Affermazione da verificare: Gestita dalla Borsa di Lussemburgo, la Luxembourg Green Exchange (Lgx) è la prima piattaforma e la leader al mondo “dedicata esclusivamente alla finanza sostenibile”. Tutti i titoli quotati su Lgx sono riconosciuti a livello globale come “ecologici al 100 per cento”.
Contesto: Il 34 per cento dei fondi verdi – che dovrebbero promuovere attività sostenibili ed etiche – domiciliati in Europa sono ospitati nel Lussemburgo, paese con una radicata presenza di banche e consulenti e un impianto regolatorio più flessibile rispetto ad altre piazze. Per facilitare lo scambio e il commercio degli investimenti in linea con i criteri della finanza verde il Granducato ha creato una piattaforma dedicata. Ma i fondi gestiti finanziano davvero solo società in linea con gli standard europei?
C’è un paese europeo che ha saputo ritagliarsi un ruolo privilegiato nel panorama della finanza verde. Secondo al mondo per numero di fondi di investimento qui domiciliati e primo in Europa, il Granducato di Lussemburgo detiene anche il primato nei fondi Esg (Environmental, Social, Governance) ospitati, destinati a progetti con impatto ambientale positivo.
Dal marzo 2021 è in vigore il Regolamento europeo sull’informativa di finanza sostenibile (Sfdr), che impone maggiore trasparenza sull’allocazione dei fondi verdi, e richiede l’allineamento alla tassonomia europea anche per gli emittenti extra-Ue. È un passo importante verso una maggiore coerenza del sistema, in un mercato in cui l’85 per cento dei fondi ambientali risulta domiciliato in Europa, sotto la supervisione dell’Esma, l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati.
Il Granducato ne detiene ben il 34 per cento, stando a dati del 2023, circa 748 miliardi di euro. Questa proporzione riflette il peso del paese nel settore finanziario; qui, è anche nata una piattaforma dedicata alla finanza verde, per facilitare lo scambio e il commercio degli investimenti in linea con la tassonomia Esg.
Le ragioni di questa preponderanza sono diverse: la presenza radicata di banche e consulenti, una certa praticità linguistica per gli operatori internazionali, e un impianto regolatorio percepito come più flessibile rispetto ad altri hub finanziari.
A partire da novembre 2024, la Cssf (la Commissione di sorveglianza del settore finanziario) richiede che i nomi dei nuovi fondi verdi rispecchino le linee guida Esma. Per i fondi già esistenti, la scadenza per adeguarsi era fissata al 21 maggio 2025.
Tuttavia, nel rapporto annuale 2024, la Cssf ha riconosciuto alcune criticità nel monitoraggio dei fondi Esg, che hanno portato a casi di non conformità.
I motivi citati riguardano una supervisione insufficiente da parte delle società di gestione verso i soggetti a cui avevano delegato la gestione del portafoglio, non accorgendosi del mancato rispetto delle normative sostenibili.
Il report evidenzia anche il caso di una società, non nominata, che pubblicamente promuoveva pratiche sostenibili in modo fuorviante, presentando un’immagine “green” non supportata da attività concrete. In tale contesto, i controlli risultavano privi di analisi formali, valutazioni dell’impatto ambientale e sociale, nonché di adeguati meccanismi di verifica dei fondi.
Pochi mesi dopo, la Cssf ha emesso la sua prima sanzione amministrativa per violazione del regolamento Sfdr, finalizzato a prevenire il greenwashing. Il 15 ottobre 2024, la società sanzionata è stata Aviva, multata per 56.500 euro proprio a causa di controlli interni e procedure amministrative inadeguati, oltre a una comunicazione poco trasparente nei confronti degli investitori.
Considerata la mole di fondi presenti in Lussemburgo, per un totale di circa 5.750 miliardi di euro, anche una minima variazione nei dati dichiarati può avere un impatto significativo sull’intero settore.
La Cssf conta su una quantità di impiegati stabile, a fronte di un numero sempre maggiore di fondi da monitorare. Nel corso dei prossimi anni, la commissione programma di integrare tecnologie di intelligenza artificiale nei propri processi, promettendo una maggiore efficacia nell’analisi dei dati.
Cosa attira gli asset manager in Lussemburgo?
Nonostante un rallentamento notevole nella crescita del settore Esg negli ultimi anni, il Lussemburgo rimane la meta prediletta per gli investimenti verdi nell’Unione europea.
Parte della ragione è da ricercarsi nella dimensione del polo finanziario lussemburghese, dove ci sono migliaia di dipendenti formati in materia di fondi di investimento e investimenti sostenibili. Lo stesso vale per i fornitori di servizi (come revisori dei conti, studi legali, banche depositarie), che hanno già ampia esperienza nella gestione dei fondi verdi.
