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Asset russi congelati: il Belgio sceglie la prudenza e tradisce l’Ucraina

Il governo belga si oppone al piano di confisca dei miliardi russi congelati presso una banca di Bruxelles, proposto per aiutare l’Ucraina. È davvero una prova di oculatezza o un modo di privilegiare il profitto a scapito dei princîpi, che rischia di trasformare il cuore economico dell’Europa in un rifugio per gli aggressori?

Pubblicato il 20 Novembre 2025

Lo scorso settembre, all’ottantesima Assemblea generale delle Nazioni unite di New York, il nuovo primo ministro belga Bart De Wever ha bocciato il piano della Commissione europea di utilizzare i profitti degli asset russi congelati presso la banca belga Euroclear per sostenere l’Ucraina, affermando categorico che questo “non accadrà”. 

Davanti ai leader del mondo intero De Wever ha affermato: “Prendere i soldi di Putin e lasciare i rischi a noi? Questo non accadrà, sia chiaro”. Ha aggiunto poi che una risoluzione del genere potrebbe minare la fiducia nell’Eurozona se le riserve degli stati membri venissero considerate soggette al processo decisionale politico.

Meno di un mese dopo, al vertice dei capi di stato e di governo del 23 ottobre, a Bruxelles, De Wever ha battuto sullo stesso chiodo. Ha insistito sul fatto che il Belgio avesse bisogno di “garanzie concrete e solide” prima di appoggiare questo piano, definendolo “territorio inesplorato”. L’atteggiamento del suo governo è rimasto sulla difensiva: Euroclear, che detiene circa 200 miliardi di euro in asset della Banca centrale russa immobilizzati, non dev’essere esposta a cause legali o perdite finanziarie. Alcuni osservatori hanno provato a presentare queste dichiarazioni come un’attenuazione della sua posizione precedente, ma non lo erano. Al contrario, si trattava della stessa retorica irremovibile, probabilmente concepita per prendere tempo e sviare le critiche.

Da allora il Belgio ha dipinto la sua resistenza come una forma di gestione finanziaria oculata. Tuttavia, i critici europei, da Berlino a Vilnius, la vedono diversamente: un atto di ostruzione che antepone il benessere dei banchieri al dovere morale di far prendere a Mosca le sue responsabilità. Quel che De Wever descrive come la “protezione degli interessi belgi” appare sempre più come la protezione del reddito proveniente dagli interessi prodotti dai fondi russi congelati.

Dietro la narrativa della prudenza c’è qualcosa di molto più distruttivo: la volontà di difendere il profitto a scapito dei princîpi e delle vite umane, persino quando una brutale aggressione dilaga alle porte dell’Europa.


Se il sistema finanziario europeo protegge i miliardi macchiati di sangue dei finanziatori della guerra di Putin più di quanto non protegga i bambini ucraini, c’è qualcosa di profondamente marcio nel cuore di quest’ordine economico


L’Europa sta tenendo da parte denaro russo macchiato di sangue, eppure il Belgio elude la questione. Mentre l’Ucraina lotta per la sopravvivenza, il primo ministro belga pensa alla tutela dei banchieri. Bisogna essere chiari: i dittatori nascondono già le proprie fortune a Dubai, in paradisi fiscali e caveau d’oro. “Sostenere che sequestrare miliardi russi congelati farebbe improvvisamente crollare la fiducia internazionale nell’euro è una bugia. Questa non è prudenza, ma vigliaccheria mascherata da cautela”. E nel momento in cui persino la Germania, la più grande potenza economica europea invita ad agire per l’Ucraina, il veto belga sembra più complicità con la Russia che semplice esitazione.

Cos’è più rischioso di permettere alla Russia di finanziare la sua macchina da guerra, mentre l’Europa predica valori che poi si rifiuta di applicare, e mentre la stessa Russia conduce operazioni di guerra ibride sul suolo europeo, oltre che all’interno del proprio paese? 

Il Belgio ha persino visto agire presunte reti filo-Cremlino e campagne di influenza occulta sul suo territorio, un chiaro indizio che la guerra di cui tanto si dibatte è già giunta a due passi dall’Europa. Nonostante queste minacce stiano incombendo anche in casa loro, i leader belgi sembrano più preoccuparsi degli ipotetici rischi per l’eurozona che dei pericoli reali che già si presentano ai loro confini. 

