Attualità Salute mentale e giornalismo

L’intelligenza artificiale peggiora la crisi del giornalismo?

La salute mentale è un problema ancora relativamente poco discusso per chi lavora nel giornalismo, mestiere precario per i più. Oggi si inserisce l’ia in questo dibattito. Cosa cambia?

Pubblicato il 2 Aprile 2025

Instabilità a precarietà, stipendi bassi, “obbligo di connettersi” e divieto di perdere il ritmo: ecco cosa provoca maggiore sofferenza a giornaliste e giornalisti in Italia secondo l’inchiesta ad oggi più completa dedicata alla salute mentale del mestiere.  

Realizzata nel 2023 da IrpiMedia su un campione di 558 professionisti, questa fotografia non aveva ancora preso in considerazione l’entrata massiccia dell’intelligenza artificiale nel giornalismo. Tra i disturbi più comuni emergono  stress (87 per cento) e ansia (73 per cento), e un diffuso senso di inadeguatezza (68 per cento). Più del 40 per cento degli intervistati ha denunciato anche la sindrome da burnout, attacchi di rabbia immotivati e dipendenza da internet e dai social network. “Uno su tre parla esplicitamente di depressione”, racconta l’inchiesta. Chi sono le persone intervistate? “Il 46 per cento ha tra i 18 e i 35 anni, il 31 per cento è nella fascia 35-45 anni, il 14 per cento nella fascia 45-55, il 6 per cento nella fascia 55-65 e solo il 2 per cento ha più di 65 anni”, spiega IrpiMedia. Oltre la metà  (il 65 per cento) si definisce “freelance”. 

Alice Facchini, la giornalista autrice dell’inchiesta, racconta che l’idea le è venuta in seguito alla pubblicazione, da parte del giornale greco Solomon, di un toolkit sulla situazione in Grecia.  “Quello che mi sembrava più inesplorato”, spiega Facchini, è la quanto la questione della salute mentale ha anche “un impatto sulla qualità dell'informazione”.  

Dall’altra parte dell’Adriatico, Iliana Papangeli, giornalista a Solomon, spiega a Voxeurop che il loro toolkit è “nato dalle esperienze dirette con le sfide di salute mentale che i giornalisti devono affrontare. Lo abbiamo sviluppato durante la crisi del Covid-19, mentre affrontavamo anche le pressioni legate al lavoro di un media indipendente e anni in prima linea a occuparsi di migrazione e rifugiati, con la costante lotta per assicurarsi le risorse. Una cosa che spesso sembra una corsa senza fine”, racconta Papangeli. 

Solomon, così come Irpi Media, è un sito di informazione indipendente. Entrambi i giornali si occupano di inchieste e su temi che non sono semplici da trattare, umanamente e politicamente. 

“Volevamo che questo libro fosse scritto da giornalisti, per i giornalisti. Una discussione sulla salute mentale era già in corso nella nostra redazione e sapevamo che altri colleghi di diversi media e freelance stavano affrontando le stesse difficoltà. I freelance, in particolare, sono ancora più vulnerabili a causa delle condizioni di lavoro precarie e della mancanza di sostegno istituzionale. Ma abbiamo scoperto che anche i media e le organizzazioni più affermati spesso non dispongono degli strumenti, delle politiche e delle risorse necessarie per sostenere la salute mentale dei loro giornalisti”, spiega Papangeli.

Per Solomon, dice Papangeli, la salute mentale nel giornalismo è ben  più di una semplice questione individuale: “Si tratta di qualcosa di profondamente legato alle condizioni di lavoro, ai vincoli finanziari, agli attacchi alla libertà di stampa e all'urgente necessità di ripensare la cultura delle redazioni”.  

In Grecia non ci sono dati generali sulla situazione e questa mancanza, aggiunge, “ha reso ancora più urgente aprire questa discussione”.

Intelligenza artificiale e salute mentale

Una cosa che né Solomon né Irpi Media hanno considerato, è la “new entry” del mestiere: l’intelligenza artificiale. Non esplicitamente, per lo meno, anche perché questa tecnologia ha cominciato a prendere spazio tra giornalisti e redazioni soprattutto a partire dal lancio ChatGPT, nel novembre del 2022. 

Oggi l’ia contribuisce alle preoccupazioni dei giornalisti, per esempio aumentando la precarietà o le pressioni? Al momento in Grecia non sta accadendo, secondo la giornalista greca Aristea Protonotariou: “In base alla nostra esperienza a Solomon, gli strumenti di ia ci sono stati utili finora, soprattutto per le attività amministrative e operative" spiega. 

Abbiamo chiesto a quattro giornalisti, tre europei (Francia, Spagna e Repubblica Ceca) e uno filippino, la loro esperienza. Le nostre interviste suggeriscono che l'ia spesso rende il lavoro dei giornalisti più semplice e accessibile, ma il livello di confidenza con l'uso di questo strumento è variabile.  Con molti se e molti ma, l'intelligenza artificiale è parte integrante e attiva del mondo del giornalismo.

Come viene percepita e utilizzata l’ia?

L’idea è quella che l’ia funzioni un po’ un “collega junior”, una sorta di “assistente che ci dà poteri che prima non avevamo e ci permette di fare molte più cose", dice la giornalista francese Caroline Harrap

I principali utilizzi emersi nelle interviste condotte riguardano il recupero e la trascrizione delle informazioni, l'interazione con reportage molto lunghi e l'identificazione di spunti per interviste. Può anche aiutare a migliorare la forma e la scorrevolezza di testi scritti in una lingua diversa dalla propria lingua madre, ma "mai per scrivere da zero: è una questione etica", dice Harrap. 