Molte società di gestione del risparmio apprezzano la stabilità delle norme fiscali del Lussemburgo. Luc Caregari, giornalista lussemburghese contattato da IrpiMedia ha, però, anche menzionato l’approccio più rilassato alla regolamentazione e la vicinanza ai centri di decisione politica: essendo il paese piccolo, l’accesso ai policy maker è piuttosto facile e veloce. Caregari ha aggiunto che il settore dei fondi verdi è “simile a un’operazione di marketing gestita dal governo e dalle grandi banche e aziende”.
Un altro vantaggio, secondo il sito di una società di consulenza con sede a Dubai e che si rivolge ad asset manager internazionali e promuove gli investimenti in Lussemburgo, è la possibilità di scelta: “I gestori dei fondi possono scegliere il livello di supervisione richiesto, a seconda del tipo di clienti a cui il fondo si rivolge”.
L’accesso al mercato europeo e i vantaggi fiscali (spesso esenti da imposte fiscali) rendono il Lussemburgo una meta molto attraente per gli investitori.
Gli investimenti verdi in Lussemburgo
Come emerge dal database London Stock Exchange Data & Analytics, dal 2023 al 2025 gli investimenti totali in fondi green ammontano a quasi 102 miliardi di dollari. Di questa somma fanno parte sia i fondi che sono e quelli che non sono in contravvenzione con le linee guida Esma. Queste permettono di stabilire se un determinato fondo investe sui criteri Esg. Questi criteri non sono assoluti, né tanto meno sono sinonimo di sicurezza.
Il ventaglio di investimenti, però, si restringe notevolmente quando si parla di fondi che rispettano le linee guida Esma. Infatti, dei quasi 102 miliardi, soltanto il 10 per cento – equivalente a 10,224 miliardi di dollari – viene contrassegnato “non in contravvenzione” con le linee guida Esma.
Il dato si fa interessante quando si analizzano nel dettaglio questi fondi. Nel periodo compreso tra il 2023 e il primo trimestre del 2025 circa il 47 per cento degli asset sono domiciliati in Lussemburgo, raggiungendo volumi pari a 47 miliardi di dollari. Anche in questo caso la percentuale di fondi che rispettano le linee guida Esma si aggira al 10 per cento, equivalente a circa 4,3 miliardi di dollari. La proporzione tra il totale dei fondi e quelli domiciliati in Lussemburgo non cambia aggirandosi sempre attorno al 45 per cento.
I due maggiori Asset Manager domiciliati in Lussemburgo sono JP Morgan, che possiede un portafoglio di quasi 8,3 miliardi di dollari, e Amundi, con 4,4 miliardi di dollari. Gli investimenti di JP Morgan, però, non rispecchiano le linee guida Esma. Considerando soltanto gli investimenti conformi alle linee guida Esma, i maggiori asset manager sono Amundi e BlackRock. Amundi ha un portafoglio di 1,45 miliardi di dollari in Lussemburgo, il 33 per cento del totale. BlackRock, invece, ha un portafoglio di quasi mezzo miliardo. Nonostante questi bond rispecchiano le linee guida Esma, le aziende in questione non sono una garanzia di green. Ne abbiamo già scritto, evidenziando quanto le aziende che promuovono investimenti sostenibili come Amundi, JP Morgan ed Eurizon in realtà investano nel fossile.
Fondi e obbligazioni
Inaugurato nel 2016, il Luxembourg Green Exchange (Lgx) è la “prima piattaforma e la leader al mondo dedicata esclusivamente alla finanza sostenibile”. Lanciata e gestita dalla Borsa del Lussemburgo, “tutti i titoli quotati su Lgx sono riconosciuti a livello globale come ecologici al 100 per cento”, dichiarava Robert Scharfe, amministratore delegato della Borsa del Lussemburgo al tempo.
Lgx nasce ed è principalmente conosciuta in quanto piattaforma dedicata ai green bond, ovvero obbligazioni i cui proventi vengono utilizzati per finanziare progetti ambientali. Si è aperta poi a una serie di altri strumenti con obiettivi verdi e/o sociali (social bonds e sustainability bonds) e ai sustainability-linked bonds, strumenti legati non a uno specifico progetto ma al raggiungimento di un obiettivo futuro.
A oggi, è possibile quotare anche fondi d’investimento su Lgx, a patto che questi siano già presenti in uno dei tre mercati della Borsa del Lussemburgo: il mercato Bourse de Luxembourg, regolamentato dall’Unione europea, l’Euro Mtf, un sistema alternativo regolamentato dalla borsa lussemburghese stessa, oppure il fondo può essere registrato nella la Securities Official List della Borsa di Lussemburgo, dove gli emittenti possono quotare i propri titoli senza ammissione alla negoziazione.
Per essere considerati idonei alla quotazione su Lgx, gli strumenti finanziari sono sottoposti anche a degli standard di sostenibilità; il processo di controllo della qualità degli asset è diverso per bond e fondi di investimento.
Per quanto riguarda le obbligazioni, è l’emittente a scegliere a quali standard di sostenibilità aderire tra quelli elencati.
