Non si trova la giusta taglia per la divisa di lavoro obbligatoria, non si riceve il coupon all’ingresso delle fiere specializzate. Ma come è venuto in mente a questa “donna” di fare l’ingegnere Ict (tecnologie dell’informazione e della comunicazione)?
A volte pronunciata, a volte solo pensata, questa domanda è ricorrente, sia in Albania che in Italia. Seppur posizionati rispettivamente al quarto e al nono posto nella classifica dei paesi europei con una maggior percentuale di studenti Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics) donne, entrambi i paesi sono infatti accomunati da pesanti stigmi culturali che trasformano incoraggianti percorsi Stem in un binario morto. O in una strada sconnessa e poco gratificante, per lo meno dal punto di vista economico. Questa tendenza risulta particolarmente visibile proprio nel settore dell’ingegneria delle telecomunicazioni.
Poche donne studiano Ict, e per stipendi bassi
Sul totale degli iscritti a questo percorso di ingegneria, in Italia solo il 22,9 per cento è donna, e tra i laureati (laurea magistrale) il 13,7 per cento. I dati della Fondazione Nazionale degli Ingegneri mostrano come sia una delle meno scelte, soprattutto rispetto a ingegneria edile e biomedica. Le poche donne che conquistano questa laurea sono poi “condannate” a percorsi di carriera più complessi di quelli dei loro compagni maschi e a salari sistematicamente più bassi.
Dagli ultimi dati disponibili, il reddito medio annuo della categoria passa da 44.459 euro a 26.083 euro, a seconda del genere, con un gender pay gap (la differenza di salario in relazione al genere) di quasi del 48 per cento a svantaggio delle donne. Se poi vivono nell’Italia del Sud, queste ultime corrono anche un maggior rischio di restare senza lavoro: la probabilità aumenta di 15 punti percentuali rispetto al Nord.
Con meno differenze geografiche, il panorama albanese si avvicina a quello italiano mostrando un settore Ict dominato dagli studenti maschi (58,5 per cento), assieme a quello dei servizi (68,8 per cento) e dell’Ingegneria più inerente a produzione e costruzione (62,5 per cento).
Dal punto di vista retributivo, nell’Ict si replicano in scala minore le dinamiche che colpiscono un mercato nazionale del lavoro albanese in cui il divario tra i professionisti altamente istruiti di diverso sesso è del 17,7 per cento. Il dato è generale ma il grafico con dati Instat mostra che quello Ict è proprio uno di quelli in cui questa disuguaglianza emerge in modo indiscutibile.
Stereotipi simili, antichi ma attuali
Sia in Albania che in Italia si lanciano anche iniziative e appelli alle donne affinché intraprendano studi e carriera nell’Ict, alcuni sentiti e appassionati, ma senza esiti evidenti, per ora.
“Le principali sfide rimangono e derivano dagli stereotipi e dai pregiudizi di genere ancora molto radicati, sia interni che esterni”, afferma Orkidea Xhaferraj, fondatrice della Rete delle donne albanesi nel settore Stem. In Albania frasi come "Le scienze dure non sono per le donne" e "Gli uomini e i ragazzi sono naturalmente più bravi nelle scienze" sono, a suo avviso, “percezioni dalle origini antiche ma che continuano a condizionare il presente, bloccando l'accesso e il progresso delle donne nelle Stem e rallentando la loro carriera”.
Se in generale “le donne hanno livelli più bassi di fiducia in se stesse rispetto agli uomini”, secondo Xhaferraj nel mondo dell’ingegneria questa tendenza rischia di acutizzarsi per via della mancanza di modelli di ruolo femminili tra scienziati, inventori e innovatori.
