecipato a diverse campagne: il servizio clienti di Netflix, Vodafone Spagna... “C'è un po' di tutto”, dice. “C'è chi lavora per Microsoft, per Orange...”, elenca.

I titani del lucroso settore dei “contact center”, come la multinazionale francese Teleperformance, il gruppo spagnolo Konecta, la società spagnola Marktel e la francese Sitel, assumono lavoratori stranieri in Portogallo per effettuare chiamate verso i loro paesi parlando nella propria lingua madre. “Ci sono migliaia di lavoratori spagnoli qui in questo momento”, sottolinea Díaz, di Lisbona. 

Díaz lavora per Teleperformance, che ha 11 centri solo a Lisbona ed è diventata il terzo datore di lavoro privato in Portogallo, con una forza lavoro di 14.500 persone. “Ci sono reparti di tutti i paesi e ci hanno concentrati qui”, continua Díaz. Nella sezione “lavora con noi” del sito di Teleperformance in Portogallo, ci sono attualmente offerte di lavoro per ucraini, greci, turchi e italiani, tra gli altri. “Come fanno a non essere vuote le casse pensionistiche in Spagna, se stiamo versando i contributi in un paese straniero per lavorare per aziende spagnole?”, si chiede Díaz.

Vivono in Spagna, lavorano in Portogallo

Ogni mattina José Luis Durán, 40 anni, va da Badajoz dove vive, a Elvas, in Portogallo, dove lavora, al salario minimo portoghese. “Vivo temporaneamente con mia madre perché non posso permettermi un appartamento”, dice. Di solito fa il viaggio con una collega, per risparmiare sulla benzina. Ha una formazione in marketing ed è un tecnico dell’uguaglianza di genere. Non avendo trovato un lavoro nel suo campo, dopo una borsa di studio a Bruxelles, negli ultimi quattro mesi ha lavorato come operatore telefonico. “Alla fine si fa quello che capita”.

Per Durán è la quarta volta in un call center. In precedenza ha lavorato per Marktel, a Elvas, per Vodafone e Teleperformance, a Lisbona, per Netflix. Dice che lo stress ha avuto delle ripercussioni sulla sua vita privata. Telefonava fino a 60 persone al giorno e “a volte erano chiamate pesanti”. Quando tornava a casa non aveva voglia di parlare. Capisco che le persone chiamino arrabbiate perché aspettano un tecnico da due mesi, sai che non è un fatto personale, ma essere insultati, sentirti dire che sei inutile o peggio, finisce per influenzarti”.

José Luis Durán  | Photo: Lola García-Ajofrín.
José Luis Durán.  | Foto: Lola García-Ajofrín

Durán si lamenta del fatto che a Badajoz “ci sono solo posti di lavoro nei bar, nei centri commerciali o come impiegato statale”. L'Estremadura è la comunità che sta perdendo più popolazione in Spagna, con un calo di 14 persone al giorno nel 2024, secondo l'Ine (Instituto Nacional de Estadística). “Non c'è niente, la gente se ne va”, continua Durán. “Sono 30 anni che aspettiamo l’alta velocità per Madrid e ne aspetteremo altri 30 per l'autostrada da Badajoz a Cáceres”.

“Sotterfugi” per non alzare gli stipendi

Durán si dice orgoglioso del suo lavoro, “ma vogliamo che sia sufficiente per vivere”. Attualmente lavora alla Marktel per la campagna di assistenza tecnica e sanitaria internazionale di una grande compagnia di assicurazioni e sottolinea l'importanza del suo lavoro, come quando hanno assistito un gruppo di spagnoli alla ricerca di un ospedale in Madagascar. Da due mesi è anche delegato sindacale alla Marktel e per la prima volta è affiliato al sindacato portoghese dei lavoratori dei call center (STCC), nel quale ci sono diversi spagnoli che denunciano la loro situazione: “Una volta l’azienda ha chiesto di prendere un’aspettativa su base volontaria e dato che nessuno si è offerto, in quattro sono stati licenziati”, racconta Durán.

“Anche il sindacato ha saputo di molti casi di persone con ansia e sofferenze mentali”, concorda Jesús, anch'egli iscritto al sindacato. Ammette che le condizioni sono migliorate dalla sua prima volta come operatore telefonico in Portogallo, nel 2016, quando veniva pagato 560 euro. Nel 2018 c'è stato uno sciopero alla Konecta di Lisbona che “ha migliorato un po' la situazione”. I lavoratori dei call center di Teleperformance hanno scioperato di nuovo questo febbraio e sono in trattativa. “L'azienda è ricorsa a un sotterfugio per non applicare l'aumento di stipendio e passarlo sul costo della casa per la casa”, dice. Così, invece di ricevere il salario minimo, guadagnano 760 euro.

Ai salari bassi si aggiunge un costo della vita che sta diventando sempre più alto in Portogallo. Molti degli spagnoli che lavorano a Elvas vivono in Estremadura. A Lisbona, dove gli affitti  superano in media i 1.700 euro, più di Madrid e Berlino, alcune aziende aiutano a trovare un alloggio. 

Secondo uno studio della società di consulenza Mercer, Lisbona è la 38ª città più cara d'Europa per gli expats, in una classifica guidata da Londra, Copenaghen, Vienna e Parigi

Díaz racconta che quando lavorava alla Konecta, l'azienda lo aiutava a cercare casa. “Ci piazzavano in dei buchi e non coprivano le spese”. Oggi, in Teleperformance, le condizioni sono migliorate: l'azienda si occupa delle pratiche e una parte dello stipendio serve a coprire i costi dell’alloggio, come un bonus. “Si può finire in un ottimo appartamento, come quello in cui vivo ora, con quattro persone, ma c'è chi vive in dieci o dodici in appartamenti enormi con una sola cucina. 

“Mi basta per tirare avanti, ma ho 30 anni e l'idea di andare a vivere con una ragazza e avere dei figli, con uno stipendio di circa 700 euro, è impossibile”. 

Díaz cita il caso di famiglie spagnole “in cui sia il padre che la madre sono venuti in Portogallo per lavorare come operatori telefonici e vivono così”. Interrogato sui bassi salari, Pedro Gomes, amministratore delegato di Teleperformance, in un'intervista rilasciata al media portoghese Sapo, ha dichiarato che le loro retribuzioni sono “superiori alla media del paese”, con uno stipendio medio di 1.600 euro. “Come saranno gli stipendi più alti, per far saltare fuori questa media?”, scherza Díaz.

Dall’America Latina al Marocco passando per il Portogallo

“In sostanza non dobbiamo far altro che alzare il telefono, quindi è molto facile delocalizzare il servizio all'estero”, dice Díaz. “In passato, le persone chiamavano soprattutto dall'America Latina, mentre ora chiamano dal Portogallo”. La delocalizzazione continua. Ad esempio, “Netflix ha chiuso in Portogallo e l'hanno portata a Casablanca, che è più economica”, spiega.

Oltre al Portogallo, anche Bulgaria, Irlanda, Estonia e Cipro sono i regni del servizio clienti in Europa. La Bulgaria, con un salario minimo di 460 euro lordi, è il mercato del lavoro più economico dell’Ue. “Dietro la seducente storia della 'Silicon Valley dell’Europa sudorientale' si nasconde una realtà più complessa”, scriveva Hugo Dos Santos su Voxeurop, che spiega che in Bulgaria sono diverse centinaia le compagnie che ricorrono a questo tipo di soluzione. 

👉 L'articolo originale su El Confidencial
Questo reportage è realizzato nell'ambito del progetto Pulse

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