I bond devono poi essere verificati da un revisore esterno prima della quotazione e ricevere una “seconda opinione”, quindi devono essere ricontrollati annualmente. Le seconde opinioni possono essere emesse da agenzie come Morningstar Sustainalytics, Institutional Shareholder Services, Moody’s, S&P. Le differenze nelle metodologie utilizzate dalle agenzie hanno attirato critiche sulla standardizzazione delle informazioni per gli investitori. E implica anche che gli emittenti possano essenzialmente scegliere la metodologia che preferiscono.
I fondi di investimento invece sono automaticamente idonei alla quotazione se conformi all’Sfdr. È l’asset manager che si incarica di categorizzare il fondo come articolo 8 o articolo 9 ai sensi dell’Sfdr: “I fondi visualizzati su Lgx devono essere pienamente conformi agli obblighi di rendicontazione a livello di prodotto previsti dal regolamento Sfdr o da normative equivalenti, al fine di garantire la trasparenza e l’impegno costante nei confronti della sostenibilità. Ci riserviamo il diritto di ritirare dalla nostra piattaforma qualsiasi titolo che non rispetti i requisiti Sfdr”, si legge sul sito di Lgx.
Come trattato in precedenza da IrpiMedia, l’Sfdr impone obblighi di trasparenza alle società di gestione del risparmio, ma non è un sistema di classificazione. Ciò significa che gli asset manager hanno ampio spazio nella scelta dei propri parametri, specialmente per quanto riguarda i fondi articolo 8.
Su Lgx sono presenti 1.434 fondi, tra articolo 8 e articolo 9. Un controllo incrociato di questi fondi e quelli presenti in un database del provider London Stock Exchange Group Data and Analytics (che presenta la lista di fondi “verdi” che però continuano a mantenere investimenti nel fossile) non ha mostrato corrispondenze.
Ciononostante, molti dei fondi verdi presenti su Lgx sono gestiti da asset manager presenti nel dataset del London Stock Exchange Group Data (alcuni di cui abbiamo già discusso) come Amundi, BlackRock, Bnp Paribas, Candriam, Ubs, State Street, Robeco, Ossiam, Nordea, JPMorgan, HSBCGoldman Sachs, Franklin Templeton. Questi asset manager sono presenti nel nostro database perché alcuni dei loro fondi verdi articolo 8 o 9 presentano investimenti in società fossili. Gli stessi asset manager si incaricano di classificare i propri fondi commercializzati su Lgx.
L’Unione europea aveva cercato di risolvere la poca uniformità nella certificazione dei prodotti finanziari come “verdi” introducendo la cosiddetta Tassonomia europea nel 2020, che puntava a definire in maniera standardizzata le attività economiche sostenibili.
Tuttavia, gran parte degli asset manager preferiscono dichiarare un allineamento pari a 0 per cento per i propri fondi per evitare problemi di rendicontazione o sanzioni dovute a margini interpretativi della normativa. In maniera analoga, in Lussemburgo la tassonomia è solo uno dei tanti standard che l’emittente può scegliere, vanificando lo scopo di cercare uniformità nella classificazione delle attività verdi.
In un altro tentativo di risolvere la questione, in Lussemburgo è stata creata Luxflag, un’agenzia di certificazione per fondi di investimento e prodotti assicurativi, che opera indipendentemente come ong.
Lgx e Luxflag dovrebbero essere indipendenti. Tuttavia, è da notare che la Borsa del Lussemburgo, che gestisce Lgx, sia uno dei principali sponsor di Luxflag e che l’amministratrice delegata Julie Becker in passato abbia fatto parte del consiglio di amministrazione di Luxflag proprio in quanto rappresentante della Borsa del Lussemburgo.
E nonostante Lgx si occupasse inizialmente solo di bond verdi, distinguendo in maniera netta il campo d’azione delle due aziende, al momento sia Lgx che Luxflag si occupano di fondi verdi.
Nonostante le caratteristiche che rendono il Lussemburgo una meta attraente per gli investimenti verdi, la coesistenza di alti volumi e standard poco uniformi solleva ancora diverse criticità e dubbi sul livello di trasparenza del settore. Per dare credibilità al sistema sarà necessario puntare su controlli più rigorosi e criteri di classificazione più chiari.
👉 Questo articolo su IrpiMedia
🤝 Questo articolo è pubblicato in collaborazione con Voxeurop; fa parte di un ciclo di inchieste sulla finanza verde e realizzato con il sostegno dello European Media and Information Fund (Emif). La responsabilità di qualsiasi contenuto sostenuto dal European Media and Information Fund è esclusivamente degli autori e non riflette necessariamente le posizioni dell’Emif e dei partner del Fondo, la Calouste Gulbekian Foundation e l’European University Institute.
Perché gli eco-investitori si ritrovano a finanziare le “Big Oil”? A quali stratagemmi ricorre la finanza per raggiungere questo obiettivo? Come possono proteggersi i cittadini? Quale ruolo può svolgere la stampa? Ne abbiamo discusso con i nostri esperti Stefano Valentino e Giorgio Michalopoulos, che per Voxeurop analizzano i retroscena della finanza verde.
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