Esplorando le ragioni delle disuguaglianze di genere nel mondo Ict italiano, Barbara De Micheli, esperta di pari opportunità della Fondazione G. Brodolini, osserva un problema simile: “Gli stereotipi su quali siano i campi femminili e maschili sono ancora molto forti e la carriera in startup e, in generale, nel mondo delle nuove tecnologie, è ancora raccontata in modo univoco e solo al maschile” spiega. Anche in Italia, “la matematica non è cosa per ragazze” e chi si specializza in una materia come Ingegneria informatica e delle telecomunicazioni, considerate “estremamente da maschi” non ha problemi a laurearsi, ma a trovare lavoro.
E, quando lo trova, secondo De Micheli “spesso deve imparare a gestirsi in un contesto organizzativo aziendale ancora ben lontano dall’essere equo. Non c'è stata alcuna evoluzione rispetto al passato e nei consigli di amministrazione ci sono ancora molti uomini”.
L’arte di insegnare
Salvina Pëllumbi insegna matematica in una scuola di Elbasan, città dell’Albania centrale a circa 50 km da Tirana, e se ha scelto questa materia è perché ha avuto come insegnanti di matematica “donne molto forti, in grado di fare tutto, sia la famiglia che la carriera” che le hanno mostrato come non fosse obbligatorio scegliere tra le due. Sa di essere stata fortunata, perché “in generale, le madri albanesi presentano spesso l'immagine di una donna dedita alla famiglia”.
Nel suo lavoro a scuola incontra “ragazze albanesi molto intelligenti e lavoratrici, che è necessario motivare mostrando loro il mercato del lavoro, le opportunità di impiego e le prospettive salariali in campi Stem”. Lei lo fa in prima persona come mentor del progetto Albanian Girls in ICT Academy, organizzato da Albanian Skills, e con sue singole iniziative, incorporando nelle sue lezioni laboratori virtuali coinvolgenti e che facciano riflettere criticamente sul mondo che li circonda.
Pëllumbi snocciola una serie di iniziative che la vedono coinvolta sul campo e di cui va fiera, ma sa anche che servono interventi sistemici come sessioni di consulenza alla carriera dedicate, più modelli femminili a cui ispirarsi e campagne di sensibilizzazione sui social media. E sa anche che il vero problema è dopo l'università, “quando il percorso professionale diventa più difficile perché, nella cultura albanese, ci si aspetta che le madri si occupino totalmente e da sole della casa e poi, solo se il tempo lo permette, possono proseguire gli studi o la ricerca scientifica”.
Incoraggiamento reciproco
In questa fase, le giovani donne albanesi che si affacciano al mondo del lavoro nel settore Ict possono contare su Network of Albanian Women in STEM (NAW-STEM). Orkidea Xhaferraj lo ha creato “per contribuire all'emancipazione economica e sociale delle donne aumentando la loro rappresentanza nel settore Stem, sia nell'industria che nel mondo accademico” spiega.
A proposito di confini, passando in Italia, c’è un’altra rete dedicata alle donne ingegnere e architette: Aidia . Esiste dal 1957 e oggi conta oltre 450 professioniste iscritte.
Giovanna Iannuzzi ne fa parte ed è un’imprenditrice del settore delle tecnologie chimico-farmaceutiche ormai affermata, ma ci è riuscita grazie alla famiglia, che l’ha aiutata a gestire la nascita di due gemelli, e a sé stessa che non si è mai fatta scoraggiare pur vedendosi spesso superare di grado da colleghi maschi in quanto maschi.
“È tuttora difficile ottenere posizioni di gestione progetti o di commesse importanti, come donne si viene percepite come un rischio – racconta – resta difficile raggiungere posizioni gratificanti e con una prospettiva di crescita: bisogna sempre tirar fuori le unghie e non sempre si ottiene ciò che si merita”. Neanche un posto in un panel: “Sono spesso l’unica donna negli eventi in cui mi invitano, ma so che non sono l’unica donna nel settore” conclude.
🤝 Questo articolo è stato realizzato nell'ambito dell'Iniziativa per il giornalismo collaborativo e investigativo (CIJI), un progetto cofinanziato dalla Commissione europea. È stato originariamente pubblicato da Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa. Vai alla pagina del progetto
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