Harrap lavora come freelance con la stampa internazionale e britannica, occupandosi soprattutto di viaggi, cultura e sostenibilità, ma il suo "no" all’iaI per creare da zero trova eco in tutte le altre voci raccolte. Come Laurens Vreekamp, che ha fondato la Future Journalism Today Academy, o Irene Larraz, che coordina il laboratorio spagnolo di innovazione mediatica Newtral


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L'intelligenza artificiale "sta facilitando la mia vita lavorativa in termini di idee, ricerca di contatti e pubblicazioni", confessa Harrap, sottolineando però che l'ia è solo un aiuto: la scelta finale in queste decisioni spetta all’umano. 

Anche l'interpretazione è un compito chiave che l'ia rende più fattibile ed efficiente. Per chi, come Ronald Rodrigues, si occupa principalmente di diritti dei migranti (come freelance che come redattore di Radio Free Europe/Radio Liberty), l'agilità con cui l'ia consente di tradurre le lingue locali/regionali è inestimabile, non solo in termini di tempo ma anche di opportunità di ampliare le narrazioni. Se guardiamo al di fuori del contesto europeo, in luoghi dove i corsi di scrittura e di lingua sono meno accessibili, l'ia può fare la differenza tra la presenza o la mancanza di voci e prospettive diverse nel giornalismo. 

Nelle Filippine, George Buid, che non è ancora sicuro del suo inglese nonostante i suoi sforzi per seguire dei corsi, è in grado di pubblicare e mantenere gli standard editoriali con l'aiuto dell'ia.  "Prima mi ci voleva una settimana per scrivere un articolo, il mio redattore lo voleva in un'ora, ora posso farlo", dice il giornalista.

Pro e contro, persone al centro

Nonostante le opportunità offerte dall'ia, i giornalisti rimangono critici. Harrap sottolinea come l'uso dell'ia "accentui la sensazione di solitudine, incidendo molto anche sui lavori di copywriting che alcuni giornalisti fanno perché cercano di arrotondare, visto che sono pagati molto poco", dice. 

Trasversale è invece la preoccupazione per il diritto d'autore e l'uso dei contenuti per l'addestramento dell'intelligenza artificiale. Vreekamp ha persino lanciato l'idea di un "modello di abbonamento per pagare i giornalisti per l'uso dei contenuti che producono, per controllare i risultati della ricerca" perché "stiamo dando via i nostri contenuti gratuitamente, rischiando di diventare obsoleti". 

Larraz esprime anche il timore per l'aumento delle fake news, Buid di "narrazione appiattita" e Rodrigues di "assenza di prospettiva umana", sottolineando come gli algoritmi possano anche "rafforzare pregiudizi e stereotipi, soprattutto nei confronti delle comunità emarginate, per le quali mancano dati e informazioni". 

Queste affermazioni fanno eco a un’analisi dell’European Journalism Observatory che sostiene che è necessario "evacuare il fantasma del robot-giornalista".

Per il giornalismo, l'ia rimane un'arma a doppio taglio. Le redazioni, i singoli giornalisti e le associazioni giornalistiche devono rimboccarsi le maniche perché servono "risorse per gestire meglio questa tecnologia, più regole e più strumenti", dice Harrap. E di rassicurazioni sulla tutela dei posti di lavoro nel giornalismo. Tra i freelance la paura è forte e non va ignorata", spiega Harrap. A titolo di esempio: il quotidiano italiano Il Foglio, ha lanciato una versione completamente realizzata con l’ia. 

Un’analisi organizzazione americana Data & Society per esempio, analizza il potenziale di sfruttamento per i lavoratori, nell’uso dell’Ia. 

Stipendio e retribuzioni

Le retribuzioni restano una delle questioni che provocano maggiore angoscia. Nell’inchiesta di Irpi emerge che i “compensi troppo bassi sono considerati il fattore più impattante sul benessere psicologico della categoria”.  “Sei giornalisti su dieci guadagnano meno di 35mila euro lordi l’anno” in Italia, per esempio scrive La Via Libera (dati Ingp, Rapporto sulle dinamiche occupazionali nel settore giornalistico) e “quasi la metà dei giornalisti freelance - che spesso sono collaboratori precari o a partita iva - guadagnano meno di 5mila euro all’anno, e l’80 per cento non guadagna oltre 20mila euro”. 

Secondo Alessandra Costante, della Federazione Nazionale della Stampa Italiana (Fnsi): “Non solo il giornalismo in Italia è sempre più povero e più anziano, ma è anche più precario. La precarietà è il più grande bavaglio alla libertà e all'indipendenza dell'informazione e all'articolo 21 della Costituzione”.

La questione delle salute mentale nel giornalismo ha bisogno di essere più aperta e diffusa, dice Papangeli: “È necessario che avvenga un vero cambiamento all'interno delle organizzazioni mediatiche, attraverso politiche concrete, sistemi di supporto strutturati e un cambiamento fondamentale nella cultura della redazione. Il benessere mentale dovrebbe essere integrato nel modo in cui operano i media, non essere trattato come un ripensamento”. 

Se a livello europeo questa discussione esiste, “la salute mentale e il benessere sono diventati argomenti centrali nelle conferenze di giornalismo e una parte fondamentale dei seminari sulla sicurezza” per Solomon, aggiunge Aristea Protonotariou, la priorità “è quello di condividere questa mentalità con altri piccoli media e colleghi freelance, incoraggiandoli ad adottare pratiche simili e a dare priorità alla salute mentale nel loro lavoro”. 

🤝 Questo articolo è stato prodotto nel quadro dei Thematic Networks di PULSE (coordinati da n-ost e OBCT), un'iniziativa di giornalismo transfrontaliero collaborativo per promuovere una sfera pubblica europea più vivace.

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