Nebbia di guerra/2

Pubblicato il 23 Marzo 2011

In un mondo multipolare non è più la potenza a determinare il rango, ma l'influenza e la capacità di stringere alleanze. In questo sottile gioco che si gioca su più scacchiere, la Francia ha messo a segno un colpo da maestro. [...] Eccola all'avanguardia di un grande affaire internazionale per mettere in condizione di non nuocere il tiranno libico.

Non è Le Figaro. Non è neanche l'opera di un addetto stampa dell'Eliseo particolarmente esaltato. È il commento uscito all'indomani dell'intervento su Libération, il giornale fondato dal Jean-Paul Sartre e altri cuccioli del maggio '68. Che due giorni dopo continua così:

Lasciare che Gheddafi massacrasse il suo popolo avrebbe mandato un messaggio sinistro ai dittatori della regione assicurando loro l'impunità, nel momento in cui i popoli arabi si battono per la libertà. L'intervento mette invece i regimi autoritari sotto pressione e li spinge ad accelerare le riforme.

Certo, dall'acquisto da parte del banchiere Rothschild molte cose sono cambiate all'ex giornale della gauche, ma tesi e toni sono gli stessi usati dai neocon statunitensi all'alba delle invasioni in Iraq e Afghanistan – ironia della guerra, a quei tempi la Francia e la sua stampa tutta denunciavano con sdegno l'imperialismo umanitario di Washington.

Il meglio del giornalismo europeo, ogni giovedì, nella tua casella di posta

Del resto si è detto e scritto in lungo e in largo del ritorno degli stati e delle logiche d'interesse nazionale, e la crisi libica suggella in modo inequivocabile l'adeguamento della stampa alla tendenza. Scoppia la polemica tra Berlusconi e Sarkozy sul controllo della missione, ed ecco che un estremista della moderazione come [Piero Ostellino](http:// http://www.corriere.it/editoriali/11_marzo_22/gli-interessi-nazionali-e-le-ipocrisie-piero-ostellino_0637e7cc-5450-11e0-a5ef-46c31ce287ee.shtml) sul già democristianissimo Corriere della Sera scopre la realpolitik e il cinismo dei grandi:

La Francia punta a sostituire l'Italia nei rapporti con la Libia (dal petrolio alle relazioni economiche e commerciali) del dopo-Gheddafi, precostituendosi relazioni privilegiate con la borghesia mercatista che subentrerà al Colonnello. [...] Siamo rimasti i soli a ritenere l'interesse nazionale un «mostro morale», e a non perseguirlo con sano realismo.

Al Manifesto intanto la guerra civile continua a infuriare. Dopo il discusso editoriale in cui Valentino Parlato avvertiva che potremmo trovarci a "rimpiangere Gheddafi", la direttrice Norma Rangeri ci tiene a precisare che "non rimpiangeremo Gheddafi". Ma poi:

Proprio noi, quelli dei 100 mila morti del colonialismo fascista, sorvoliamo i cieli della Libia con cacciabombardieri Tornado. Avremmo potuto (e dovuto), da ex potenza coloniale, seguire l'esempio della Germania e astenerci dall'intervento militare, invece sgomitiamo per essere in prima fila insieme a francesi, britannici e americani.

Come dire, nel dubbio la cosa migliore è lavarsene le mani. O anche buttarla in caciara:

Se è questa la difesa dei diritti umani, se la primavera del Maghreb e del Medio Oriente porta alla guerra, allora bisogna fare di più, regalando bombardamenti umanitari anche allo Yemen e al Bahrein, trasformando Odissey dawn nell'anteprima del nuovo ordine.

La confusione di Rangeri e Parlato è emblematica dello psicodramma di tanta sinistra pacifista italiana, che di fronte a questo groviglio edipico tra imperialismo e repressione non riesce a trovare un santo a cui votarsi, perché in questa brutta faccenda santi non ce ne sono. Meglio forse il lucido realismo con cui su L'Unità Luigi Manconi spiega il suo sostegno all'intervento:

Si può dire: preferisco che la strage si compia, con le sue conseguenze, piuttosto che arrendermi alla guerra e a ciò che la guerra porta con sé. Nell’un caso come nell’altro, non avremo salvato l’anima e saremo corresponsabili, anche solo per impotenza o ignavia, di nuovi morti. Ma una scelta va fatta. E io scelgo il male minore.

Questo articolo ti interessa?

È accessibile gratuitamente grazie al sostegno della nostra comunità di lettori e lettrici. Pubblicare e tradurre i nostri articoli costa. Per continuare a pubblicare notizie in modo indipendente abbiamo bisogno del tuo sostegno.

Mi abbono
Do il mio contributo

Live | Finanza verde: le promesse e il greenwashing. Le nostre inchieste

Perché gli eco-investitori si ritrovano a finanziare le “Big Oil”? A quali stratagemmi ricorre la finanza per raggiungere questo obiettivo? Come possono proteggersi i cittadini? Quale ruolo può svolgere la stampa? Ne abbiamo discusso con i nostri esperti Stefano Valentino e Giorgio Michalopoulos, che per Voxeurop analizzano i retroscena della finanza verde.

Vedi l'evento >

Sei un media, un'azienda o un'organizzazione? Dai un'occhiata ai nostri servizi di traduzione ed editoriale multilingue.

Sostieni un giornalismo che non si ferma ai confini

Approfitta delle offerte di abbonamento oppure dai un contributo libero per rafforzare la nostra indipendenza