Se il Belgio teme che altri paesi possano ritirare le proprie riserve dall’Eurozona, allora forse questi paesi hanno già in programma di seguire le orme russe. Coloro che intendono fare la guerra, calpestare le libertà fondamentali e sfidare il diritto internazionale non affidano certo il proprio patrimonio al Belgio come atto di buona volontà, ma lo nascondono attraverso reti occulte, élite corrotte e scappatoie finanziarie.

La retorica di De Wever porta inoltre con sé un’inequivocabile nota di arroganza. Presentando il proprio veto come l’unica scelta “responsabile”, dipinge gli altri leader, come il cancelliere tedesco Friedrich Merz, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, i governi baltici e quello polacco, come sognatori incoscienti, moralisti sentimentali che non sanno come funziona il mondo. Così facendo, banalizza il loro coraggio e si burla dell’idea che i princîpi contino ancora qualcosa all’interno della politica.

Il suo atteggiamento suggerisce che le questioni morali siano da ingenui, e che solo i banchieri siano in grado di comprendere la realtà. La storia però ricorda raramente i nomi di coloro che si nascondono dietro il pretesto della cautela: al contrario, restano i nomi di chi ha agito quando più era necessario.

Questo non è un dibattito sulla “fiducia nell’euro”, ma sul tipo di interessi che l’Europa sceglie di proteggere. Euroclear, che detiene la maggior parte degli asset congelati, trae profitto dalla tutela di un patrimonio macchiato di sangue. Il Belgio teme le responsabilità legali, ma l’Europa dovrebbe temere qualcosa di ancora più grande, ovvero il crollo della sua credibilità. Come può l’Ue dirsi solidale con l’Ucraina e al contempo bloccare la maniera più diretta di far pagare l’aggressore?

Ammettiamo di concedere a De Wever il beneficio del dubbio. Ammettiamo che abbia ragione al 100 per cento, e che usare gli asset russi congelati potrebbe rendere l’Eurozona un posto meno “sicuro” per stanziare fondi statali. Benissimo!

Il comfort dei banchieri

L’Europa non dovrebbe mai trasformarsi in un rifugio sicuro per criminali, oligarchi o regimi responsabili di genocidi. “Se il sistema finanziario europeo protegge i miliardi macchiati di sangue dei finanziatori della guerra di Putin più di quanto non protegga i bambini ucraini, c’è qualcosa di profondamente marcio nel cuore di quest’ordine economico”. L’Eurozona dovrebbe essere un santuario di stati di diritto, non di chi lucra sulla guerra nascondendosi dietro tecnicismi legali.

De Wever sostiene di proteggere la stabilità economica, ma in realtà sta proteggendo il comfort di banchieri e investitori che antepongono i profitti sicuri al coraggio morale. Il suo ragionamento è uno scudo di carta per chi ha sempre messo avanti la propria neutralità, scegliendo di non schierarsi mentre altri lottano contro la tirannia. Mascherando la codardia morale da prudenza finanziaria, il leader populista manda un segnale pericoloso: le banche europee sono sempre disponibili per fare affari, a prescindere da guerre e criminalità.

Nel frattempo il cancelliere tedesco Friedrich Merz, leader della più forte economia europea, ha osato sostenere il piano della Commissione, sostenendo che la resilienza ucraina dipende dalla mobilizzazione di risorse su larga scala. Non domani, ma oggi. Di fronte a queste affermazioni, le obiezioni del primo ministro belga sembrano scandalose, perché rievocano una vecchia piaga europea, in cui la codardia morale si travestiva da pragmatismo, e il comfort finanziario veniva posto al di sopra della giustizia.

Se l’Europa non può trovare il coraggio di trasformare i miliardi congelati di Putin in armi di libertà, non deluderà solo l’Ucraina, ma deluderà se stessa. La storia non perdonerà chi ha pensato alla tutela delle banche mentre una nazione libera veniva lasciata morire sotto gli occhi di tutti.

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